Ecco la storia adattata alla cultura italiana:
Gli ospiti sono arrivati all’improvviso, Marcella fece una smorfia. Al figlio era felicissima, ma quella *farfallina* che gli svolazzava intorno… e lui, pirla, con quella faccia da ebete, pff.
«Mamma, ciao! Siamo venuti a trovarti con Fiorella», disse Matteo, abbracciandola.
«Eh già, vedo», rispose Marcella stringendolo e sorridendo a denti stretti.
«Mamma… abbiamo una bella notizia!»
«E quale sarebbe?»
«Abbiamo fatto la dichiarazione di matrimonio, ta-daa!»
«Oddio, ma così presto?»
«Presto?! Mamma, ma che dici? Stiamo insieme da un anno, abbiamo deciso di sposarci.»
«Be’, ormai l’avete fatto… accomodatevi, io devo scappare al supermercato, prendo qualcosa.»
A Marcella serviva sfogarsi, stare un po’ da sola. Com’era possibile che Matteo, il suo orsacchiotto, fosse cresciuto, se n’era andato a Milano, vivesse la sua vita, lavorasse, e ora si sposasse pure…
«Mamma, ma che supermercato? Abbiamo portato un sacco di roba, salumi, formaggi, frutta…»
Marcella si sedette, le braccia abbandonate, con la voglia di piangere, di buttarsi sul letto come una bimba e singhiozzare.
Quella *farfallina* – così chiamava la fidanzata di Matteo – proprio non le andava giù, per quanto ci provasse. Una piantagrane, mentre a lui serviva una ragazza tranquilla, del posto.
Prendi Anna Conti, che brava ragazza! Seria, pratica, si era laureata in economia, lavorava, andava in biblioteca… Stavano pure nello stesso banco a scuola, perché non sposare lei?
Potevano vivere a Milano e tornare ogni tanto, portare i nipotini. I Conti erano gente perbene, laboriosa, sarebbe stato un onore imparentarsi.
E lui che fa? S’è trovato sta *bambolina* di città e se la porta appresso come un trofeo, pff… neanche avesse fatto chissà quale colpo.
I giovani tirarono fuori la spesa, e qui non si poteva dire niente: prosciutti crudi, salami, affettati, frutta di ogni tipo… Oooh, doveva far spazio in frigo, metterla via per l’occasione speciale.
Doveva preparare qualcosa per domani, chiamare parenti e vicini, ormai… anche se forse non ci sarebbe stato nessun matrimonio. Ma così era giusto.
Dov’era Enzo? A pranzo era di nuovo sparito, mica avrà mangiato all’osteria? Gli piace andarci, pazienza… correrò a sistemare tutto, preparare qualcosa.
«Maaaam, andiamo un po’ al fiume!»
«Andate pure…»
Al fiume! Che gliene veniva? Se fosse venuto da solo, magari avrebbe anche dato una mano in giardino, aiutato il padre. Invece con questa *principessina*… subito al fiume!
Marcella girò tutto il giorno come una trottola, chiamò la gente per domani, organizzò tutto per festeggiare. Stravolta, si stese cinque minuti… e quando riaprì gli occhi, santo cielo, cosa succedeva?
«Ma che fate?!»
«Mamma, volevamo preparare la cena per aiutarti mentre riposavi.»
«La cena? E il servizio buono da dove l’avete preso?! Ci sono le ciotole nel mobile, i bicchieri, i cucchiai… Enzo, ma tu che stai zitto?!»
«Io? Hanno fatto bene! Quella roba sta lì a prender polvere.»
«Ma siete matti?! Ohhh, santo cielo… i bicchieri di cristallo, le coppette… ma che sta succedendo?!»
«Mamma, ma che c’è? Stiamo apparecchiando per una cena in famiglia, e tu piangi per dei piatti?»
Marcella agitò una mano e se ne andò in camera, notando di striscio che la *farfallina* stava già tagliando i salumi buoni.
Li aveva messi da parte per l’occasione speciale… pensò triste, sospirando mentre entrava in camera senza saper bene perché.
«Mamma, vestiti bene e vieni a tavola!» la chiamò Matteo.
Uscì… Madonna, avevano tirato fuori la tovaglia nuova, i bicchieri a calice… Oooh, oddio, il servizio di porcellana che teneva sotto chiave da anni, e loro…
L’avevano tirato tutto fuori. E Enzo… guardatelo, tutto elegante, la camicia buona, i pantaloni nuovi… ma aveva perso la testa?
«Marcè, dai, vestiti, è una festa! Il figlio e la *figliola* sono qui!»
«La… la quale *figliola*?» borbottò tra i denti. «Ma sei rimbambito?»
«Mamma, ma perché?» Matteo le prese le mani, ma lei si divincolò, esplose e iniziò a urlare che quella era casa sua e che le regole le faceva lei.
Strillò per i piatti presi senza permesso, per i salumi che i ragazzi avevano portato in regalo e che lei voleva tenere per l’occasione giusta…
«Basta!» Enzo sbatté un pugno sul tavolo. «Ma che ti prende, donna?»
Poi si indicò la gola: «Eccoti il tuo “occasione speciale”, ci credi o no?»
Che razza di vita era? Mangiamo in piatti sbeccati, beviamo in bicchieri vecchi di trent’anni, e intanto abbiamo tre servizi buoni che prendono polvere!
Sono nostri, Marcè, non tuoi! Viviamo insieme e Matteo è nostro figlio, capito? Ha lo stesso diritto di usarle queste cose! Su, Matteo, prendi il tappeto, è arrotolato lì da anni in attesa dell’*occasione*. Sarà tutto tarlato ormai.
E tu, subito a metterti il vestito buono, l’armadio scoppia di roba e te vai in giro come una stracciona.
Marcella restò lì, sbalordita. Poi all’improvviso andò e… indossò il vestito più bello, gli orecchini d’oro, le scarpe e le calze di nylon… ecco.
Arrivò zia Luigina, la vecchia del paese. «Ma che miracoli! Marcella tutta agghindata, Enzo in completo… Matteo con quella ragazzina… Ma è morto qualcuno?»
«Ma vai a morì tu, zia!» sbottò Marcella. «Siediti, Matteo e la…» stava per dire *farfallina*, ma si fermò in tempo, «…la futura nuora sono qui. Su, accomodati.»
«Marcè…» la vecchia la squadrò sospettosa. «Non mi prendi in giro? Nessuno è morto? Tua madre oggi è venuta solo una volta…»
«Ma smettila, zia! Su, bevi qualcosa. Mangia, questo l’hanno portato i ragazzi, salame ungherese.»
«Maddai… Io non sono vestita a festa, eh, sono normale.»
«Domani vieni vestita bene», disse Enzo. «Domani festeggiamo.»
«Domani?! E oggi che è?»
«Oggi ceniamo in famiglia, zia.»
«Maddai… i signori cenano.»
Dopo un po’, la vecchia se ne andò di corsa, pronta a spargere la voce per il paese: Marcella ed Enzo impazziti, vestiti bene, mangiando in porcellana e bevendo nel cristallo.
Enzo con la camicia comprata per il matrimonio della cugina, Marcella col vestito di velluto che lui le aveva portato dalla vacanza in Spagna.
Dovevano aver perso la testa.
E da quel giorno in poi, in paese, tutti cominciarono a vivere senza aspettare un “domani” speciale, usando le cose belle ogni giorno, perché la vita stessa era già l’occasione perfetta.






