Allora, ti devo raccontare questa storia strana, così ti tengo aggiornata. Mi trovavo a lavorare come segretaria del responsabile tecnico in un’industria enorme a Torino, tipo Azienda Meccanica. Il personale era centinaia, tutti diversi tra loro. A ognuno la sua storia, ma ce n’era una che faceva scalpore… La chiamavano tutti Giuditta il ruscello. Aveva quasi cinquant’anni, eppure nessuno l’aveva mai sentita chiamare con il nome completo. Era una di quelle persone che non si fermava mai, correva veloce tra i reparti, parlava a voce alta perfino sopra il rumore delle macchine. I suoi passi risuonavano ovunque, e il suo camminare faceva pensare a qualcuno che non ha tempo da perdere. Ogni giorno percorreva chilometri in厂区, attenta a tutto, e non si faceva problemi a prendere in mano situazioni complicate. A volte diceva, “Questa non c’entra niente, masticala con un crostino!” e ci riusciva sempre. Era troppo diretta, sinceramente. Non aveva molte amiche, forse perché sapeva parlare sempre da sola. Sembrava non le interessasse altro che ficcare il naso. Si vestiva un po’ stravagante, ma si curava i capelli e le unghie con precisione. Mai l’avevo incrociata, visto che ero nella segreteria, ma le voci giravano sempre per i corridoi.
Poi è arrivato un nuovo Direttore Tecnico, un certo Giorgio Moretti. Mi sembrava un bel tipo, ma di anni ne aveva tanti da mangiarsi. Non pranzava mai in mensa, portava cibo in thermos e il suo ufficio sentiva sempre di roba buona. Io mi cibavo solo di panini con il thé. Poi, poco alla volta, iniziò a invitarmi a mangiare con lui. “La moglie pensa che sono un elefante,” rideva lui. Io, che non mangiavo mai a sufficienza, non ho resistito e accettai. I suoi pranzi diventarono un momento fisso. Lui mi raccontava sempre di sua moglie Giuditta, una donna seria, con quattro figli suoi. Lampo: un tempo aveva avuto un flirt con una collega più giovane e ne era nata una figlia fuori matrimonio. La ragazza si era rifiutata di prenderla. Giorgio aveva confessato tutto a Giuditta, e lei, anziché andare su tutte le furie, aveva detto: “Se Dio ha voluto darci un altro figlio, non possiamo rifiutarlo. La chiameremo Giuditta.” Com’è stato di cuore grande! Ora la figlia ha diciassette anni e aiuta sua madre in casa. Dimmi, ti rendi conto? Poi ha salvato la sorella da un debito enorme dopo un brutto incidente, quasi a costo della sua stessa famiglia. Giuditta è davvero una santa, mi dicevo sempre.
Una volta entra nell’ufficio sua moglie, che si presenta come Giuditta Antonella. Io rimango basita perché non sapevo nemmeno che esistesse. “Io sono la moglie di Giorgio,” dice, “posso entrare pure senza prenotazione?” Ed ecco che la conosco finalmente. Le chiediamo di pranzo e ci spiega che volevano presentarmi Vittorio, il figlio mediano, che cercava una fidanzata. Ecco, siamo diventati anche noi un po’ parenti. Ti immagini? C’è Giuditta il ruscello che si muove veloce come sempre, e chi capisce chi è chi? Alla fine, davvero, la famiglia Moretti è un’emozione a parte.