**Giovedì, 15 Marzo**
Non so niente, nel campo “padre” risulta il suo nome, venga a prendere i gemelli!
Tre anni dopo il divorzio, improvvisamente sono padre di due neonati. Colpa mia, avrei dovuto formalizzare le carte! Ma si è rivelata una benedizione…
Con Olivia eravamo sposati da dieci anni. Avevamo due figlie, Fiorella e Alba, nate a un anno di distanza. Una vita normale: lavoro di giorno, famiglia la sera. Poi, però, Olivia cominciò a tornare tardi: un’amica, la coda al supermercato, il lavoro che accumulava… Finché dei “benefattori” mi sussurrarono che aveva un amante.
Non esitai: le chiesi spiegazioni. Olivia si difese attaccando, come dicono qui: «La miglior difesa è l’attacco». Mi accusò di trascuratezza, di averla schiacciata nelle routine, di averle rubato persino l’amore delle bambine… Urlò che se ne andava dall’amante. E lo fece, lasciandomi le bimbe.
Fiorella e Alba impiegarono mesi a capire dov’era finita la mamma, ma si abituarono. Intanto mi offrirono un trasferimento a Milano per dirigere una nuova filiale. Accettai. Partimmo in fretta, senza aver formalizzato il divorzio.
A Milano conobbi Alessandra, mia coetanea con due figlie cresciute sola. Decidemmo subito di vivere insieme. Le ragazze, tutte di età simile, trasformarono casa in un allegro caos: risate, litigi per i giocattoli, un asilo vero e proprio! Io e Alessandra adoravamo quella confusione, ma in segreto speravamo in un figlio maschio. Senza successo.
Due anni dopo, quel telefonata assurda. Riconobbi il prefisso di Roma:
«Niccolò Bianchi?»
«Sì, dica.»
«Notizie spiacevoli… Sua moglie, Olivia Rossi, non è uscita dal coma ed è deceduta oggi. Venga a prendere i ragazzi, domani li dimettiamo. Per le pratiche funebri, parleremo domani.»
«Scherza? Non vedo Olivia da tre anni! Le mie figlie sono qui con me.»
«Non so niente, nel campo “padre” risulta il suo nome, venga a prendere i gemelli!»
Riagganciarono. Verificai il numero: era davvero l’ospedale romano. Alessandra mi fissava sbigottita, udendo tutto.
Partimmo all’istante, lasciando le ragazze dai nonni. All’ospedale incontrammo Sofia, un’amica di Olivia. Ci spiegò tutto: l’amante l’aveva lasciata appena saputo della gravidanza. La gestazione fu complicata – due gemelli! – e alla fine tutto precipitò… Salvarono i neonati, ma Olivia cadde in coma e morì. Registrando i bimbi, usarono i dati dell’anagrafe, dove ero ancora suo marito.
Sofia, piangendo, promisero aiuto e se ne andò. Alessandra intanto mi stringeva la mano con forza.
«Alessa, che hai?»
«Nico… li prendiamo noi, vero?»
Cercava di nascondere un sorriso raggiante.
«Chi? I gemelli?»
«Sì! Forse non avremo mai i nostri… e questi sono due, già pronti…»
«Non sono giocattoli, Alessa!»
«Nico, sono seria! Le ragazze impazziranno! E le tue troveranno dei fratelli di sangue! Ti prego…»
Non ressi. Portammo a casa Giacomo e Matteo. Demmo l’ultimo saluto a Olivia.
Le ragazze gridarono di gioia per i fratellini, chiedendosi come avessero fatto a non vedere il “pancione” di mamma Alessandra!