La cena terminò con il divorzio
«Ma sei impazzito del tutto?» Giulia scagliò il tovagliolo sul tavolo, facendo oscillare il bicchiere di vino che per poco non cadde. «Invitarle qui, a casa nostra!»
«Giulia, calmati», rispose nervoso Matteo, aggiustandosi la cravatta. «Non è successo nulla di male. Solo una normale riunione di lavoro.»
«Riunione di lavoro?» La voce di Giulia salì di un’ottava. «Alle dieci di sera? Con una bottiglia di spumante e le candele?»
«Stavamo discutendo il nuovo progetto…»
«Che progetto, Matteo? Quale progetto con quella… con quella Chiara?»
Matteo distolse lo sguardo. Sulla tavola restavano i piatti della cena – aveva faticato tanto per il risotto, voleva fare un piacere alla moglie. E ora tutto finito per una chiamata avventata.
Giulia si alzò e iniziò a camminare nervosamente in cucina. Quarantatré anni, ma sembrava più giovane. Snella, curata, sempre attenta al suo aspetto. Matteo diceva agli amici di avere una moglie meravigliosa.
«Ascoltami bene», si fermò di fronte a lui, appoggiando le mani sui fianchi. «Non sono un’idiota, anche se mi tratti così. Quella ragazza ti chiama ogni giorno, ti fermi a lavoro, torni a casa profumato del suo Chanel n°5.»
«Giulia, esageri…»
«Esagero?» Tirò fuori lo smartphone dalla tasca. «E queste cosa sono? Quindici chiamate perse oggi da lei sola!»
Matteo impallidì. Aveva dimenticato che Giulia vedeva tutte le notifiche del suo telefono attraverso l’account condiviso.
«Chiamava per lavoro…»
«Per lavoro!» Rise amara Giulia. «Il sabato, la domenica, a mezzanotte! Che lavoro è mai questo?»
Matteo tacque, tormentandosi una forchetta fra le mani. Ventidue anni di matrimonio, e non l’aveva mai vista così. Anche con i problemi finanziari o quando sua madre si ammalò, Giulia mantenne la dignità. Ora era sull’orlo della crisi.
«Matteo», la sua voce si fece più bassa, ma carica di dolore, «vedo cosa succede. Ti sei innamorato di lei.»
«No», scosse la testa, ma suonò falso persino a lui.
«Non mentire! Non mentirti! Ti conosco da ventidue anni, credi che non capisca? Ti illumini quando chiama. Hai gli occhi che brillano quando vai al lavoro. E quando torni…»
Giulia non terminò, ma Matteo capì. Quando rientrava, diventava cupo e irritabile. Casa sembrava spenta rispetto all’ufficio, dove lavorava Chiara.
«Parliamone con calma», propose lui.
«Di cosa?» Si sedette di fronte. «Di come sei cambiato? Di come non mi vedi più? Che da un mese non parliamo davvero?»
Matteo osservò la moglie con intensità. Quando le aveva chiesto l’ultima volta dei suoi progetti? O come fosse andata la sua giornata? Tutti i suoi pensieri erano per Chiara.
«È giovane?» chiese piano Giulia.
«Che c’entra?»
«Quanti anni ha, Matteo?»
«Ventotto.»
Giulia annuì, come se i suoi peggiori timori fossero confermati.
«Capisco. Io ne ho quarantatre. Ormai sono vecchia per te.»
«Dici sciocchezze.»
«Sciocchezze?» Si alzò e andò allo specchio in corridoio. «Guardami, Matteo. Queste rughe attorno agli occhi, questi capelli bianchi che tingo ogni mese. Lei è giovane, bella, senza figli, senza problemi.»
«Neanche noi abbiamo figli», ricordò Matteo.
«No», convenne Giulia. «Ed è colpa mia. Non ho potuto dartene.»
«Giulia, non…»
«Invece sì! È ora di dirlo! Mi sento in colpa da quindici anni. Ogni volta che vedo bambini, penso: e se Matteo mi vorrà lasciare per una che può darglieli?»
Matteo si alzò per abbracciarla, ma lei si ritrasse.
«Non toccarmi. Rispondimi con onestà: le vuoi bene?»
Calò il silenzio. Matteo fissò il pavimento, Giulia attese. In cucina ticchettava il vecchio orologio comprato tre anni dopo le nozze.
«Non saprei», disse infine lui.
«Non sai o hai paura di chiederlo a te stesso?»
«Giulia, è complicato…»
«Per me non lo è», sedette e incrociò le mani. «O ami me, o ami lei. Non esistono vie di mezzo.»
Matteo accasciò sulla sedia accanto. La mente in subbuglio. Da un lato la moglie, con cui aveva condiviso gli anni migliori. Che lo aveva sempre sostenuto, anche quando avviò l’azienda. Dall’altro Chiara, apparsa sei mesi prima e rivoluzionata ogni cosa.
«Cosa provi quando è vicino a te?» proseguì Giulia. «Cosa ti succede?»
«Mi sento… giovane», confessò. «Come se avessi di nuovo venticinque anni.»
«
Tre mesi dopo l’uscita di casa, Marco sedette da solo nel suo nuovo appartamento vuoto, guardando un Euro spinolarsi sul tavolo senza riuscire a sentirne il tintinnio sopra il rumore di ciò che aveva perso.
Una cena che ha portato alla separazione
