Il regalo che mi è costato l’amore

**Il regalo che mi è costato il matrimonio**

Lucilla frugò nella tasca della vestaglia e afferrò una piccola scatola di velluto, stringendola forte nel palmo della mano. Il cuore le batteva così forte che sembrava potessero sentirlo in tutta la casa. Dal salotto arrivava il ronzio monotono della televisione: Marcello guardava il telegiornale della sera, come faceva ogni giorno da ventisette anni di matrimonio.

— Luce, vuoi il tè? — gridò lui dal salotto.

— Arrivo, — rispose lei, continuando a stringere la scatoletta. — Finisco e vengo.

Era affacciata alla finestra della cucina, osservando il cortile dove i bambini del vicinato giocavano a pallone tra le macchine parcheggiate. Una scena quotidiana, ma oggi tutto le sembrava diverso, come se lo stesse vedendo per l’ultima volta.

La scatola nella tasca le scaldava la mano. Dentro c’erano dei gemelli d’oro con piccoli diamanti, un regalo che aveva preparato per Marcello per il loro anniversario di nozze. Da tre mesi metteva da parte soldi da ogni stipendio, rinunciando ai suoi cosmetici e persino alle medicine. Voleva fargli una sorpresa, dimostrargli quanto lo apprezzava.

Ma ieri tutto era cambiato.

— Vieni o no? — la chiamò Marcello, impaziente. — Il programma è già iniziato.

Lucilla tirò un lungo respiro e raggiunse il salotto. Lui era seduto sulla sua poltrona preferita, con una maglietta slavatissima e i pantaloni da casa. Sul tavolino c’erano due tazze di tè e un giornale aperto.

— Senti, ti ricordi di Silvana Rossi, quella della nostra classe? — chiese Marcello, senza staccare gli occhi dallo schermo.

Lucilla si bloccò con la tazza in mano. Proprio di quella Silvana aveva pensato tutta la notte.

— Sì, la ricordo, — rispose con cautela. — Perché?

— L’ho incontrata oggi davanti al supermercato. Dice che si è separata da poco. Suo marito l’ha lasciata per una più giovane. Ti rendi conto? Dopo trent’anni insieme.

Lucilla rimise la tazza sul tavolo. Le mani le tremavano.

— E adesso cosa fa?

— Vive da sola in un monolocale, fa le pulizie per mantenersi. Peccato, era una brava ragazza ai tempi.

Marcello scosse la testa e cambiò canale. Lo schermo si riempì di pubblicità.

Lucilla tacque. Non poteva dirgli di aver visto quell’incontro con i suoi occhi. Di essere rimasta nascosta tra gli scaffali del supermercato, di aver sentito ogni loro parola. Di averli visti abbracciarsi, di aver capito che si sarebbero rivisti domani sera.

— Luce, perché sei così silenziosa? — Marcello finalmente la guardò. — Stai male?

— No, tutto bene, — cercò di sorridere. — Solo un po’ stanca oggi, c’era il caos in ufficio.

— Capisco. Vai a letto presto, allora.

Si rimise a guardare la TV. Lucilla si alzò e tornò in cucina, fingendo di sistemare le stoviglie. La scatola dei gemelli nella tasca le sembrava improvvisamente pesante come un macigno.

Ricordò quando, tre mesi prima, aveva visto quei gemelli nella vetrina di una gioielleria. Quanto tempo aveva passato a guardarli, immaginando la gioia di Marcello. Lui amava le cose belle, anche se raramente si concedeva qualcosa. Diceva sempre che la famiglia veniva prima di tutto.

La famiglia. Che ironia.

Lucilla tirò fuori la scatola e la aprì. I gemelli luccicavano sotto la luce della lampada. Belli, costosi. Quelli che suo marito non si sarebbe mai comprato da solo.

— Cara, esco un attimo, — disse Marcello dall’ingresso. — Non c’è più pane.

— Va bene, — rispose lei.

La porta si chiuse. Lucilla si avvicinò alla finestra e lo vide attraversare il cortile. Non verso il negozio, ma verso la fermata dell’autobus. Proprio dove ieri aveva concordato di rivedere Silvana.

Chiuse la scatola e andò in camera. Sul comodino c’erano le foto: il matrimonio, la nascita di loro figlio Marco, la prima vacanza al mare. Sorrisi, abbracci, volti felici. Davvero era tutto finto?

Prese la foto del loro matrimonio. Marcello in un elegante abito bianco, lei in un vestito lungo con il velo. Giovani, innamorati, pieni di progetti. Avevano ventiquattro anni e una vita davanti.

— Mamma, ciao! — squillò il telefono, poi la voce di Marco. — Aprimi, sono io!

Lucilla nascose in fretta la scatola nel cassetto e corse ad aprire. Sulla soglia c’era Marco con delle buste della spesa.

— Marcuccio, che bello vederti, — lo abbracciò.

— Sono passato a salutare, è un po’ che non ci si vede, — entrò in cucina e iniziò a svuotare i sacchetti. — Dov’è papà?

— È uscito a comprare il pane, — mentì Lucilla. — Torna tra poco.

Marco riempì il bollitore e lo mise sul fuoco.

— Mamma, stai bene? Sembri pallida.

— Tutto a posto, figlio. Solo un po’ di stanchezza.

— Capisco. Ah, ti ho mai parlato di Luca? Un mio collega. Bravo ragazzo, single. Magari tu e papà venite a trovarci questo weekend? Ho la casa nuova, vi faccio vedere.

Lucilla annuì, anche se non aveva sentito metà delle sue parole. Nella mente le tornavano sempre le stesse domande. Da quanto andava avanti questa storia? Marcello amava davvero Silvana? Aveva intenzione di lasciarla?

— Mamma, mi ascolti? — Marco le fece un cenno con la mano.

— Sì, certo. Dicevi della casa.

— No, ti chiedevo se vuoi prendere un cane. Ricordi che ne parlavamo sempre da piccolo? Ora avete il tempo per farlo.

— Un cane? — ripeté Lucilla. — Perché?

— Ma come perché? Ti farebbe compagnia. Tu e papà non siete più giovanissimi, starete annoiati da soli.

*Da soli*. Colpito nel segno.

— Dimmi una cosa, — si sedette di fronte a lui, — sei felice nel tuo matrimonio?

Marco alzò le sopracciglia sorpreso.

— Che domanda è? Certo che sì. Elena è una moglie fantastica.

— E se scoprissi che ti tradisce?

— Mamma! — Marco quasi si strozzò con il tè. — Ma cosa dici? Elena non farebbe mai… E poi, perché queste idee?

Lucilla capì di essere andata troppo oltre.

— Già, sciocchezze. Ho visto un programma sulle storie extraconiugali.

— Mah, — si strinse nelle spalle. — Probabilmente chiederei il divorzio. Non potrei vivere con chi mi tradisce.

*Tradisce*. La parola giusta.

Chiacchierarono ancora per un’ora finché Marcello non tornò. Entrò con una pagnotta e un’aria insolitamente soddisfatta.

— Oh, Marco è qui! — sorrise abbracciando il figlio. — Come va, ragazzo?

— Bene, papà. Lavoro, vivo.

— Bravo. Io oggi ho incontrato Silvana Rossi, ricordi? Quella della nostra classe. Poverina, si è separata.

Lucilla lo osservò attentamente. Nessun imbarazzo, nessun disagio. Parlava come se davvero avesse incontrato un’ex compagna per caso.

— Non mi dice niente, — rispose Marco. — E che le è successo?

— Il marito l’Lucilla sorrise tra le lacrime, chiudendo la scatola vuota nel cassetto, mentre fuori il sole tramontava su una nuova vita che, forse, sarebbe stata migliore.

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