L’amore tra noi: un legame inaspettato

Livia Rossini stava accanto alla finestra e guardava i bambini del vicinato correre nel cortile. Nella mano tremava la lettera appena consegnata dal postino. Le semplici parole scritte in una calligrafia familiare capovolgevano la sua vita.
«Livia, vieni subito. Devo parlarti. Chiara è gravemente malata. Giulia».
Quarant’anni di amicizia. Quarant’anni in cui si erano divise gioie, tristezze e segreti. Ma uno solo Livia non aveva mai potuto confidare a Giulia. Un segreto che bruciava nel suo cuore da ventitré anni.

L’autobus per il paese ci metteva due ore e mezza. Accanto al finestrino, Livia ricordò come tutto fosse cominciato. A chiara avevano ventotto anni, lei ventiquattro. Lavoravano entrambe in una falegnameria locale, abitate in due stanze separate da un muro. Le sere le dedicavano a tè, confidenze e progetti per il futuro.
Poi era arrivato Luca Bianchi.

Alto, slanciato, con riccioli scuri e gli occhi color dell’acciaio. Nuovo falegname in officina, e subito le ragazze si erano animate con un brivido di curiosità. Ma Luca guardava solo Giulia.
– Livia, – confidò Giulia in una notte silenziosa, – credo di essere innamorata. Davvero, per la prima volta.
Livia rimase in silenzio nell’ombra, con il cuore che si rompeva. Anch’io, pensò. Anch’io lo amo. Lo stesso uomo.

Luca propose a Giulia con i fiori seguendo la tradizione lombarda: un mazzo di rose profumate, un invito al cinema e passeggiate tra i giardini del lago. Livia assistette sorridendo alle loro uscite, sostenendo le loro chiacchiere e soffocando la sofferenza nel petto. Perché Luca era sincero, affidabile, esattamente l’uomo che lei aveva sempre sognato.

– Livia cara, – disse Giulia, cingendola con un braccio dopo le loro prime serate, – sono talmente felice! Oggi mi ha detto che mi ama. Ti immagini? Mi ama!
– Ti immagini, – replicò Livia, abbassando gli occhi.

Il matrimonio fu semplice, con i parenti del lago che arrivarono con i dolci tipici di Bergamo. Livia fu la testimone, pronunciò un brindisi dolce e ballò con gli ospiti, mentre dentro si sentiva spezzare l’anima. Quando i sposi partirono per la luna di miele, Livia si rinchiusse in casa, piangendo per giorni.

Un anno dopo, Giulia e Luca ebbero Chiara. Livia fu la madrina, sfrecciando ogni giorno con la sua bicicletta a portare pannolini e pappe. Non guardava mai Luca a lungo, evitando i suoi sguardi.
– Non so che faremmo senza di te, – disse Giulia una sera, adagiando la figlia. – Sei come una sorella.
«Se solo lo sapessi», pensò Livia.

A tre anni Chiara, i Bianchi ricevettero un’offerta di lavoro a Milano. Una promozione importante, uno stipendio migliore. Giulia la convinse a seguirli:
–Vieni con noi, Livia. Che può restare qui? A San Bartolo non c’è futuro. Milano è diversa.
Livia soffrì per un mese. Da un lato, non voleva abbandonare il suo mondo; dall’altro, capì che non avrebbe retto l’agonia di vederli felici.
– Non posso, Giulia. Mia madre sta male. Non la lascerei sola.
Una mezza verità. Sua madre aveva temperatura, ma non era grave. Livia doveva andarsene. Lasciare loro e il suo amoroso affetto.

Alla partenza, Giulia piangeva, Chiara si aggrappò alle sue gonne. Luca le strinse la mano, guardandola con uno sguardo che sembrò quasi pentito.
– Grazie per tutto, – sussurrò. – Tu sei… speciale, Livia.
Lei credette di veder un’amara tristezza nei suoi occhi, ma forse fu solo un’illusione.

Gli anni successivi furono difficili. Livia insegnò in una scuola elementare, badò alla madre, ma nessun uomo riuscì a competere con Luca in silenzio. Le lettere di Giulia arrivavano regolarmente, poi telefonate, e lei ascoltò le chiacchiere senza mai confessare.
– Com’è Luca? – chiese una volta, cercando di parlare con indifferenza.
– Lavora tanto. Ora siamo solo… amici, – rispose Giulia.
Livia temette che l’amore fosse stato solo un’illusione, ma non disse niente.

Otto anni dopo, Livia rimase sola nel paese dopo le esequie della madre, insegnando nelle scuole locali. Poi Giulia e Luca divorziarono, venti anni dopo. Chiara era sposata con due bambini.
– Forse stava meglio così, – disse Giulia. – Non stavamo più insieme. Lavorava e lavoravo con i nipoti. C’era una sorta di freddo.
Livia sentì sollievo. Forse anche quell’amore aveva perduto l’anima.

Quando Livia arrivò a San Bartolo, il paese aveva cambiato aspetto. Nuove villette, strade asfaltate. Ma la casa di Giulia, con il giardinetto fiorito, era immutata. Giulia l’abbracciò, con capelli grigi, ma gli occhi gentili come sempre.
– Livia cara! Entra subito, tè con le erbe del lago.
Mentre chiacchieravano di nodi banali, Giulia diventò agitata.
– Sapete, Chiara ha un male grave. Cancro avanzato. Il dottore ha detto…
Livia si gelò. Sua figlia, la ragazza che aveva insegnato a leggere, sposata, madre.
– E Luca, – aggiunse Giulia, – ora vive qui. Chiara ha insistito.
Il cuore di Livia accelerò. Ventitré anni senza vederlo. Ora.

Seduti in terza: Livia, Luca, Giulia. Lui, con la barba bianca, occhi stanchi ma lo stesso sguardo attento.
– Livia, – disse Luca in un momento di silenzio, – pensavo sempre a te. Soprattutto negli ultimi anni, quando le cose con Giulia andavano male. Tu eri… il cuore di quella casa.
Lei arrossì.
– So di essere stato un egoista, – sorrise lui. – Quando ti vidi partire, mi sentivo un idiota.
Livia non trovò parole.

Chiara fu buona fino alla fine. Non disse mai nulla, ma quel sentimento che Livia aveva nascosto era chiaramente visibile nei ricordi dell’ultima notte.
– Sai, zia, – le disse con una voce debole, – ho sempre saputo che non eri solo una zia. Tu sei… speciale.
Livia non capì. Forse Chiara aveva colto un alone di stranezza.

La sera dello stesso giorno, dopo che Giulia si addormentò, Luca chiese:
– Perché non ti sei mai venuta con noi a Milano?
– Perché ti amo, – sussurrò Livia. – Ma non volevo soffrire.
– Anch’io ti amavo, – replicò lui. – Forse di più di Giulia. Ma ti dovevo rispettare.

Pianse con lui, per Chiara, per la vita persa, per il tempo irrecuperabile.
– Che sciocchi abbiamo fatto, – disse Livia.
– Abbiamo provato a essere onesti, – rispose lui. – Forse non è poco.

Chiara morì un mese dopo. I funerali furono tranquilli. Luca rimase a San Bartolo.
– Perché, – chiese Giulia, – non continui a vivere a Milano?
Lui sorrise a Livia.
– Penso che resterò qui. Con voi.
Passarono i mesi insieme, Giulia e i suoi nipoti, Luca e Livia. Diventarono vicini di casa, ma felici. Forse l’amore non è solo giovane, ma matura quando le anime sono pronte.

Ora, di notte, tutti e tre seduti sulle panchine fuori casa, si ricordano del passato. Livia sa che forse non c’è destino, ma solo un destino che emerge quando le porte si chiudono. E ama lui. E lui ama lei. Adesso lo sanno.

E il postino, con la sua bici gialla, entra in paese come sempre, portando una lettera con le radici dell’anima.

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