La moglie non disse nulla. La suocera, invece, non fecero mancare le sue perle di saggezza. “Alessandra, che splendore! Sei una hostessa nata, non solo per il look ma anche per l’appuntamento serale. Che fortuna per il nostro Pietro!” Rosaria Antonietta, con il suo sorriso che sembrava recitare una parte in un film di commedia, affondò i denti in una lasagna fredda. “Mio povero marito, ora lì in cielo, s’incaponiva sempre a dire che la bellezza è un dono di Dio, ma solo se accompagnata da un po’ di organizzazione in cucina.”
Alessandra sorrise, si alzò da tavola e si diresse in cucina in cerca di un po’ di insalata fresca. Era ormai abituata a quelle perle della suocera, spesso seguite da un pizzico di critica camuffata in lusinghe.
“Venendo al dunque, Pietro dovrebbe ringraziare Sant’Antonio per averti regalato. Se penso alle ragazze di oggi, che passano le sere nei locali e non solo per un aperitivo…” continuò Rosaria Antonietta, ignorando che suo figlio stesse già assumendo un’espressione concentrata, come davanti a un esame di fisica. “Parlo da esperienza, mia cara: un tempo donne come te erano rare e pregiate, come il balsamico tradizionale.”
Pietro lanciò un’occhiata disperata a sua moglie, che ormai tornava in tavola con il piatto.
“Perché non provi questa ballottola di gamberoni?” propose Alessandra con tono tranquillo, fingendo di non aver colto l’implicito.
“Carina, cara!” approvò Rosaria Antonietta. “Non ti preoccupare, il vostro percorso lo vive poeticamente. Io, lo sai, a ventidue anni non facevo altro che crocifigermi per un figlio, eppure non avevo nemmeno una sveglia digitale a casa.”
Alessandra si limitò a stringere le labbra. Aveva trentadue anni, e gli aggiornamenti sull’argomento maternità, dopo tre sessioni fallite di fecondazione in vitro, avevano un effetto preciso: farle salire il sangue alla testa.
“Papà, cambiamo discorso!” intervenne Pietro, prendendo la mano della moglie. “Come va con il ristrutturazione della vostra baita a Verona? L’ho sentita improvvisare anche come impresario di un mercato delle pulci.”
“Ma quando mai! I ragazzi dei lavori hanno combinato un pasticcio con gli stipiti; e con queste gambe da signora dell’800…” si lamentò, girando una maniglia. “Fortuna che Paola, la vicina, ogni tanto passa a darmi in bocca alla forca.”
“Aiutavamo noi, invece,” rammentò Pietro.
“Ma dove eravate cchiù impegnati col lavoro, naturalmente!” precisò con un sospiro. “E quando si trova il tempo per le zie? E per i nonni, protagonisti del cinema casa?”
Un silenzio pesò sull’atmosfera.
“Papà, ricordi Valeria, figlia della vecchia signora?” chiese improvvisamente Rosaria Antonietta, il viso improvvisamente estatico. “Già con in gestazione il suo terzo figlio e dirige un ufficio di consulenza tributaria. Ecco, lì sì che capisci chi è una signora fatta e finita!”
“Benissimo,” disse Pietro, “ora che sei fifa, vorresti provare un po’ di torta di mele? La nostra sposina l’ha preparata apposta.”
“Naturalmente! Piega, confessatemi, che non vorresti ricominciare a cucinare ogni domenica!” commentò Rosaria, girandosi verso Alessandra.
Pietro strinse forte la mano della moglie, iniziando a far oscillare il polso. Eppure quel movimento non sembrava una richiesta di aiuto, ma quasi un riconoscimento di schiavitù domestica.
“Ma non ti senti perplesso, Papà? Sempre con queste chiacchere?” domandò infine Alessandra, tentando di non mostrare il fastidio.
“Vediamo, non ti sei mai mossa: io non capisco!” esclamò Rosaria. “Però ti prego, ascolta: non tutti i mesi sono fertili come i sacchetti di plastica.”
Lo sguardo di Alessandra si perse nel legno della tovaglia. Era ormai da anni che aveva imparato a non reagire, come un’automobiline con la sabbia nella benzina.
“Papà, ti ribadisco: smettila,” intervenne Pietro.
“Però non so chi mi sta spingendo a dirti che l’acqua sfolgora melhoresse!” esclamò Rosaria, trattenendo una lacrima. “Eh va bene, dài, non ti spaventare. Vieni qua, non hai tratti di tigre.”
“Nonostante quella in pelle, ti ricordo che ho tre anni meno!” replicò Pietro.
“Sì, sì, come la differenza tra un euro e una lira,” minimizzò Rosaria. “In fondo, non sono altro che una vecchietta sdraiata su un’amaca.”
Dopo un momento di silenzio assordante, Alessandra si alzò, dichiarando di dover telefonare e si ritirò in camera.
La voce di Pietro si abbassò: “Perché ti ostini a parlarne?”
“Ma sto solo sostenerti!” rispose la suocera, stringendosi la gonna. “E ti consiglio Alberta, la guaritrice a Bologna. Le dicono Mida!”
“Okay, basta,” disse Pietro in tono severo. “Ti crediamo che hai letto l’intero dizionario italiano, ma non hai idea di come si affrontano queste crisi.”
“Papà, ma quando mai…” esclamò Rosaria, stavolta con uno sguardo quasi di terrore. “Non sono mai stata tanto matura per farlo!”
Alessandra tornò, tentando un sorriso inquietante. “Papà, prenderai un tè in accompagnamento al dolce?”
“Ma no, ho i nervi!” confessò la suocera. “Vediamo, invece, cchiù che un caffè per un cioccolatino!”
La serata terminò con aneddoti sull’età matura, commenti tristi sui figli che telefonano solo ai tempi delle bollette, e battute a mezzo sulle zie felici.
Quando Rosaria uscì, Pietro le promise di accompagnarla con un taxi. In realtà, era un leak per non restare solo con la moglie, che aveva un’aria da cerbiatto in un’autostrada.
“Papà, ma perché vai a controllare la bussola della vita?” chiese Alessandra, cercando di nascondere il dolore.
“Perché me lo dice la scritta in fondo al collo!” rispose con una risata.
Il lunedì successivo, alle poetiche ore due del mattino, il telefono squillò di nuovo.
“Signorina, mi può aiutare a capire?” domandò con un filo di voce.
“Ma non hai dimenticato qualcosa?” replicò Alessandra, sospettando lo scherzo.
“No, ascolta,” disse la voce tremante. “Posso dirti una cosa che non ho mai confessato a nessuno. Dopo il nostro Pietro, ho avuto tre aborti spontanei. Non te l’ho mai detto perché… mi vergognavo. Sono anni che non ho il coraggio di confessarlo a qualcuno.”
Le parole caddero come acqua fresca. Ma non solo rinfrescarono, presero forma di lacrime.
“Ma quando mai…” sospirò Alessandra, stavolta con uno sguardo quasi di compassione. “E perché non hai mai detto…”
“Perché volevo coprire la paura!” rispose la suocera. “Vedendoti sorridere davanti a figli al parco, ho pensato che il destino mi stesse facendo uno scherzo.”
“Ma perché hai dato la battaglia per noi?” chiese Alessandra, con il petto stretto.
“Porca miseria, ho pensato che se avessi insistito, voi alla fine l’avreste affrontato più in serietà,” confessò.
Inaspettatamente, quelle rivelazioni crearono un legame inaspettato. Rosaria riconobbe la sua fragilità, mentre Alessandra comprese il peso della sua ansietà.
Un mese più tardi, Pietro vide sua madre non solo cucinare crostata, ma anche trascorrere ore con Alessandra, parlando con un linguaggio da donne adulte.
“Ma non pensare che siamo pronte a smettere con i figli!” chiarì la suocera. “Ce ne sono tanti, anche da adottare. E chissà, magari ci riusciremo anche voi.”
“Quindi non ci saranno più quelle serate del figlio?” rise Alessandra.
“Porca miseria, ho capito!” disse Rosaria con un sorriso.
Ancora una volta, il silenzio dimostrò la sua forza. Ma questa volta, non era solo ferocia: era anche una maniera di fare pace.
E un anno dopo, mentre Rosaria insegnava ad Alessandra a intrecciare Cestini di pasqua, il sogno delle due donne era quasi tangibile, come un sentimento che ci vuole tanto per essere capace di nascere.