Una famiglia estranea divenne la mia
Anna Maria Rossi soleva dire che il destino ama regalare sorprese proprio quando meno te lo aspetti. Ma non avrebbe mai immaginato una svolta simile, nemmeno nei suoi sogni più audaci.
Tutto iniziò quando una giovane famiglia si trasferì nell’appartamento accanto. Le pareti del vecchio palazzo erano sottili, e Anna Maria, volente o nolente, sentiva le loro conversazioni, le discussioni, il pianto del bambino. All’inizio la infastidiva—a sessantatré anni era abituata alla pace e al silenzio. Ma, poco a poco, quelle voci divennero familiari, quasi care.
Il primo incontro avvenne alle cassette della posta. Una giovane donna con il passeggino cercava di prendere la posta mentre calmava il piccolo che piangeva. Anna Maria si avvicinò senza pensarci.
“Lasci che la aiuti,” propose, porgendo le braccia verso il bambino. “Lei controlli la posta, io lo tengo un po’.”
“Grazie mille,” rispose la donna con un sorriso riconoscente. “Mi chiamo Giulia. Questo è il nostro Matteo, ha solo quattro mesi.”
“Anna Maria Rossi,” si presentò la vicina, prendendo con delicatezza il neonato. “Ma che bel bambino! Sembra una bambola.”
Matteo si calmò all’istante, come se avesse riconosciuto quelle mani gentili. Giulia la guardò stupita.
“Ha le mani magiche! A casa piange tutto il giorno, e con lei tace subito.”
“Esperienza, cara, esperienza,” sospirò Anna Maria. “Ho cresciuto due figli e ho aiutato con i nipoti. Peccato che ora siano grandi e vivano lontano.”
Da quel giorno, Giulia cominciò a chiedere spesso consiglio alla vicina. La pappa non veniva bene, il bambino non dormiva, o semplicemente aveva voglia di chiacchierare. Anna Maria l’accoglieva sempre con disponibilità.
“Anna Maria, potrebbe tenere Matteo un paio d’ore?” le chiese un giorno Giulia. “Devo andare dal dottore, e fare la fila con lui è impossibile.”
“Certo, cara, lasciamelo pure. Io e Matteo siamo già amici, vero, tesoro?”
Col tempo, queste richieste divennero frequenti. Anna Maria non si accorse neppure di quanto si fosse affezionata al piccolo. Lui la riconosceva, le tendeva le manine, e quando imparò a parlare, la prima parola fu “nonna”. Giulia rise, dicendo che Matteo aveva confuso le nonne.
Il marito di Giulia, Luca, inizialmente guardava la vicina con sospetto. Era un uomo riservato, di poche parole. Lavorava come autista, spesso tornava a casa stanco e scontroso.
“Perché vai sempre da quella vecchietta?” borbottava. “Non sai più pensare con la tua testa?”
“Luca, lei è davvero gentile. E mi aiuta con Matteo. Senza di lei, come farei?”
“Avresti trovato un modo. Non mi piace che degli estranei si intromettano nella famiglia.”
Ma il destino aveva altri piani. Luca ebbe un incidente. Nulla di grave, solo una gamba rotta, ma dovette restare a casa due mesi. I soldi iniziarono a scarseggiare.
Giulia correva tra il marito, il bambino e i tentativi di trovare un lavoretto. Matteo, sentendo la tensione, divenne capriccioso. In casa regnava un’atmosfera tesa.
“Non ce la faccio più,” piangeva Giulia, correndo da Anna Maria. “Luca è a casa, arrabbiato come una bestia, Matteo urla, non abbiamo soldi. Che devo fare?”
“Calmati, figliola,” la abbracciò Anna Maria. “Tutto si sistemerà. Porta Matteo da me, starà qui di giorno. Tu cerca lavoro con serenità.”
“Ma non posso pagarla…”
“Chi ha chiesto soldi? Per me è una gioia. Da sola mi annoio.”
Giulia trovò lavoro come commessa in un negozietto. L’orario era variabile, ma almeno arrivavano qualche soldo. Matteo passava intere giornate con Anna Maria. Lei lo nutriva, lo portava a passeggio, gli leggeva fiabe, giocava con lui.
Luca inizialmente protestò, ma poi si rassegnò. Soprattutto quando vide quanto il figlio si illuminava alla vista della vicina.
“Strano,” borbottava tra sé. “Una signora estranea, eppure il bambino le vuole più bene che a sua nonna.”
E la nonna c’era. La madre di Luca viveva in città, ma si interessava poco al nipote. Lo vedeva tre volte l’anno, portava un regalo formale e se ne andava. Aveva i suoi problemi.
“Ve l’avevo detto che i figli sono una seccatura,” ammoniva il figlio. “Li avete fatti, ora arrangiatevi. Dovevate pensarci prima.”
Anna Maria, sentendo quelle parole attraverso il muro, scosse la testa. Come si poteva parlare così di un nipote?
Il tempo passò. Matteo cresceva, imparò a camminare, a parlare in frasi complete. Continuava a chiamare Anna Maria “nonna”, nonostante Giulia cercasse di spiegare che era la vicina.
“La mia nonna,” ripeteva testardo il bambino, abbracciandole le gambe.
“Lascialo dire come vuole,” sorrideva Anna Maria. “A me fa piacere.”
Luca guarì e tornò al lavoro. La situazione economica si stabilizzò, ma Matteo continuava a passare molto tempo con la vicina. Era ormai un’abitudine, parte della vita.
I problemi arrivarono dopo. Giulia rimase incinta di nuovo. La gravidanza fu difficile, con nausea e spossatezza. Anna Maria si occupò ancora di più di Matteo.
“Come faremmo senza di lei,” sospirava Giulia. “Lei è come una madre per noi.”
“È così,” sorrideva Anna Maria. “Anche voi siete diventati la mia famiglia.”
Ma la vita non è sempre semplice. Una sera, alla porta di Anna Maria bussò una donna elegante sui quarant’anni, con un’espressione sgradevole.
“Lei è la vicina dei miei figli?” chiese brusca.
“Scusi, ma lei chi è?”
“Sono la madre di Luca. Valentina Sartori. Devo parlarle.”
Anna Maria la fece entrare, offrì il tè. Valentina rifiutò, sedendosi sul bordo della sedia come pronta a combattere.
“Ascolti, non capisco cosa succede qui,” iniziò senza preamboli. “Mio nipote la chiama nonna, passa più tempo con lei che a casa. Non è normale.”
“E cosa la turba, esattamente?” chiese Anna Maria con calma.
“Tutto! Lei è un’estranea, si intromette nella nostra famiglia. Il bambino ha una nonna vera: io. Lei chi è?”
“Io sono chi ha aiutato i suoi figli. Quando erano in difficoltà, senza soldi, senza nessuno che badasse al bambino.”
“Sono problemi loro! Se l’hanno cercato, se la sbrighino. Lei i suoi figli li ha cresciuti? Vada da loro.”
Anna Maria sentì l’amarezza salirle alla gola. Ma si trattenne, rispose pacata:
“I miei figli vivono lontano, hanno la loro vita. Qui accanto ci sono persone che hanno bisogno di aiuto. E io gliel’ho dato.”
“Basta così!” Valentina si alzò, gli occhi accesi. “Le proibisco di intromettersi nell’educazione di mio nipote. E dirò ai miei figli di non venire più da lei.”
“Non sta a lei decidere,” rispose Anna Maria a voce bassa. “Spetta ai genitori del bambino.”
Dopo la partenza di Valentina, Anna Maria rimase a lungo in cucina, sorseggiando il tè freddo. Aveva davvero sbagliato? Forse non avrebbe dovuto affezionarsi così a una famiglia estranea?
Il giorno dopoE quando qualche anno dopo Anna Maria si ammalò gravemente, fu proprio Matteo, ormai adolescente, a stringerle la mano e a dirle con le lacrime agli occhi: “Nonna, non preoccuparti, adesso ci pensiamo noi a prenderti cura come hai sempre fatto con noi”, perché alla fine la famiglia non è fatta solo di sangue, ma degli affetti che si scelgono ogni giorno.






