Le mamme delle mie amiche sono giovani e belle, mentre la mia sembra una nonna: che delusione!

“Le amiche hanno mamme giovani e bellissime, mentre io no. La mia sembra più una nonna, che rabbia…”

“Lucia, oh Lu’! È arrivata tua nonna!” Lucia sbircia nel corridoio e aggrotta le sopracciglia: accanto al muro c’è sua madre.
“Mamma, ma perché vieni a prendermi… Potrei tornare da sola, sai? Non sono più una bambina!” dice Lucia, fissandola con sguardo irritato.
“Lucetta, ma fuori è buio. Non è sicuro per una ragazzina camminare da sola di sera,” si scusa la madre.
“Mamma, che sera! Sono le sette di sera. E casa è a due passi… Sono grande, ho quasi tredici anni!” La ragazzina afferra lo zaino e scappa dalla scuola di musica.

Lucia era nata quando i suoi genitori avevano ormai perso ogni speranza. Il primo sospetto che Rita aspettasse un bambino li colse di sorpresa, mentre si preparavano per una cena con gli amici.
“Marco… Non mi sento bene… Mi gira la testa, forse ho mangiato qualcosa di avariato… Mi metto un po’ a letto. Vai pure senza di me…” Ma lui, ovviamente, non partì.

Rita stette male due giorni, curandosi con rimedi della nonna: tisane, digiuno, brodini… Ma non migliorava, e al terzo giorno Marco, nonostante le sue deboli proteste, chiamò il medico.
Il dottore la visitò, ascoltò il respiro, controllò la gola, le misurò la febbre e fece domande strane, che a lei sembravano del tutto fuori luogo. La guardava con un’aria sospetta, quasi divertita. Avrebbe voluto sgridarlo per la sua scarsa professionalità, ma non aveva la forza…

Il giorno dopo, seguendo il consiglio del medico, andarono dal ginecologo.
Marco rimase in corridoio, nervoso, camminando avanti e indietro… Quando Rita uscì, si spaventò per l’espressione sul suo viso. Prima sorrise tremante, poi scoppiò in lacrime, porgendogli un foglio. Lui lo prese con timore, aspettandosi chissà quale brutta notizia.
“Marco… Marcello… Avremo un bambino.” Rita pianse a dirotto, coprendosi il viso. Lui la strinse e tacque, sconvolto da quella notizia, quasi non credendo alle sue orecchie.

Avevano quarantadue anni. Rita partorì a quasi quarantatré, ed era la più anziana dell’ospedale. Le infermiere la chiamavano “la signora matura della stanza otto”.

Ma, sorprendendo tutti, il parto andò liscio. Meglio che per molte mamme più giovani. La bambina nacque grossa, sana e strillona.

Da piccola, Lucia non notava la differenza tra sua madre e quella della sua amica Sofia. Una mamma era una mamma. Ma crescendo, sentì per la prima volta la cruda verità all’asilo.
“Mamma, la mamma di Lucia è vecchia e presto morirà. I vecchi muoiono, vero?” disse un bambino del suo gruppo.
Lucia, senza pensarci, gli tirò un colpo con un sonaglio. Per fortuna era di plastica: finì solo con un bernoccolo, ma la madre del bambino urlò come un’aquila.
“Figurarsi, far figli a quell’età! Invece della pensione, si sono presi una bambina! E non sanno neanche educarla! Denuncerò tutto, vedrete!”

A casa, Lucia ebbe una lunga chiacchierata con i genitori, ma da quel giorno pestò chiunque osasse fare commenti simili. Eppure, dentro di sé, iniziò a vergognarsi dei suoi genitori…

A scuola, i colloqui erano un incubo. Immaginava la maestra che, per qualsiasi motivo, si rivolgeva ai suoi genitori. Li vedeva lì, invecchiati, fuori posto… Ma questa vergogna le servì anche da sprone: studiava alla perfezione, senza mai dare un motivo di rimprovero.

Certo, amava sua madre e suo padre con tutto il cuore. Ma quanto avrebbe voluto che sua madre assomigliasse a quella di Elisa, che sembrava una sorella maggiore, o che suo padre fosse come quello di Leo, con quei fantastici pantaloni di pelle e la macchina super veloce.

Invece no… I suoi genitori erano fuori moda. Sua madre preferiva i libri ai tacchi alti, e suo padre adorava la sua vecchia Fiat Panda, passando i weekend a sistemarla in garage. Era anche un filosofo: leggeva romanzi storici, discuteva di politica e faceva i migliori sottaceti del mondo!

Lucia crebbe, finì il liceo e si iscrisse a medicina. L’abitudine allo studio la portò alla laurea con lode, poi iniziò la specializzazione in odontoiatria. Le piaceva il lavoro, grazie anche a un mentore eccezionale. Suo padre, ridendo, la chiamava “il comandante del sorriso bianco”.

Un giorno, mentre assisteva il dentista, entrò un ragazzo con un mal di diti. Aveva rotto un dente mangiando noci. Era imbarazzato dalla presenza di una ragazza carina, ma tutto andò bene. Dopo il lavoro, però, Lucia lo incontrò di nuovo fuori dall’ospedale.
“Salve di nuovo, maga delle otturazioni! Ho scoperto l’orario di fine turno e ho deciso di aspettarla. Spero non le dispiaccia?” Le porse un mazzo di rose.

Era Matteo. Lei arrossì, ma già in clinica le era piaciuto. Camminarono lentamente verso casa, parlando come se si conoscessero da sempre. Arrivati a destinazione, non volevano separarsi.

Iniziarono a uscire, e un mese dopo Matteo le chiese di sposarlo. La presentò ai suoi genitori, due persone deliziose: la madre maestra d’asilo, il padre ingegnere…

E per Lucia arrivò il momento più temuto: presentare Matteo ai suoi.
“Mamma, papà, ho una notizia… Ho un fidanzato, mi ha chiesto di sposarlo… E ho detto di sì. Vorrei invitarlo domenica a pranzo. Vi sta bene?” lo buttò lì, in ansia per la loro reazione.

“Lucia, non ci avevi detto niente di un fidanzato… E non è troppo presto per sposarsi?” disse la madre, sconcertata.
“Rita, ma che dici! Ventiquattro anni non sono pochi! Io a quell’età ero già tuo marito. Venga pure, ci conosceremo!” disse il padre, abbracciandola.

Domenica, comprarono una torta, un vino buono e una scatola di cioccolatini. Per la madre, un mazzo di fiori.

I genitori li accolsero con calore. Quando Matteo baciò la mano di Rita, lei si commosse. La serata fu perfetta: cena deliziosa, vino, chiacchiere. A un certo punto, il padre portò Matteo in cucina per un discorso “da uomini”. Le donne cercarono di origliare, ma furono cacciate via.

A fine serata, Matteo se ne andò, e Lucia non riuscì a dormire. Girandosi nel letto, pensava a cosa avrebbe detto di loro. Che erano vecchi, antiquati…

Il mattino dopo, andò al lavoro assonnata e di cattivo umore. Persino il dentista notò la sua espressione cupa. La sera, però, Matteo la sorprese.

“Ciao, Lu’, ti aspettavo. Oggi sei in ritardo.”
“Troppi pazienti oggi…” evitò il suo sguardo, temendo il discorso.

Camminarono mano nella mano, finché lui non parlò.
“Lucia, riguardo ieri sera… Grazie! È stata una serata magnifica! Tua madre è stupenda, bellissima! Ora so da chi hai preso. E tuo padre! Che uomo intelligente, colto! Parlare con lui è stato un piacere. Dovresti essere fiera di loro!”

Lucia tornò a casa e rimase sulla porta,E quella notte, mentre i suoi genitori dormivano, Lucia finalmente capì che la vera bellezza non sta negli anni che hai, ma nell’amore che riesci a donare.

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