La doppia vita di mio marito

La Doppia Vita di Mio Marito

“Ancora non hai dormito a casa, Marco,” dico con voce calma, quasi gelida. Dentro brucio come se avessi ingoiato acqua bollente.
“Lo sai, Chiara, al pronto soccorso il caos continua…” balbetta lui.
“Pronto soccorso?” ribatto con un ghigno. “Allora perché la tua camicia profuma di Chanel n.5, e alle tre di notte eri su Instagram?”
Tace, distogliendo lo sguardo. Si strofina la fronte, sospira, cerca scuse.
“Ti spiego tutto. Non iniziare, non ora…”
Resto ferma. Vorrei urlare, scagliargli la camicia addosso. Non lo faccio.
In piedi davanti alla finestra, osservo il mio vicino baciare la moglie prima di uscire. Accarezza i capelli di sua figlia. Un tremito mi percorre: perché non è così per me?
Siamo sposati da nove anni. Mutuo, nostro figlio Matteo in terza elementare, conto corrente comune. La routine del caffè mattutino, interrotta da sei mesi: preparo solo il mio.
Lui parte presto per “l’ospedale” o torna tardi. Col tempo, il cuore mi suggerisce la verità: non è il chirurgo eroico. È un bugiardo. C’è un’altra.
I primi segnali li ho ignorati. Disattivò la geolocalizzazione: “il telefono è lento”. Smise di lasciare oggetti in bagno: “igiene chirurgica”. Mai senza cellulare.
“Non farti strane idee,” insisteva. “Sai che ti amo. Dove troverei energie per un’altra?”
Mentre si faceva la doccia, presi il suo telefono. La password? La conosceva persino il nostro gatto. Chat vuote. Instagram: solo calcio e colleghi. Ma io non sono ingenua.
“Se non trovi la verità, cerca chi la conosce.”
Parlo con suo fratello Paolo. Dopo esitazioni, cede:
“Non è stato con me ieri…”
“Ha un’altra donna?”
“Non proprio…”
“Cosa allora, Paolo? Dimmi.”
“Ha… una seconda famiglia. A Tor Pignattara. Una donna e un figlio. Tre anni.”
Gelo. Un figlio. Tre anni di bugie. Intanto io portavo Matteo a calcetto, stiravo camicie, cucinavo lasagne. Credulona da medaglia d’oro.
“Dove abita?”
“Non fare sciocchezze…”
“Dove. Abita.”
“Appartamento affittato. Ti dice che resta da me, invece va lì. Lei sa di te, ma lui le ha detto che vivete come coinquilini per Matteo.”
Bollivo di rabbia. Controllo ogni gesto.
Quella sera, preparo la cena. Matteo fa i compiti in cucina. Marco arriva. Lo bacio sulla guancia: ora so cosa cerca.
“Turno pesante?”
“Estenuante,” brontola. “Ragazzo con perforazione gastrica…”
“Marco… dopo cena non corri dal tuo bambino di tre anni?”
La sua forchetta si blocca. Le palpebre tremano.
“Cosa hai detto?”
“So tutto. Tor Pignattara, lei, tuo figlio.”
Abbassa lo sguardo.
“La ami?”
“Non so…”
“E me?”
Tace e distoglie gli occhi. La risposta è evidente.
Non dormo quella notte. Lui sul divano in sala. La mattina preparo la sua valigia.
“Parti?” chiede lui.
“No. Sei tu che vai via. Bagagli e illusioni incluse.”
“Sei forte, ce la farai…”
“Tu sei un vigliacco. Liberare anche questo.”
Due settimane dopo mi assilla: “Non puoi impedirmi di vedere Matteo!”
“L’hai già abbandonato,” replico. “Vattene da tua moglie Caterina e dal tuo piccolo ‘paziente urgente’.”
Assumo un avvocato. Scopro: ha riconosciuto legalmente quel figlio, usato i nostri soldi per l’affitto e comprato un’auto a lei. Io? Fiori a San Valentino e “ti amo” a caso. Ben organizzato.
Un giorno chiamo Caterina.
“Chi sei?”
“Quella che condivide tuo marito.”
Silenzio.
“Chiara?”
“Esatto. Sappi una cosa: stai con un uomo capace di mentire per anni. Nel prossimo episodio, sarai nei miei panni.”
Due mesi dopo, Marco è alla porta con fiori, cioccolatini e Barolo.
“Ho capito, perdono. Tu e Matteo siete la mia famiglia. Caterina è un errore. Vi manco…”
Lo fisso come un estraneo. Cosa è successo lì?
“Marco… io posso benissimo vivere senza di te.”
Non la smette: messaggi, chiamate, piagnistei.
“Perdona… sono uno stupido debole. Ma solo con te mi sento vivo…”
Vivo? Verifichiamo.
Av
La presi per mano e capii che quel piccolo gesto era la prima pagina di un libro nuovo, mentre il rosso delle mie labbra sorrideva più luminoso che mai.

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