**Una Vita Nuova, una Famiglia Nuova**
Alessandra uscì felice dallo studio del medico: sarebbe diventata madre. Tornò a casa di corsa, desiderosa di fare una sorpresa al marito, Luca, che era rientrato dal turno di notte. Di solito, in quei casi, Luca dormiva fino a mezzogiorno. Ma quella mattina, Alessandra sapeva che si era già svegliato. Aveva chiesto un permesso dal lavoro per andare dal ginecologo.
Fu lui, però, a sorprenderla, non il contrario. Quando aprì la porta con la chiave, notò una borsetta da donna sul mobiletto nell’ingresso.
“Cos’è questa?” si chiese, turbata. “Di chi è?”
Le tremavano le mani mentre si avvicinava alla camera da letto. Aveva già un presentimento, e quando aprì la porta, trovò esattamente ciò che temeva. Una donna sconosciuta occupava il suo posto nel letto, accanto a Luca. Forse fu l’espressione di Alessandra, o forse la sorpresa, ma la straniera le passò davanti in fretta e fuggì dall’appartamento. Luca, invece, si alzò con calma e si vestì.
“Prendi la valigia, metti dentro le tue cose e vai pure dalla tua amante,” gli ordinò lei con voce ferma, uscendo dalla stanza.
Si sentì male, così male da non aver mai provato niente di simile. Poi arrivò l’ambulanza, l’ospedale e la sentenza del medico:
“Ha perso il bambino.”
Tornò a casa dopo la degenza, dove la aspettavano solo silenzio e il caos lasciato dalla lutta con Luca. Ripresasi un po’, decise di ricominciare da zero, iniziando dal divorzio. Luca, dopo l’incidente, non si fece più vivo. Si rividero solo in tribunale, dove lui la guardò con rimorso, ma senza parlare.
I giorni divennero mesi, e ormai era passato un anno e mezzo dal divorzio. A ventisette anni, Alessandra evitava gli uomini, respingendo ogni corteggiatore. Anche le colleghe in ufficio le dicevano:
“Alessandra, sembri un fantasma. La vita continua. Certo, hai avuto una disgrazia, ma c’è un futuro davanti a te.”
“Non so, è come se qualcosa si fosse rotto dentro di me. Non provo più gioia,” rispondeva.
“Dai un’occhiata a Matteo,” le consigliavano le amiche. “Credi che sia un caso che ti aspetti dopo il lavoro e ti accompagni a casa? È un bravo ragazzo, datti una possibilità.”
Alla fine, Alessandra ci pensò su. Uscirono insieme, andarono al bar, passeggiarono. Nel giro di poco, capì che Matteo era pronto a parlarle di matrimonio, e un giorno le propose:
“Sposiamoci, Ale. Così non dovrò più accompagnarti a casa. Torneremo insieme.”
Dopo le nozze, fecero proprio così. Andavano e tornavano dal lavoro insieme. La sera cenavano, a volte uscivano per una passeggiata, guardavano la TV. Alessandra sognava soprattutto una cosa: diventare madre. Ma, nonostante i tentativi, non riusciva a rimanere incinta.
Un giorno, con le colleghe, visitò un orfanotrofio che la loro azienda sosteneva con donazioni. Lì, notò una bambina di circa quattro anni, con uno sguardo triste. Da quel momento, non riuscì più a toglierla dalla mente.
“Matteo, prendiamo una bambina dall’orfanotrofio. Non riesco a rimanere incinta. Hai visto com’è lo sguardo di quei bambini? Ti guardano con speranza,” gli disse.
“Ale, non puoi salvarli tutti. Sono tanti,” rispose lui.
“Ma almeno uno! Renderlo felice sarebbe già tantissimo,” insistette.
“Lo vuoi davvero?”
“Sì. C’è una bambina che mi ha colpito, si chiama Sofia. È dolce e sembra così sola.”
Matteo fu sorpreso dal desiderio della moglie. Non ne avevano mai parlato prima, e anche se sperava in un figlio biologico, alla fine acconsentì.
Sofia era cresciuta in orfanotrofio da quando la madre l’aveva abbandonata appena nata. Aveva quasi cinque anni. Alessandra parlò con la direttrice, la signora Elena.
“Vorrei adottare Sofia. Cosa devo fare? Quali documenti servono?”
“Non ha figli suoi?”
“No, signora Elena. Non ancora.” E le raccontò della perdita del bambino.
“Ma potrebbe averne uno suo, prima o poi. E poi, se pensa che adottando potrà dimenticare il figlio che ha perso, si sbaglia. L’adozione non funziona così. Dovrebbe dare una famiglia a Sofia, non riempire un vuoto. Ci pensi bene, ne parli con suo marito e, se è sicura, torni pure.”
Uscendo, Alessandra rivide Sofia. Era seduta su una panchina nel cortile, con un peluche tra le mani, mentre gli altri bambini giocavano. I suoi occhi erano quelli che rimasero impressi nella mente di Alessandra.
Dopo qualche tempo, Sofia diventò figlia di Alessandra e Matteo. Quanta felicità! E quanta gratitudine verso la signora Elena. Ora vedeva Sofia come sua figlia, non come un sostituto. Anche Sofia era felice: finalmente aveva una mamma e un papà. O almeno, così le sembrava, perché la mamma era sempre affettuosa, la vestiva con abiti eleganti, la portava all’asilo, giocava con lei la sera e le leggeva storie.
Matteo, però, si mostrava sempre più freddo, sia con Sofia che con Alessandra. Un giorno, sbottò:
“Ale, credo che abbiamo fatto un errore prendendo quella bambina. Non riesco ad accettarla. Voglio un figlio mio, non posso sentirmi padre di un’estranea. Se col tempo avremo un figlio nostro… Io non ho mai voluto crescere il figlio di un altro. Portiamola di nuovo all’orfanotrofio.”
Per Alessandra fu uno choc. Anche lei sperava in una gravidanza, ma intanto Sofia era ormai nel suo cuore. Aveva persino pensato di proporre a Matteo di adottare un altro bambino.
“Matteo, un bambino non è un oggetto. Prendi e riporti? È una persona come te. Non lo farò mai. Sofia è nostra figlia.”
“Tua, non mia. Io non la considero tale. E poi, se non la riporti indietro, allora scegli. O io, o lei.”
“Non c’è scelta. Sofia è mia figlia. Tu fai come vuoi,” rispose lei, decisa.
Poco dopo, divorziarono. Matteo presentò lui stesso le carte. Alessandra andò a vivere da sola con Sofia, tornando nel suo vecchio appartamento. Sofia iniziò la prima elementare. Un giorno, davanti al portone, incontrò Luca.
“Ale, finalmente! Ti cercavo da tempo. Ho chiesto ai vicini, mi hanno detto che vivevi con il nuovo marito.”
“Ora non più. Cosa vuoi?” chiese seccata.
“Ale, voglio rimediare. So che hai perso il bambino per colpa mia. Perdonami, ho capito tutto. Ti prego.”
“No, Luca. No. Adesso dobbiamo andare.” Ed entrò nel palazzo con Sofia.
Lui le gridò dietro:
“Ale, se hai bisogno, il mio numero è lo stesso. Farò qualsiasi cosa per te.”
Alessandra non riusciva a togliersi dalla mente un’altra bambina, di circa dieci anni, che aveva visto di recente all’orfanotrofio. Le sembrava persino somigliasse a Sofia.
“Se potessi adottare anche lei, avremmo due sorelline,” sognava. Ma sapeva che, essendo divorziata, nessuno glielo avrebbe permesso.
Tornò all’orfanotrofio con altre donazioni e rivide Giulia. Questa volta, la bambina le rivolse uno sguardo particolare, e ad Alessandra battéAlessandra, con il cuore pieno di speranza, prese il telefono e chiamò Luca, decisa a ricostruire non solo una famiglia, ma un futuro pieno d’amore per Sofia, Giulia e, forse, anche per sé stessa.