“Bea, raccontaci come avete litigato tu e Andrea!” si alzò di nuovo la mamma.
“No, mamma, ti prego!” supplicò la figlia.
“Invece sì!” insisté Valentina Rossi. “Che la verità salti fuori!” Beatrice guardò la sala piena di ospiti, quei volti in curiosi e compassionevoli, e qualcosa dentro di lei improvvisamente scattò.
“Va bene,” disse, sollevandosi. “Ve lo dico. Ieri Andrea mi chiamò dicendo di aver cambiato idea, che non era pronto alle responsabilità, che voleva vivere per sé… e stavamo insieme da tre anni! Tre anni che aspettavo una proposta, sognavo bambini, programmavo una vita!”
Nella sala calò un silenzio tombale.
“E sapete cosa?” continuò Beatrice, mentre la rabbia le dava coraggio. “Mamma ha ragione! Basta aspettare che gli uomini ci concedano la felicità! Posso essere felice da sola! Senza Andrea, senza nessun uomo che non sappia apprezzare ciò che ha!”
“Brava, piccola!” incalzò la mamma. “Siamo padrone di noi stesse!”
“Io l’anno scorso me ne andai dal mio Vittorio,” esclamò improvvisa la vicina zia Rosa. “Stufa dei suoi capricci! Ora vivo serena, nessuno comanda!”
“E hai fatto bene!” approvò un’altra donna. “Il mio Sergio credeva sarei finita male senza di lui. Io vendetti casa, comprai una villetta con giardino, vendo i pomodori che coltivo! Vivo meglio di prima!”
Pian piano le donne condivisero le loro storie: chi parlava di divorzi, chi di libertà ritrovata. Gli uomini, a tavola, tacevano imbarazzati.
“Ricordi, Vale,” disse una cugina alla mamma, “come tua madre si oppose al tuo matrimonio? Diceva che il padre di Bea non valeva?”
“Ricordo,” annuì mamma. “E aveva ragione. Se ne andò quando Bea aveva cinque anni: disse d’esser troppo giovane, che s’era sposato in fretta.”
“È la solita scusa!” esclamó una zia. “Troppo giovani! E noi a crescerci i figli da sole!”
I racconti si fecero sempre più vivaci: donne contro uomini, orgoglio contro rimpianto. E Beatrice, nel vestito bianco, sentiva un cambiamento fiorirle dentro.
“Sapete una cosa?” disse quando i racconti si calmarono. “Avete ragione: basta aspettare principi azzurri! Ho un lavoro, guadagno, casa mia… perché vorrei un uomo che scappa all’altare?”
“Esatto!” la sostenne una giovane vicina. “Io cresco mio figlio sola e me la cavo benissimo! Aspettavo che suo padre tornasse? E lui sposò un’altra!”
“La mia amica a quarant’anni s’è iscritta all’università,” aggiunse un’altra. “Sognava la psicologia, ma il marito glielo impediva! Divorziò… e adesso studia!”
Mamma accese la stereo.
“Basta malinconie!” dichiarò. “Balliamo! Bea, comincia tu!”
“Mamma, ho ancora l’abito da sposa!”
“E quindi? Usalo per ballare!”
Beatrice ballò timidamente, mentre altre donne si univano. Gli uomini seguivano pigramente a tempo.
“Bea, ricordi le discoteca del liceo?” poi le gridò la sua amica Francesca. “Eri la regista della pista!”
“Ricordo,” rise Beatrice. “Pensavo che la vita fosse tutta rose e fulmini!”
“E sbagliavo?” chiese seria Francesca. “La vita è ancora là! Sei giovane, splendida, in gamba… Andrea? Sua la perdita, non la tua!”
Si ballò fino a tardi: gli animi si sciolsero, i brindisi diventarono caldi, l’atmosfera si riempì di gioia vera.
“Che abito magnifico, Bea!” osservò zia Lucia. “Peccato finirà nell’armadio…”
“Perché mai?” ribatté Beatrice sorpresa. “Lo indosserò ancora! Per una laurea, un compleanno… o anche solo quando vorrò sentirmi regina!”
“Giusto!” approvò mamma. “L’eleganza va goduta, non chiusa in un buio!”
Alla fine della serata, tutti esagitati proposero di rifare spesso queste “feste delle donne libere”.
“Creiamo un club!” propose una collega di mamma. “Per sostenerci, ridere insieme!”
“Geniale!” gioì mamma. “Dobbiamo trovare un nome bello!”
“Libere come rondini!” urlò una.
“Donne con le palle!” suggerì un’altra scoppiando le risate.
Mentre gli ospiti andavano via, ogni donna incoraggiava Beatrice; gli uomini stringevano la mano, quasi a chiedere scusa per il loro sesso.
“Sei forte, Beatrice,” disse suo zio Pietro. “Andrea fu un cieco a lasciarti.”
Rimaste sole in cucina, Beatrice bevve tè con torta, ancora col vestito da sposa lucente nel buio.
“Allora, piccola?” disse a fine mamma sedendosi. “Ti pentirai di questo giorno?”
“Sai una cosa?” Beatrice sorrise stanamente. “Non mi pento. Oggi ho capito che non sono sola. E che va tutto bene, così.”
“Ben detto!” l’abbracciò mamma. “E Andrea? Che vada a quel paese con le sue paure!”
“A proposito,” sussurrò Beatrice, “ha chiamato tre volte durante il ricevimento.”
“E tu? Hai risposto?”
“No. A che pro? Se ha cambiato idea… non era destino. Se non l’ha cambiata… non lo è ancor di più.”
Mamma la strinse forte.
“Domani riporrò questo vestito,” continuò Beatrice. “Aspetterò il momento giusto per indossarlo. Ma non per sposarmi. Solo per festeggiare qualcosa.” o”Chi lo sa?” sussurrò mamma. “Troverai l’uomo giusto… uno che non scappa.”
“O forse no,” concluse Beatrice alzandosi. “E va bene uguale.”
Si incamminò verso la camera, e nello specchio intravide una ragazza bellissima in bianco… e comprese che quel giorno sì, si era proprio sposata: con sé stessa.
Matrimonio Senza Sposo
