La Propria Famiglia

La famiglia mia
Isabella controllò una volta di più la casa. Tutto sembrava a posto, niente fuori posto. Gli elastici dei capelli alle bambine erano ben fissi, il viso di Matteo pulito. Annamaria sedeva sul divano, elegantemente vestita. Luca aveva telefonato ieri, ha detto che sarebbe arrivato oggi, non da solo, ma con una sorpresa.
Sarà andata di corsa via dal municipio, l’unico posto con il telefono, verso casa. Roba da matti, non lo vedevamo da quasi due mesi. Era partito dicendo che doveva guadagnare, aveva preso un lavoro in Sicilia.
Io ne piangevo:
-Zeco, che famiglia è questa? Tu sei là e noi con i bambini soli qui.
-Non piangere, quasi mi metti in fuga! Sai che dobbiamo cambiare il tetto, le ragazze devono andare a scuola quest’anno, e da queste parti non c’è lavoro.
-Si, lo so, Zeco, ma non mi ci vuole. Forse dobbiamo andare anche noi con te.
Mi ha spostato da un lato:
-Isa, per carità! Così spendo di meno! E se andiamo tutti, tiriamo su l’affitto, tu non sai che razza di prezzo chiedono là!
Capivo che aveva ragione, e che i soldi ci mancavano. Meglio star da queste parti dove lavoro un po’, e abbiamo un posto fisso. Battere il pugno sul petto non voleva, ma l’ho dovuto lasciare partire.
Dopo un mese arrivò il primo bonifico. Mi misi il vestito più bello per andare in ufficio postale. Così le donne non avrebbero potuto dire niente. Tutta la gente ci mormorava dietro, che Luca non tornerebbe mai, che aveva mollato la famiglia per fuggire in città. Crocifiggevano lo sguardo, ma sapevo che stavano zitte. Ho raccolto i soldi quando la metà del paese era lì per prendere la pensione. Così tutti hanno visto.
Sono andati. Sbuffavano, facevano commenti sarcastici. Almeno, così mi sembrava. Ieri lui ha telefonato. Che sorpresa vuole portare, curioso. Ma non importa. Lui è qua! Non vedo l’ora. L’ho pure acceso il camino perché appena lo sento, lo tengo stretto, lo laviamo via da tutta l’aria del viaggio. Così i bambini non si imbacucceranno male.
Annamaria si rideva di me:
-Che scampania, ti muovi come un tordo spaventato! Cos’è quel tipo, un ex amante che torna in scena?
-Annamaria, non scherzare! È tuo figlio, e cerca di farsi valere, guadagna bene là.
-Povera Isabella, ma non sai che lui con le sue manacce non guadagna un cazzo, state tranquilli!
Sospirai. Aveva ragione in parte. Anche gli altri qua si arrangiavano, mantenevano la famiglia. Luca invece diceva che buttava via il denaro per questi spiccioli. E da queste parti lui, come si chiama? Magazziniere? Si svegliava due volte al mese per aprirgli i rubinetti, e via. Ma non ci pensavo. Era cambiato, era andato per noi.
-Mamma! C’è papà!
Mi guardo allo specchio. Tutto a posto. Devo mostrare come mai lui ha lasciato la sua vita per tornare qua. E quei curiosi vestiti sull’altro balcone.
Esco e lo vedo. Luca e la sorpresa. La sorpresa la tiene con sé. Un metro e sessanta, truccata a strascico, capelli rossi lunghi che cadono.
Mi ghiaccio. Lo sguardo della gente per strada lo sento per davvero. Luca apre il cancello, introduce questa… Antonella, e ci passano davanti.
-Chi è, Antonella?
-Isa… dico che sposo questa.
Il cuore mi si rompe.
-E io? I bambini?
-Solo smettiamo, non facciamo scene, entriamo a parlare.
Ma in cima alla porta si presenta Annamaria.
-Ci hai provato. Non hai nemmeno un figlio.
Luca la guarda sorpreso.
-Va’ bene, mammina ti scaccia?
-Tu non sei più mio figlio.
Se va dentro, zoppicando. È da anni che le gambe stanno male. Si chiude la porta. Dalla piazza:
-Sei tosta, Annamaria! Fame i fatti tuo!
Luca rimane fermo mezzo sconvolto, mentre Antonella lo tira per un braccio:
-Zeco, non avevi detto che casa era tua e che l’avresti venduta?
Quasi mi svenni. Quella casa infatti fu registrata a Luca. Prima del matrimonio Annamaria glie l’aveva regalata, lei diceva fosse un dono da sposati. Era grande, ben fatta. L’aveva costruita suo padre quand’era malato.
Luca si volta come un cerbiatto, prende Antonella per mano e se ne va via, zampettando con difficoltà nel fango. Antonella scalza i tacchi ma non si ferma.
Rientro in casa e mi butto sul letto. Piango, urla, i bambini vengono.
-Mamma non piangere, mamma…
Pensavo che il mondo era finito. Che non sarebbe andata peggio. Invece sì.
Due settimane dopo, si vede un’automobile davanti. Non ci sono come quelle qua. Ne scendono due, uno anziano e uno giovane. Lo stesso colpisce Isabella:
-Ivanovna Isabella?
-Si…
-Devi svuotare casa entro domani.
Isabella si confonde.
-Come? Ma questa casa è nostra!
-Apparteneva a Luca, l’ha venduta. Guarda i documenti, domani arriva il nuovo padrone e la famiglia.
In piazza si sono radunate le donne:
-Povero Luca, non fa niente per salvarla!
-Spiegati, cretino!
L’altro uomo si gira.
-Popolo, non urla! Casa venduta, qua ci sono i documenti, io un intermediario!
Ma i curiosi non ne vogliono sapere. Qualcuno corre a chiamare i carabinieri, se non fosse arrivato in tempo, i due avrebbero rischiato di rimettersi in viaggio a suon di pugni.
-Che succede, amici?
Gli uomini parlano, i carabinieri si confrontano con i documenti. In piazza ci siamo quasi tutti. A Isabella aveva dato le calme due pastiglie di valeriana all’anziana, i bambini si stringevano alla nonna. Matteo guardava male, le gemelle Laura e Angela piangevano piano, non capivano ma sentivano di dover stare all’aperto con stranieri dentro casa loro.
Il carabiniere si alza.
-Madonna Annamaria, Isabella… Quando Luca ha venduto la casa legalmente. Puoi fare causa, ma costa tempo…
Il venditore tiene il foglio.
-Domani casa vuota, e qui c’è l’elenco dei mobili che restano. Non tutti, ma pure tanti.
Glielo consegna, sale in auto e via. Isabella resta lì con quel foglio.
-Isabella…
La voce bassa è di Vecchia Rosa. Abita al limitare del paese, tranquilla, sola.
-Venite da me, Isabella. C’è una stanza libera. Magari risolviamo.
La gente silenziosamente aiuta. Nessuno parla, che senso ha?
Un anno dopo…
-Isabella, guarda come sono brave le ragazze!
Isabella ride. Appena da scuola con le giovani Laura e Angela, passeggia con rotoli di attestati. Annamaria e Vecchia Rosa dietro il tavolo, a guardarli, una tazza di caffè in mano. Si sono legate in poche settimane, trascinano il loro tempio, il giardino, e la casa è diventata quasi loro. Le ho dimenticate, mamma che non è madre e nonna che non conosceva.
Un giorno, Annamaria quasi cade ai suoi piedi:
-Perdonami, Isabella, quel figlio avevo allevato. Non so da dove cominciare, se mi hai da mandare via io vado. Capisco.
Isabella la alza.
-Che dici? Ero io a sposare quel bastardo, non è stato costretto nessuno. Non andare via, questa casa è nostra!
E abbraccia tutti, piangendo. Anche i bambini la stringono, piansero finché gli occhi non si prosciugarono.
Isabella non passava più davanti a casa sua. Sa che l’avevano comprata per vacanze, gente ricca da fuori. Che c’entra con me, sono affari loro.
Federico, il figlio maggiore, corre:
-Mamma! Mamma! È tornato papà!
Isabella sente un dolore al cuore.
-Come?
-Con la valigia. C’è là davanti al cancello.
La guarda alle donne, alle bambine. Si tira su e va. Tutti la seguono.
C’è Luca. Antonella lo ha cacciato sei mesi fa. Quando i soldi finirono, lo ha buttato fuori. Allora lui capì. Non poteva tornare qua, ma dove andare? Provò lavoro qua e là ma niente, troppo duro, o non lo apprezzavano. Si buttò, e decise di tornare. Che doveva stare con i bambini, con sua madre. Sono loro la sua famiglia.

Isabella si ferma in cima alle scale. Gli altri zii alle spalle. La gente s’è radunata, la voce correva veloce.
-Che vuoi?
Luca la guarda sorpreso. Sempre dolce lei, pronta a perdonare. Ma oggi non è la stessa persona.
-Vedo che non sei contenta di ritrovare tuo padre?
Vuole attaccare.
-Sì? Allora siedi a tavola, prepara un po’ di minestrone…
Le sopracciglia di Isabella salgono.
-Quale tavola? Qual minestrone?
-In fondo non starete in strada! E t’inviterò alla tavola, magari hai fame!
-E dài che hai visto! Forse regali per i bambini hai portato? Da tanto che non si vede?
-Manco. Sto con i soldi adesso…
Qualcuno ridacchia:
-Pare proprio un donnaiolo!
Luca si irrita. Non vuole litigi, ha fame, è stanco.
-Tanto entra, mangiamo, dormiamo un poco.
Isabella sorride.
-Chi dice non.
Prende un arcione, lo fa ruotare.
-Che, no?
Gli uomini in piazza urlano:
-Fiama, Isabella! Buttalo via, lo stronzo!
Luca capisce. Scappa. La valigia glielo fa andare piano. L’arcione lo colpisce in schiena, manca la valigia di poco. La gente applaude:
-Che ce l’ha fatta, Isabella! Dà un altro colpo!
Rientra in casa un’ora dopo, sorridente e rialzata. Abbraccia tutti, madre e figli.
-Vieni dentro! Ho comprato una torta per i certificati, quasi me l’ero scordata!
Chiuda la porta, fuori c’è il mondo ma dentro abbiamo un tesoro.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 + two =

La Propria Famiglia