**Diario personale**
La pioggia martellava sul tetto della piccola casa in campagna quando Giuseppina Rossi sentì un debole colpo alla porta. Posò il suo lavoro a maglia e tendì l’orecchio. Il rumore si ripeté, timido, quasi esitante.
«Chi è?» chiamò, avvicinandosi all’ingresso.
«Per favore, apra…» una voce femminile, flebile. «Mi sono persa…»
Giuseppina aprì la porta lasciando la catenella. Sulla soglia c’era una ragazza sui venticinque anni, fradicia. I capelli scuri le si appiccicavano al viso, il giacchetto leggero era zuppo. Nelle mani stringeva una piccola borsa.
«Santo cielo, sei tutta bagnata!» Giuseppina sfilò la catenella e spalancò la porta. «Entra, prima che ti ammali!»
«Grazie mille…» mormorò la ragazza, facendo scorrere gocce sul tappeto. «Mi chiamo Bianca. Stavo seguendo un sentiero, ma mi sono ritrovata nel bosco. Il telefono era scarico, non sapevo più dove fossi…»
«Ma sbrigati a toglierti quel giacchetto!» Giuseppina si affrettò ad aiutarla. «Sei tutta una pozzanghera! Com’è possibile che ti trovi qui sola, con questo tempo?»
Bianca abbassò gli occhi, imbarazzata.
«Ho litigato con… il mio ragazzo. Mi ha fatto scendere dalla macchina, ha detto che potevo tornare a piedi. Non pensavo fosse così lontano dal paese…»
«Che maleducato!» esclamò Giuseppina, indignata. «Lasciare una ragazza sola nel bosco! Vieni in cucina, ti preparo un tè. Tremini tutta.»
Bianca entrò nella cucina accogliente mentre Giuseppina accendeva il bollitore e le offriva un accappatoio.
«Mettiti questo intanto. Appendo i tuoi vestiti sul termosifone, domani saranno asciutti. Di dove sei?»
«Della provincia…» rispose evasiva Bianca, avvolgendosi nell’accappatoio. «Lavoro in città, in un ufficio.»
«Eh, i giovani d’oggi!» Giuseppina scosse la testa. «Ai miei tempi, gli uomini avevano un po’ di dignità, non avrebbero mai trattato così una donna. Ma ora… Siediti, ti preparo qualcosa da mangiare.»
Affaccendata ai fornelli, tirò fuori uova, burro e preparò una frittata. Tagliò del pane e servì delle conserve fatte in casa.
«Mangia, non farti pregare. Si vede che hai fame. Quando hai mangiato l’ultima volta?»
«Stamattina, un boccone…» confessò Bianca, divorando il cibo. «Siamo stati tutto il giorno in giro, litigando…»
«E di cosa avete discusso? Se posso chiedere, naturalmente.»
Bianca rimase in silenzio, masticando il pane imburrato.
«Lui voleva che… andassimo a vivere insieme. Ma io ho il mio lavoro, i miei piani. Non sono pronta. Lui si è arrabbiato, ha detto cose orribili…»
«Hai fatto bene a non precipitarti» approvò Giuseppina. «Io alla tua età mi sono buttata a capofitto, sposando il primo venuto. Credevo che l’amore avrebbe superato tutto. Invece no. Mi ha lasciata con un figlio piccolo, è scappato con un’altra.»
«Hai un figlio?» chiese Bianca, incuriosita.
«Avevo» rispose Giuseppina con un velo di tristezza. «Ormai è grande, ha la sua famiglia. Ma noi… non andiamo molto d’accordo. Ci vediamo raramente.»
Versò il tè nella sua tazza, mescolando lo zucchero con aria pensierosa.
«Tu vivi qui da sola?» chiese Bianca con delicatezza.
«Sola. Questa casa l’ha costruita il mio secondo marito, un brav’uomo. Peccato sia morto troppo presto. Ora vengo qui d’estate, ma non ogni anno. In città ho un appartamento, passo l’inverno lì.»
Bianca annuì, finendo la frittata. Fuori la pioggia si era calmata, ma ormai era quasi sera.
«Ascolta, piccola» disse Giuseppina. «Restaci stanotte. Domani mattina ti accompagno alla fermata dell’autobus. Con questo buio e questo tempo, non puoi certo andartene.»
«Sei sicura? Non voglio disturbare…»
«Ma figurati! Sono contenta della compagnia. C’è un divano comodo in salotto, lenzuola pulite. Fai come se fossi a casa tua.»
Passarono la serata a chiacchierare. Bianca raccontò del suo lavoro in un’azienda commerciale, delle difficoltà per trovare casa in affitto. Giuseppina le parlò della sua giovinezza, del senso di solitudine.
«Le mie amiche sono tutte sparse chissà dove, alcune sono morte, altre sono andate dai figli» sospirò. «Anche i vicini sono anziani, sempre malati. È noioso stare da soli…»
«Perché non vai d’accordo con tuo figlio?» domandò Bianca con cautela.
L’espressione di Giuseppina si offuscò.
«Sua moglie non mi sopporta. Dice che mi immischio nei loro affari. Ma io non ho il diritto di sapere come stanno i miei nipoti? Ora non mi invitano neanche per le feste…»
Il mattino dopo il tempo era migliorato. Giuseppina preparò a Bianca una colazione da viaggio e la accompagnò alla fermata.
«Grazie di tutto» disse Bianca con riconoscenza. «Mi hai salvata.»
«Ma figurati! Torna a trovarmi, se vuoi. Ecco l’indirizzo.»
Bianca lo segnò sul telefono e salutò dal finestrino dell’autobus.
Passarono alcune settimane. Giuseppina si era quasi dimenticata dell’incontro, quando sentì di nuovo quel bussare familiare.
«Bianca!» esclamò felice, aprendo la porta. «Come stai, piccola? Entra!»
«Posso restare un giorno o due?» chiese la ragazza timidamente. «In città stanno facendo lavori in casa, non posso stare lì. La padrona dell’appartamento mi ha detto di andare dai parenti, ma io non ne ho…»
«Certo che puoi! Resta pure, quanto vuoi. A me fa piacere.»
Bianca si sistemò nella stanzetta al piano di sopra. Aiutava nelle faccende, cucinava, puliva. Giuseppina era entusiasta di quella presenza.
«Meglio di una figlia» diceva alla vicina, zia Clara. «Cucina benissimo, sa fare tutto. Magari avessi una nuora così…»
I giorni trascorrevano tranquilli. Bianca partiva per il lavoro la mattina e tornava la sera. Cenavano insieme, guardavano la televisione, discutevano delle notizie.
«Sai, Bianchina» disse un giorno Giuseppina «ho intenzione di fare testamento. L’appartamento andrà a mio figlio, ma questa casa… Forse a te? Tanto non interessa a nessuno, e qui sei stata felice.»
Bianca si confuse.
«Ma no, Giuseppina! È troppo presto per queste cose. E poi non è giusto. Hai un figlio, dei nipoti…»
«Mio figlio c’è, ma è come uno straniero. Tu invece sei come una figlia per me.»
Il tempo passava. Bianca si era ambientata perfettamente, come se fosse sempre vissuta lì. Giuseppina rifioriva grazie alle sue cure. Non si sentiva più sola.
Ma un giorno tutto cambiò.
Giuseppina fu ricoverata dopo un infarto. Bianca andava aFinalmente, quando Giuseppina tornò a casa, trovò solo silenzio e l’amaro sapore di un’affetto che credeva vero, ma che forse era stato solo un’illusione.






