Valeria Rossi sistemò con mano tremula l’asciugamano sotto il vaso con i fiori e guardò di nuovo l’orologio. Meno di un’ora prima dell’arrivo degli invitati, e non riusciva a calmarsi. Sessanta anni, un traguardo importante. Voleva che tutto fosse perfetto.
— Letizia, sei quasi pronta? — urlò verso la cucina, dove echeggiavano colpi di pentole e utensili.
— Sì, mamma, finisco subito con gli antipasti! — rispose la figlia. — Controlla piuttosto Alessio, aveva detto che andava a prendere l’acqua minerale.
Valeria sospirò e si diresse alla stanza dello sposo di Letizia. Dopo dieci anni trascorsi sotto lo stesso tetto, non era mai riuscita a mettere a fuoco l’altra sua stranezza: la sua lentezza. Sempre “faccio subito” e “arrivo tra un momento”. Adesso Alessio era davanti al computer, assorto in qualcosa che scorreva sullo schermo.
— Ale, hai detto che andavi al negozio — disse Valeria cercando un tono dolce, ma con un vago filo di irritazione.
— Sì, cognata, arrivo — rispose lui senza girarsi, continuando a sbattere il tasto del mouse.
— Gli invitati saranno qui da un momento all’altro.
— Ci arrivo, non preoccuparti.
Rientrando in sala, Valeria strinse i denti. Lo stesso copione da anni. Se non fosse stato per Letizia, l’avrebbe spedito via da tempo. Dieci anni, e non c’era stato alcun progresso. Promesse per il proprio appartamento, ma niente di concreto. Per fortuna avevano avuto Caterina, la nipote, l’unica gioia per nonna Valeria.
— Nonna, c’è la torta? — chiese improvvisamente la dodicenne, comparendo nel corridoio come se avesse letto i suoi pensieri.
— C’è, tesoro, c’è. Il papà doveva prenderla in pasticceria.
Caterina aggrottò la fronte:
— Non la dimentica, vero? Ieri ti ha pure saltato l’allenamento di nuoto, che ti aveva promesso di accompagnare.
Valeria le sfiorò i capelli con delicatezza:
— Non ti preoccupare. Glielo ricordo. E vai a metterti il vestitino nuovo che abbiamo comprato.
Quando Caterina se ne andò, Valeria tornò da Alessio:
— Ale, non dimenticarti della torta. L’ho ordinata all’“Angolo Dolce” in piazza.
— Sì che mi ricordo — fece lui, scrollandosi di dosso la spallina dell’armadio. — Prima l’acqua, poi la torta. Tutto a dovere!
Quindici minuti dopo, Alessio finalmente si staccò dal computer, si gettò un cappotto addosso e si diresse verso la porta.
— Ale, hai portato i soldi per la torta? — lo chiamò Valeria.
— Pagata con la carta? — si fermò lui sull’uscio.
— No, ho versato solo un acconto. Il resto lo devi pagare a mano.
Letizia, uscendo dalla cucina con un asciugamano, intervenne:
— Mamma, c’è una carta sul tavolo, prendila. Ale non ce l’ha proprio, da un po’.
Valeria non rispose. Non voleva rovinare il momento con discussioni. Prese la somma e la diede al genero.
— Non stare via tanto — gli sussurrò. — E non dimenticarti l’acqua!
Mentre la porta si richiudeva, Valeria tornò al tavolo imbandito. Tutto doveva essere perfetto. Quel giorno avrebbe ricevuto vecchi colleghi, amiche di sempre e la famiglia. Trentacinque anni trascorsi nell’insegnare letteratura italiana. Era stata stimata, rispettata. Ora, anche a cinque anni di distanza dalla pensione, non voleva mostrarsi ridicola.
— Mamma, non ti agitare — disse Letizia abbracciandola. — Tutto andrà bene.
— Non mi agito — mentì Valeria. — È solo… importante farla bene.
La sorella, Tiziana, fu la prima ad arrivare, seguita da Nicola e alcuni vecchi compagni di insegnamento. Il salotto si riempì di risate, auguri, suoni di risate e calici di vino. Solo Alessio tardava.
— Letizia, chiamalo — sussurrò Valeria quando gli invitati si sedettero.
Letizia spostò lo sguardo con una smorfia tesa:
— Dice che c’era la coda in negozio.
Valeria scosse la testa. Ogni sua “coda” aveva qualcosa di inventato. Probabilmente era rimasto bloccato con un amico o aveva dimenticato.
— Non importa — disse con tono allegro. — Iniziamo senza di lui!
Gli invitati si gettarono a capofitto nei cibi: vellutata di zucca, bruschette al pomodoro, insalata caprese, arrosto alla pizzaiola. Valeria era famosa per le sue pietanze.
Ore passavano. Caterina si agitò. Letizia uscì più volte. Valeria cercò di intrattenere gli ospiti con storie di viaggi in Sicilia e di vecchi viaggi scolastici.
Poi, un suono strano nel corridoio.
— Finalmente! — disse Letizia correndo ad aprire.
Ma tornò con un’espressione stravolta.
— Mamma, puoi venire?
Valeria si scusò e uscì. Un uomo sconosciuto teneva una scatola enorme.
— Buonasera, sono di “Angolo Dolce”. L’ha ordinata lei, la torta?
— Sì, ma mio figlio non l’ha presa?
— No, è andata in ritardo. Allora l’ho portata io. Per il compleanno, no?
Valeria sentì una morsa allo stomaco. Dove era Ale?
— Grazie mille — pagò e posò la torta in cucina. — Letizia, dove è tuo marito?
— Non lo so — disse Letizia con lacrime negli occhi. — Non risponde al telefono da mezz’ora.
Valeria respirò a fondo. Per dieci anni aveva tollerato la sua irresponsabilità, le sue promesse non mantenute. Quel giorno era arrivata l’ultima goccia.
Con la torta sul tavolo, disse qualcosa che scosse tutti.
— Per dieci anni non sono intervenuta. Per voi. Per Caterina. Ora è finita. Ale non vive più qui. Ha ventiquattro ore per andarsene.
Gli invitati guardarono Alessio che entrò incespicando, con odore di alcol.
— Il compleanno! — disse lui, sollevando il bicchiere.
Silenzio. Valeria guardò Letizia, che ora sembrava sconfitta.
— Ti sei comportato come sempre — disse Valeria freddamente. — E questo era il prezzo.
Alessio si sedette, ma l’atmosfera era distrutta. Gli invitati iniziarono a prendere congedo.
— Posso mangiare la torta? — chiese Caterina.
La torta, con rose di chantilly e scritto “Auguri!” in oro, era al centro del tavolo. Una fine, forse, ma anche l’inizio.
Quella notte, Ale se ne andò. Valeria promise a Letizia un salvadanaio segreto che custodiva da anni. Un primo passo per un appartamento tutto loro.
Il compleanno aveva realmente posto fine a un capitolo, ma aperto un’altra parte del sogno. Fuori, una luce verdognola illuminava le strade di Roma, e Valeria sorrise, sentendo giungere i passi di un nuovo docente di letteratura, con un bouquet di margherite e un biglietto per la rassegna teatrale.
“Per il risotto…” disse lui, imbarazzato.
Lei, con la torta ancora a metà, lo accolse con un sorriso, guardando il tramonto che si dissolveva, e Caterina che danzava intorno a un tavolo di festa.





