**Risate tra le lacrime**
Valentina Rossi posò davanti alla nipote un piatto di minestrone e si sedette di fronte, osservandola mentre Sofia rimestava lentamente il brodo con il cucchiaio, evitando le verdure.
“Non ti piace?” chiese la nonna, anche se conosceva già la risposta. Da giorni Sofia storceva il naso a ogni boccone.
“È buono,” borbottò Sofia, senza alzare lo sguardo. “Solo che non ho fame.”
“Certo, non hai fame,” replicò Valentina, il tono carico di ironia. “Eppure ieri ti ho vista rovistare in frigorifero, cercavi i tortellini surgelati, quelli che ho comprato apposta per te, vero?”
Sofia sospirò e posò il cucchiaio.
“Nonna, perché inizi sempre così? Ho detto che è buono. Sono solo stanca dal lavoro, niente appetito.”
“Stanca lei…” Valentina scosse la testa. “Alla tua età, io dopo il lavoro annaffiavo l’orto, stiravo a mano, lavavo i pavimenti. Tu passi il giorno davanti a un computer e ti lamenti di essere stanca.”
La nipote si alzò di scatto, il piatto sbatte contro il tavolo.
“Sai cosa, nonna? Basta! Tutti i giorni la stessa storia. O il cibo non va bene, o il lavoro non ti piace, o i ragazzi che frequento non ti sembrano abbastanza buoni. Ne ho abbastanza, davvero!”
“Ecco come parli ai tuoi anziani?” si indignò Valentina. “Tua madre ti ha insegnato a rispondere così?”
“Mia madre non mi ha insegnato niente!” sbottò Sofia, e subito si coprì la bocca con una mano.
Un silenzio pesante calò nella stanza. Valentina si alzò lentamente, raccolse i piatti. Le mani le tremavano leggermente, ma la voce era ferma:
“Capisco. Quindi è tutta colpa mia. Anche averti presa con me dopo il divorzio dei tuoi genitori è stato un errore. Anche cucinare per te, badare a te… tutto sbagliato.”
“Nonna, non intendevo quello…” biascicò Sofia, confusa.
“E cosa intendevi?” Valentina si voltò, e la nipote vide i suoi occhi lucidi. “Che sono una vecchia stupida che ti rovina la vita? Forse è così. I giovani fanno fatica con gli anziani, lo capisco.”
Sofia aprì la bocca per rispondere, ma la nonna era già sparita in cucina. Il rumore dell’acqua che scorreva, il tintinnio delle stoviglie. La ragazza rimase immobile, poi si ritirò nella sua stanza.
Valentina lavava i piatti e piangeva in silenzio. Lacrime calde che cadevano nell’acqua saponata, mentre un dolore acuto le serrava il petto. Davvero era diventata un peso? Tutto ciò che faceva per la nipote, era solo una seccatura?
Ricordò il giorno in cui Sofia era arrivata da lei, tre anni prima, con una valigia e gli occhi gonfi. I genitori divorziati, il padre scappato con la segretaria, la madre affondata nel vino. Dove poteva andare una ragazza di vent’anni? Naturalmente dalla nonna. Valentina l’aveva accolta senza domande, le aveva preparato la stanza migliore, cucinato, lavato, curato.
E ora tutto questo era inutile? La sua premura non faceva che irritare?
“Signora Rossi!” una voce dal corridoio. “C’è qualcuno?”
La nonna si asciugò in fretta il viso e aprì la porta. La vicina, Elena Conti, era sulla soglia con un sacchetto in mano.
“Entri, si accomodi,” disse Valentina, forzando un sorriso. “Vuole un caffè?”
“No, no, non ho tempo. Mia nipote è tornata da Milano e mi ha portato dei cioccolatini. Ho pensato di condividerli con i vicini.”
“Grazie mille,” prese il sacchetto Valentina. “E sua nipote resta a lungo?”
“Solo una settimana. Il lavoro, sa com’è. Ma appena arrivata è corsa da me! Mi ha portato fiori, profumi. Dice: ‘Nonna, quanto mi sei mancata!'” Elena brillava di gioia. “Che felicità!”
Valentina annuì e sorrise, ma dentro sentiva un nodo alla gola. Elena aveva una nipote affettuosa, riconoscente. E lei? Solo rimproveri e malumore.
“E la sua Sofia come sta? Sempre al lavoro?” chiese la vicina.
“Sì, sì, lavora,” rispose in fretta Valentina. “Una brava ragazza, mi aiuta in tutto.”
“Certo che è brava! Bella, intelligente. Lei è fortunata.” Elena sorrise. “Beh, io vado. Grazie ancora per i cioccolatini!”
Quando la porta si chiuse, Valentina vi si appoggiò e chiuse gli occhi. Che dolore mentire, fingere che andasse tutto bene! Una volta era così fiera di Sofia, raccontava a tutti com’era brillante, come studiava, come ballava…
“Nonna, chi era?” Sofia sbucò dalla sua stanza, lo sguardo colpevole.
“La signora Conti. Ci ha portato dei cioccolatini.”
“Senti, prendiamo un caffè insieme? Con quei cioccolatini?” Sofia si avvicinò. “Volevo… scusarmi. Ho detto cose stupide.”
Valentina entrò in cucina in silenzio, accese il gas. Sofia si sedette, dispiegò i cioccolatini su un piattino.
“Che belli,” mormorò. “Con la carta dorata.”
“Sua nipote li ha portati da Milano,” osservò la nonna, prendendo le tazzine. “Si preoccupa della nonna.”
Sofia capì l’allusione e arrossì.
“Nonna, per favore… Io ti voglio bene, è solo che a volte mi sembri troppo critica. Come oggi con il minestrone.”
“Critica?” Valentina si girò. “A me sembra solo di preoccuparmi. Sei dimagrita, sei pallida. Forse sei malata?”
“No, non sono malata. È solo il lavoro, è un periodo stressante. Un progetto da consegnare, tutti sono tesi.”
Valentina versò il caffè, si sedette accanto a lei.
“Perché non mi racconti mai niente? Prima mi parlavi del lavoro, degli amici. Ora sei muta come un pesce.”
Sofia prese un cioccolatino, lo fece ruotare tra le dita.
“Non so… Penso che non ti interessi. Cosa ne sai di design, di computer…”
“Prova a spiegarmelo!” ribatté Valentina. “Forse capirò qualcosa. Non sono mica una barbona.”
“Non sei una barbona, nonna. Solo che…” Sofia sospirò. “Al lavoro ho problemi. È arrivato un nuovo capo, giovane, arrogante. Ci tratta male. Io non lecco scarpe, e lui mi ha preso di mira.”
“E che fa?”
“Critica tutto. Il progetto è sbagliato, non rispetto le scadenze, non so gestire i clienti. Eppure per tre anni ho lavorato bene, tutti erano contenti!”
Valentina ascoltò attentamente. Dunque era questo il motivo della sua agitazione! Non la noia della nonna, ma il lavoro.
“Ne hai parlato con i colleghi?”
“Sì. Dicono che è il suo carattere. Prende di mira tutti, soprattutto le donne. Dice che nel design non siamo brave.”
“Idiota,” commentò secca Valentina.
Sofia ridacchiò:
“Nonna, ma che dici!”
“È la verità!” Valentina alzò le mani. “Se maltratta una ragazza intelligente come te, cos’altro è? Hai un talento naturale, fin da piccola disegnavi meraviglie!”
“Ti ricordi ancora,” sorrise Sofia. “Quel concorso a scuola, vinsi il primo premio.”
“Certo che mi ricordo! Conservo ancoraE quella sera, mentre sorseggiavano il caffè e ridevano come due vecchie amiche, Valentina sentì che nonostante gli errori e i malintesi, l’amore tra loro era più forte di qualsiasi incomprensione.






