DUE ALI

25 aprile
Stamattina mi sono svegliato col ricordo del primo matrimonio ancora fresco. Livia ed io, insieme fin dal liceo. Sette anni vissuti nella nostra bolla, senza figli anche se la nonna insisteva: “Sposatevi in chiesa! Dio vi benedirà col dono della vita”. Non discutevo mai i suoi detti. Così comprai l’anello e chiesi a Livia di diventare mia moglie.

La cerimonia fu sontuosa al Duomo di Milano. Quando al brindisi sollevammo le coppe di prosecco, la tradizione vuole che si svuotino per la felicità senza lacrime, poi si lanciano alle spalle. La mia si frantumò in mille pezzi. Quella di Livia rotolò intatta sul pavimento. Gli sguardi dei parenti parlavano chiaro: “Cattivo auspicio”. Ridemmo, credendo fosse superstizione. Errore.

Dopo un mese dal ritorno a Torino, Livia cambiò. Ogni mia azione sbagliata, ogni pensiero difforme dal suo. “Siamo diversi come giorno e notte” dichiarò un venerdì sera. Sapevo che la suocera ci metteva lo zampino, eternamente insoddisfatta del mio stipendio da tecnico nelle ferrovie. Resistetti un anno alle loro stilettate finché mi dissero: “Vattene”.

Chiesi a Livia: “È veramente tua questa decisione?”. Mi rispose sbattendo la porta. Restai per strada con una valigia. Ma il dolore durò poco. Chiara, mia collega, mi invitò a prendere un caffè dopo mesi in cui mi vedeva abbattuto. Camminammo per il Parco Sempione, poi ci sedemmo in un bar di Brera. Toccò la mia mano: “Non hai visto come ti guardavo?”. In verità sì: la vedevo impallidire quando mi avvicinavo, ma ero sposato. Ora però mi sentivo libero. “Pesce abboccato” pensai quella stessa notte mentre entravo nel suo appartamento di Porta Venezia.

Chiara mi accolse come una farfalla di primavera. Le chiamavo Lucciola per quel calore che scioglieva il ghiaccio intorno al cuore. Presentai ai suoi: papà alto funzionario comunale mi squadrò: “Se Chiara ti vuole, restate pure insieme. Valuterò se sei degno”. Le ferie a Ibiza furono suo regalo. Ignorava ancora il mio matrimonio precedente. Chiara sapeva come reagiva alle bugie.

Tre mesi dopo, Livia chiamò: “Aspetto un bambino”. Tornai a casa col sorriso di Chiara che mi diceva: “Aspetterò”. Nacque Beatrice. Appena una settimana dopo, Chiara mi telefonò dalla clinica: “Vieni a prendere Anastasia”. Corsi con mezzobusto di tulipani trovando suo padre con rose rosse. Mi baciò la fronte: “Non temere, non ti intralceremo”.

Visse Rocco dividendo anima tra Torino e Milano. Entrambe le donne soffrirono tacitamente: Livia pentita per avermi cacciato, Chiara felice comunque. Le bimbe crescevano con domande: “Perché stanotte non eri qui?”, “Sai che sono Nastina?”. Quella domenica però il padre di Chiara mi attese sul portone:

“Pretendi di saltare da un nido all’altro fino alla pensione? Resta con Chiara – avrete casa e sostegno. Oppure sparisci per sempre”. Corsero le mie gambe all’appartamento della nonna. Mi accarezzò i capelli già grigi: “Scegli. Gli uccelli volano con due ali, tu con le donne…”

Ruppi col passato. Piombai da Chiara con le valigie: “Sono tuo!”. Lei già preparava le valigie: “Fra una settimana volo ad Alghero. Papà mi trovò un nuovo compagno”. Restai senza ali. Tornai dalla madre, finché Livia mi chiamò per le carte del trasferimento in Francia con la piccola.

Due anni da monaco. La nonna sussurrava: “L’amore vero resiste”. Una mattina di maggio, batté alla porta… Chiara! Senza fiato mi abbracciò: “Siamo tornate. Papà è furioso ma io amo te”. Quel pomeriggio stesso firmai all’anagrafe. Nessun ricevimento: bastarono gli anelli, il vestito bianco di Chiara e due bicchieri di spumanti. Quando entrammo dal suocero, consegnò le chiavi: “Qui sarà casa vostra”, poi strizzò l’occhio: “Ma se volete ringraziarmi… fatemi un nipote!”

Nove mesi dopo, la piccola Matilde piangeva nelle mie braccia. Lui fingendo il broncio: “Ho ordinato un nipote!”. Gli strinsi la mano: “Rimedierò”.

Annotazioni della sera:
L’amore pretende integrità. Dividersi fra due cuori è illusione che fa male a tutti. Solo quando rinunci a voler tener tutto, accade che la vita ti restituisca la parte più vera. Non sempre sarà quella che immagini… ma sarà quella che nutre le radici.

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