Il regalo che ha rovinato tutto

23 Maggio
Giulia! Giulia, dove sei? — urlavo dalla sala. — Vieni subito! È urgente!

Arrivo, arrivo! — rispose Giulia asciugandosi le mani sul grembiule. — Che succede? Siamo andati a fuoco?

Macché! Meglio! Molto meglio! — le afferrai i gomiti quando entrò. — Ricordi Rossi, il mio ex capo? Quello in pensione dall’anno scorso?

Certo. Perché? — si irrigidì. La mia agitazione solitamente presagiva guai.

Mi ha chiamato! Vende un trilocale nel centro storico! A noi lo cede quasi per niente! Dice che paghiamo metà prezzo per quel favore di quando aiutai suo nipote a trovare lavoro.

Giulia sprofondò nella poltrona. Pensieri turbinavano come foglie d’autunno.

Carlo, che dici? Non abbiamo quei soldi!

Il bello è qui! — mi sedetti sul bracciolo. — Possiamo pagare a rate! Piccole quote, lui non ha fretta. Si trasferisce in campagna dalla figlia. Giulia, è l’opportunità della vita! Viviamo schiacciati in questo bilocale ormai!

Aspetta… — si massaggiò le tempie. — Perché un trilocale? I figli hanno le loro case.

Come perché? — balzai in piedi. — E quando arrivano i nipoti? E fra anni, se avremo bisogno di una badante? Servirà una stanza!

Restai muto sotto il suo sguardo. Trent’anni sposati, e lei ancora mi giudicava un sognatore. Il mio entusiasmo la spaventava.

Quanti soldi servono? — chiese cauta.

L’anticipo è piccolo: trecentomila euro. Poi cinquantamila al mese.

Trecentomila!? — trasalì. — Pazzi
Mentre Giulia guardava Marco accasciarsi a terra con la chiave inglese in mano, le guance segnate da lacrime di rabbia e sconfitta, capì che quel maledetto appartamento a Torino non era stato un regalo, ma una condanna che aveva svuotato per sempre le loro vite degli unici tesori che contavano: la serenità, la fiducia e quel senso caldo di casa che avevano costruito mattone dopo mattone, sorriso dopo sorriso, nella loro minuscola *casetta* di Ivrea. E ora, circondati dal freddo vuoto di muri troppo grandi e da debiti più alti dei soffitti a stucco, persino i silenzi tra loro erano diventati estranei, pieni di ogni cosa non detta e di tutto l’amore che non osava più sgorgare. Si voltò verso la finestra buia, appannata dal suo respiro, e sentì che l’unica cosa più disperata del rumore della pioggia sulla grondaia rotta era il pianto silenzioso di lui, accovacciato nel gelo della nuova cucina, frammento irrimediabile dei sogni in frantumi ai loro piedi.

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