Due destini

Grazie per la fiducia! Ecco la tua storia adattata alla cultura italiana, con nomi, luoghi e riferimenti culturali completamente rivisitati:

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**Due Destini**

Giorgia camminava per le strade di una città che non era la sua. La giovane donna era disperata, stringendo tra le mani un piccolo foglietto, come l’ultimo barlume di speranza per il futuro. Era il secondo giorno che cercava lavoro senza successo, e la situazione si faceva sempre più difficile.

“Grazie, la ricontatteremo!” – una frase ripetuta meccanicamente da ogni datore di lavoro.

“Ma io non ho un telefono. Non sono di qui, e un cellulare è un lusso che non posso permettermi”, tentava di spiegare.

“Signorina, ha compilato il modulo? Bene! Valuteremo la sua candidatura!” – lo sguardo vuoto dell’impiegata dell’ufficio personale la metteva a disagio.

*Cosa non va in me? Laurea con lode, ottima istruzione, conosco l’inglese e il francese… cosa vogliono di più?* si chiedeva Giorgia.

La situazione era critica. Se non avesse trovato lavoro entro sera, avrebbe dovuto tornare a casa. Come avrebbe guardato negli occhi sua madre, malata, a cui aveva promesso che tutto sarebbe andato bene? Che avrebbe trovato un impiego e l’avrebbe aiutata. E poi, cosa avrebbe fatto in quel paesino sperduto con la sua istruzione?

“Buongiorno! Sono qui per l’annuncio, per il lavoro”, disse con voce tremula. Sapeva che doveva apparire sicura, ma la paura di un altro rifiuto la paralizzava.

“Compili il modulo!” – una bionda troppo truccata le buttò un foglio senza neanche guardarla. – “Grazie! La ricontatteremo sicuramente!” – aggiunse dopo dieci minuti.

“Però… io non ho un telefono”, mormorò Giorgia, quasi in lacrime.

La bionda la fissò come se fosse un’alienata:

“Questo è un suo problema! Per favore, non mi disturbi.”

Giorgia si alzò e si diresse verso l’uscita. Non aveva più speranze, l’ultima possibilità era fallita come tutte le altre. All’improvviso, la porta si aprì ed entrò di corsa una donna elegante e decisa.

“Laura, i fornitori sono già passati?” chiese alla bionda.

“No, dottoressa Bianchi. Dovrebbero arrivare da un momento all’altro.”

“Lei per cosa è qui?” domandò a Giorgia, ma rimase senza parole.

Le due si fissarono, rendendosi conto di essere identiche. Giorgia rimase pietrificata, incapace di proferire parola.

“È qui per il posto da receptionist. Le ho detto che valuteremo la sua candidatura e la ricontatteremo, ma pare non capisca”, commentò la bionda con sarcasmo.

“Venga con me”, disse improvvisamente la dottoressa Bianchi, aprendo la porta di un ufficio lussuoso.

“Ma i fornitori stanno arrivando”, obiettò la segretaria.

“Bene! Che aspettino. Laura, occupati del tuo lavoro!” la zittì.

“Si accomodi”, disse con dolcezza. “Mi mostri i suoi documenti, eventuali referenze…”

“Purtroppo non ho referenze. Mi sono appena laureata”, rispose Giorgia posando i documenti sul tavolo, mentre studiava il suo sosia.

“Bene… È assunta. Quando può iniziare il periodo di prova?” chiese distrattamente la donna.

“Subito!” esclamò Giorgia, sollevata.

“Perfetto. Laura le spiegherà tutto, poi la accompagnerà al ristorante. Lì la aspetterà il direttore, Marco.”

La dottoressa Bianchi uscì dall’ufficio, diede istruzioni alla segretaria e si avviò verso l’uscita.

“E i fornitori?” ricordò Laura.

“Rimanda l’appuntamento. Oggi ho da fare.”

Appena salì in macchina, Anna si coprì il volto con le mani. Era certa che Giorgia fosse sua sorella. Quella ragazza era quella che vedeva nei sogni da sempre. Prima non capiva perché quella sosia le apparisse ogni notte, ma ora ne era sicura: erano gemelle. Non solo il viso era identico, ma persino i nei…

Anna decise di andare dalla madre. Doveva far parlare quella donna di ferro. Da bambina, aveva sempre percepito che sua madre fosse estranea. La professoressa Bianchi, docente universitaria di medicina, l’aveva cresciuta con freddezza. Anna non aveva mai conosciuto l’affetto materno, né carezze, né sorrisi. *Oggi mi dirà la verità. Ho il diritto di sapere!*

“Ciao. Perché senza avvisare?” la salutò la madre con tono gelido.

“Mi mancavi. Volevo vederti. Come stai? La salute?” chiese Anna, cercando di essere dolce.

“Tutto bene, grazie per l’interesse”, rispose la donna in modo formale.

“Mamma, parlami di mia sorella”, disse improvvisamente Anna, cogliendola di sorpresa.

“Come lo sai?!” impallidì la donna. “Chi te l’ha detto?”

*Non mi sbagliavo! Quella ragazza è davvero mia sorella!* pensò Anna con gioia. Finalmente non era più sola. Perché, nonostante avesse una madre in vita, si era sempre sentita orfana.

“Ho dedicato la mia vita alla carriera, e quando ho deciso di avere un figlio, era troppo tardi”, confessò la professoressa Bianchi. “Tua madre arrivò in ospedale d’urgenza. Era una ragazza di campagna, così giovane…” Chiuse gli occhi, rivivendo quei momenti.

“Le fecero un cesareo. Io… invidiai quella ragazza. Lei aveva due bambine sane, e io neanche una.”

“Quindi mi hai semplicemente rubata?” domandò Anna, trattenendo la rabbia.

“Non fu così semplice! Ti assicuro che ho dovuto lottare per avere te!” si difese la donna. “Dimmi, chi ti ha parlato di tua sorella?”

“Nessuno…”, sussurrò Anna. “Ieri l’ho vista, ed era identica a me. Non ho avuto dubbi: Giorgia è mia sorella gemella. Mi è apparsa in sogno tante volte, da piccola. Ora capisco che tra noi c’era un legame invisibile.”

“Non puoi rimproverarmi! Ti ho dato una vita che tua madre non avrebbe mai potuto offrirti! Saresti finita chissà dove, invece ora hai una catena di ristoranti!”

“Ma mi hai negato l’amore. Mi hai cresciuta come una recluta! Perché ci hai separate?”

“Vattene! Ingrata!” sbottò la madre.

Anna scappò in lacrime. Era confusa, fragile come una bambina. Rimase seduta su una panchina fino a sera, riflettendo sul da farsi.

Arrivata al ristorante, cercò subito il direttore:

“Marco, c’è stata Giorgia per il colloquio?”

“Sì, dottoressa Bianchi. Ragazza in gamba. È una parente? Siete talmente simili…”

“Hai i suoi dati?”

“Certo!” Marco corse in ufficio e tornò con un foglio. “Ecco l’indirizzo dove affitta una stanza. Vuole anche la fotocopia del documento?”

“Sì, portami tutto.”

Anna non poteva aspettare. Bussò alla vecchia porta di una casa popolare.

“Chi cerchi?” domandò una donna anziana, traballante.

“Giorgia, per favore. La vostra inquilina.”

Dopo qualche minuto, apparve Giorgia assonnata. Alla vista di Anna, si spaventò:

“È successo qualcosa? Marco mi ha detto di tornare domani alle 9.”

“Puoi uscire? Ho bisogno di parlarti”, disse Anna con voce tremante.

“Certo. AspGiorgia uscì e, mentre Anna le raccontava la verità, le due sorelle si abbracciarono forte, promettendosi di non separarsi mai più.

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