Il sorriso di lei dopo la partenza del marito

Luca si chiudeva in cucina, percorrendola su e giù con nervosismo. L’atmosfera fumigante del minestrone non riusciva a lenire la sua irritazione: “Santo cielo, non ce la posso più. La solita routine! Torno dal lavoro e trovo sempre questa atmosfera asfissiante!”
“Di cosa parli?” chiese Isabella senza voltarsi, mescolando lentamente il brodo. Le sue spalle, però, si irrigidivano impercettibilmente.

“Di questa tua freddezza! Passi giorni con il naso nel telefono, chiusa nel tuo mondo, dimenticandoti di me!” Luca sbatté le mani sul tavolo. “Quando hai fatto la spesa insieme a me l’ultima volta? Quando hai letto un libro che non fosse un catalogo di arredamento?”

Isabella abbassò il cucchiaio, fissando il minestrone con insistenza. “Sono stanca, Luca. Le mie giornate sono piene.”

“Piene! Mancano tre anni al nostro matrimonio e ti lamenti di essere occupata!” Luca si passò le mani tra i capelli. “So che hai un gatto – Giorgio – ma lui non ti fa le sorprese come quelle che facevamo una volta. Non ti chiede quando andiamo a mangiare un gelato.”

Isabella si girò verso di lui, la luce fioca del pomeriggio accentuando le ombre sotto i suoi occhi. “Eri tu che non insistevi più,” disse piano. “Pensavi che bastasse un invito a cena ogni mese per essere felici?”

Lui si bloccò, imbarazzato. “Non è questo. È… non voglio stare qui.” Si morsicò le labbra, come se le parole gli bruciassero in gola. “Hai capito. Mi sono annoiato. C’è qualcun’altra.”

Isabella spostò la pentola in un angolo, guardandolo con un sorriso strano: non triste, né accusatorio, ma quasi riconoscente. “Allora vai. Fai le valigie. La stanza di sopra è sempre tua.”

Luca la fissò, sorpreso da quell’atteggiamento. “Non sei nemmeno triste?”

“Non ho più lacrime per te,” rispose, prendendo un tovagliolo orlato per asciugare un’immaginaria goccia di brodo. “E neanche perché ti svegli con il sole, Luca. Hai sempre odiato i gatti. Anche Giorgio era geloso del tuo ex boss.”

Il marito uscì a gamba tesa, non senza precedere un “Non ci siamo mai capiti, ecco!” urlato in mezzo ai rumori della Roma in fermento.

Isabella rimase sola, sentendo l’adrenalina calare come dopo un concerto. Non aveva mai permesso alle cose di esplodere in quel modo. Ma adesso la stanza era silenziosa, l’odore del minestrone si mescolava ai ricordi粉尘 di tante cene monografiche, e la sua risata fuori posto suonò quasi liberatoria.

Il sabato seguente, seduta a un tavolino del Caffè Greco, Isabella fece una strizzata d’occhio a Chiara, sua amica irriducibile. “Qual è la storia con tuo marito?”

“Lo sai che è andato in Assisi per un weekend con una divorziata che ha un blog su come trasformare i fornelli in caminetto?” disse Chiara con un sorriso sornione. “Davvero, Isabella, non ti manca?”

“Manca poco, ma non lui,” replicò Isabella bevendo un sorso di limoncello. “Manca il gatto che si arrabbiava con le mie nuove scarpe. Mah, forse ora Luca si renderà conto che non sai mai davvero che si mangia con un ‘cocomero’.”

“Non mi sembri te, tesoro. Eravamo sempre tu e le tue liste di regole.”

“Ecco, forse l’interra era troppo,” disse Isabella, guardando fuori da un’opera d’arte al centro del piazzale. “La vita era una colonna sonora in loop. Ora è un jazz improvvisato.”

La sera stessa, ricevette un messaggio da sua cognata Antonietta: *”Ehi! È vero che hai…?”*

Isabella rise tra sé. Antonietta era convinta che i matrimoni si potessero rammendare con un po’ di prosciutto e una preghiera. Ma adesso, con il rimborso del canone di pagamento per le ratei della rata del mutuo ormai versate, l’idea di diventare… non zia, ma qualcosa con un gatto di mezzo le sembrava più promettente.

Un mese dopo, al mercatino dell’antiquariato, incrociò Luca per caso. “Ciao,” disse lui, con un bicchiere di Aperol in mano. “Ti sei sistemata con quella stanza?”

“Mi sono sistemata con una stanza che ha finestre vere, come quelle che hai sempre odiato,” rispose Isabella indicando il suo appartamento ristrutturato. “Hai aggiunto qualcosa alla tua libreria, invece?”

Lui sorrise, guardando il cielo romano. “No. Ho imparato che il rimpianto migliore è quando non ti scordi nemmeno di cercarlo.”

Mentre i tram del Trenino Blando scalpitavano a fianco del Piazza Navona, Isabella si domandò se avrebbe mai rimpianto le sue scarpe corte. Probabilmente no. Adesso aveva abbastanza spazio per camminare con le nuove.

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