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Fiammetta Rossini
Di solito per persone come me dicono “ha un dono”. Lei invece lo considerava una maledizione. Ma andiamo con ordine.

Appena nata, sua madre l’abbandonò davanti a un orfanotrofio. Ignorava il motivo; forse anche quella donna possedeva lo stesso “dono”, evitando così di tramandarlo alla figlia. Fatto sta che Fiammetta crebbe nell’istituto, ignorando ogni legame familiare. La sua particolarità fu notata da un’educatrice, Margherita Romano. Secondo il racconto della donna, Fiammetta stava giocando quando un bambino le strappò il giocattolo:
“Giuro che vidi Tommaso volare via come un fuscello, mentre lei riprendeva il suo pupazzo”.

Margherita, animo gentile, intuì subito l’unicità della bambina e la necessità di proteggerla dagli sguardi indiscreti.
“Non voglino farti diventare un esperimento”, ripeteva spesso.
Così la guidò nel controllare le sue capacità. Quando la rabbia la assaliva, Fiammetta spostava oggetti o persone con la mente. Avvertiva i campi energetici delle persone senza bisogno di conoscerle. In teoria un vantaggio, ma la lasciava isolata. Le famiglie adottive percepivano la sua diversità e la evitavano. L’unica amica nell’orfanotrofio era Caterina, che tutti chiamavano Rina.

Rina, quindicenne disperata perché “le grandi trovano radici difficili”, un giorno irruppe nella stanza con gli occhi scintillanti, travolgendo Fiammetta con un’energia frenetica:
«Fiamma! Mi adottano! Ho una famiglia!»
La trascinò al corridoio per mostrarle la coppia davanti all’ufficio della direttrice.
Uscirono due figure: lui, Paolo Andreani, ossa pronunciate, spalle larghe; lei, esile e tremula. Le loro auree strarono l’anima di Fiammetta. Dall’uomo emanava violenza grezza; dalla donna, paura e svuotamento. Mentre Paolo sorrideva a Rina («Domani ci porti a casa»), nella sua aura lampeggiò qualcosa di impuro… lussuria, non affetto paterno.

Nella loro stanza, Fiammetta tentò di mettere in guardia l’amica:
«Non mi piacciono. Quel Paolo sa
Ora, mentre stringo la mano di Rina e guardo la nostra nuova mamma preparare la cena, capisco che quel potere non fu mai una maledizione, ma il dono che mi permise di salvare la mia cara amica.

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