Scopro per caso che papà ha un’amante. Quel giorno marinavo la scuola per accompagnare l’amica Chiara dal tatuatore. Essere al centro commerciale in divisa era impensabile, così entrai di corsa a casa per cambiarmi. Mentre infilavo i jeans, la chiave girò nella serratura. Rimasi pietrificata, in precario equilibrio su una gamba, l’altra bloccata nel tessuto. Per un istante temetti fossero ladri, poi riconobbi la voce di papà. Parlava a qualcuno, credevo al telefono.
“Prendo la tuta e parto subito. Non posso dire che ero in palestra se la borsa è sotto il letto.”
Mi sbagliavo. Non era una chiamata, ma un messaggio vocale. Pochi minuti dopo, una voce femminile risuonò: “Amore, mi sei mancato tantissimo, non vedo l’ora… Ho preparato i tuoi cannoli preferiti. Sbrigati o si freddano! Baciami, baciami!”
Il significato mi colpì in ritardo. Riconobbi prima la voce: zia Caterina, collega di papà e sorella della migliore amica di mamma, spesso nostra ospite. Mi piaceva perché non fingeva di sapere tutto, amava divertirsi e ascoltava musica moderna, non quei vecchi cantanti preferiti dai miei. Solo riflettra su perché mandasse messaggi vocali a papà, realizzai l’orrore.
La serratura scattò di nuovo. Il silenzio calò. Crollai sul letto, ripensando alle parole. No, non sbagliavo: papà aveva una relazione. Cosa fare? Rivelarlo a mamma? Come comportarmi con lui e con lei?
Senza decidere, corsi da Chiara che tempestava di messaggi. Aspettavamo quel tatuaggio da un mese, e lei era diventata maestra nel falsificare le firme delle madri. Ma ogni entusiasmo era svanito.
“Letizia, che ti prende?” insisteva Chiara. “Fai il broncio? Vuoi un tattoo anche tu? Ti falsifico la firma di tua mamma, problema risolto!”
Avrei voluto condividere quel segreto per alleggerire il peso, ma nemmeno con l’amica più cara potevo parlare. Finsi che il disagio fosse per il tatuaggio.
Per due settimane non studiai, evitai gli amici, sfuggii a mamma e risposi sgarbalamente a papà. Una volta stavo per confessare, ma lei s’infuriò per un due in chimica. Litigammo ferocemente. Quella sera, mamma entrò con una sfogliatella al cioccolato, il mio dolce preferito:
“Scusa, gattina, per le urla. So che non è educativo. Ma sono in ansia per i tuoi esami! Vorrei solo il meglio per te…”
“Mamma, smettila con sta storia! Supererò gli esami! Posso averla, la sfogliatella?”
“Certo tua. Pace adesso? Odio quando litighiamo!”
Presi il dolce, la baciai sulla guancia, e promisi a me stessa: non le avrei mai inflitto quel dolore. Se una sciocca lite la scuote
Quell’inchiostro sulla pelle divenne il mio silenzioso guardiano, una sentinella contro ogni futura debolezza del cuore.