Torna subito da mio figlio, o ti farò vivere un incubo!

**Diario di Alessia**

Ero seduta in cucina nel mio nuovo appartamento, sfogliando vecchie foto. Sette anni di matrimonio racchiusi in un unico album. Ricordo quanto, all’inizio della storia con Luca, credevo che tutto si sarebbe sistemato. Il tempo, invece, mi ha dato torto.

Adriana, mia suocera, faceva capolino a casa nostra quasi ogni giorno. Arrivava senza avvisare, apriva la porta con la sua chiave—«per sicurezza», diceva Luca—e trovava sempre qualcosa da criticare: la cena troppo insipida, la polvere negli angoli, il fatto che tornavo tardi dal lavoro.

Luca, invece, stava zitto o cambiava argomento. Io, stringendo i denti, sopportavo.

Ora, in questo appartamento ereditato da nonna Anna, capivo la saggezza delle sue parole: «Alessia, l’importante è avere un tetto tuo e un lavoro. Così nessuno potrà comandarti». Per sette anni ho cercato di essere la «brava moglie» secondo gli standard di Adriana.

Il campanello mi strappò dai ricordi. Sulla soglia c’era lei, dritta e imperiosa.
—Cosa combini, ragazzina?— entrò senza cerimonie. —Luca è distrutto, e tu qui a oziare.—
—Luca?— non riuscii a trattenermi. —Perché non è venuto lui?—
—Lui lavora, non ha tempo per i tuoi capricci. Su, sbrigati, basta perdere tempo.—

Sentii una fiamma di rabbia salirmi dentro. Sette anni di silenzi, e mai una volta che Luca mi avesse difeso.
—No,— dissi ferma. —Non torno indietro. Basta.—

Il volto di Adriana si increspò.
—Cosa vuol dire ‘no’? E la famiglia? E Luca?—
—E Luca ha mai pensato a me? Quando entravate senza bussare, criticando ogni mio gesto? Quando volevate vendere il mio appartamento per ristrutturare la vostra villa? Quando buttavate via le mie cose?—
—Volevo solo aiutarti! Eri così inesperta, dovevo insegnarti a essere una brava moglie.—
—Insegnare? Voi non insegnavate, cercavate di spezzarmi. Ma ora basta.—

In quel momento, il telefono vibrò. Luca. Alzai lo sguardo su Adriana, che sorrideva, sicura di sé.
—Rispondi,— ordinò. —Luca capirà, perdonerà. Tornerai a casa, e tutto sarà come prima.—
Misi via il telefono in silenzio.

—Sa, Adriana,— dissi calma, —ho preso una decisione. Non voglio più vivere in un’atmosfera di controllo e umiliazione.—

Una smorfia di rabbia le deformò il viso.
—Umiliazione?! Ti ho sempre trattata come una figlia!—
—Non sono più una bambina che ha bisogno di ordini.—
—Ingrata! Ho fatto tutto per te!—
—Torni subito da mio figlio! O te ne pentirai! Credi che non sappia del tuo lavoro? Di quella promozione che aspetti? Una telefonata alle persone giuste…—

Un brivido mi attraversò.
—Mi sta minacciando?—
—Ti spiego solo cosa succede a chi distrugge le famiglie. Pensa bene, ragazzina.—
—Sa una cosa, Adriana?— la guardai dritta negli occhi. —Minacci pure. Ma non tornerò mai. Luca sapeva con chi si sposava: una donna forte e indipendente. Voi volevate solo una marionetta.—

—Ah sì?— afferrò la borsa. —L’avvertimento è fatto.—

Uscì sbattendo la porta. Rimasi alla finestra, tra paura e sollievo.

Quella sera, chiamai Chiara, la mia amica.
—Indovina chi è venuta? Ha minacciato di rovinarmi la carriera se non torno da Luca.—
—Brava che non ti sei piegata!— mi sostenne. —Sai, volevo dirtelo… Sei cambiata in questi mesi. Più sicura, più serena.—

Il giorno dopo, andai a un colloquio in un’azienda importante. Le minacce di Adriana mi avevano spinto a muovermi. In ufficio, una donna gentile mi accolse.
—Un curriculum impressionante. Abbiamo proprio bisogno di una responsabile di progetto. Credo che farebbe al caso nostro.—

Tornando a casa, sentii una calda fioritura dentro di me. Un nuovo lavoro, nuove possibilità. Una vita nuova.

Luca non scrisse né chiamò più. Forse aveva capito che era finita. O forse Adriana gli aveva già trovato una moglie più docile.

Una sera, incrociai una vicina di Adriana.
—Lo sai?— mi disse. —La tua ex suocera racconta a tutti che hai abbandonato il suo povero figlio. Ma nessuno la ascolta, ormai. Sanno tutti come ha cacciato anche la prima nuora.—

Sorrisi, senza rancore. Le sue parole non mi toccavano più.

Sul balcone, tra le foto ormai solo un ricordo, capii che il passato non faceva più male. Era solo una tappa. Come diceva nonna Anna: «L’importante è avere un tetto e un lavoro». E soprattutto, la forza per non farsi spezzare.

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