Supereremo tutto!

**Ce la faremo**

Quando le lacrime si asciugano e il cuore sembra spezzarsi dal dolore, bisogna trovare la forza per andare avanti. Vivere, a ogni costo, per portare luce a chi ci sta accanto. Soprattutto, sapere che qualcuno ha ancora bisogno di te.

Luca e sua moglie Elena piangevano disperati accanto al letto del loro figlio nella stanza d’ospedale. Avevano portato lì tredicenne Matteo dopo che un’auto lo aveva investito. Era il loro unico figlio, un ragazzo intelligente e buono, che adoravano più di ogni cosa.

«Dottore, per favore, ci dica… Matteo sopravvivrà?» chiese Elena, cercando invano lo sguardo del medico, che abbassava gli occhi senza promettere nulla.

«Facciamo tutto il possibile» fu la sua unica risposta.

Luca ed Elena non erano ricchi, ma sarebbero riusciti a trovare tutti i soldi necessari pur di salvare il figlio. Ma né il denaro né il loro amore potevano fermare l’inevitabile: Matteo stava morendo. Era incosciente, e gli restavano poche ore.

Nella stanza accanto c’era Davide, un ragazzo di quattordici anni. Orfano, cresciuto in un istituto, aveva già capito tutto. Il suo cuore malato lo tradiva, e il respiro si faceva sempre più affannoso. Sapeva che la sua fine era vicina. Nessuno avrebbe mai trovato un donatore per lui.

Quando il medico anziano veniva a visitarlo, evitando il suo sguardo, ripeteva sempre le stesse parole: «Stai tranquillo, Davide. Troveremo un cuore per te. Devi solo sperare».

Ma Davide sapeva che erano solo menzogne di consolazione. Non piangeva.

«Il tempo passa, e niente cambia» pensava. «Devo accettarlo. Almeno posso ancora guardare il cielo azzurro, l’erba verde, il sole che scalda tutti… presto non li vedrò più».

A volte venivano i suoi educatori dall’istituto. Anche loro lo confortavano con frasi vuote, evitando di guardarlo negli occhi.

«Andrà tutto bene, abbi fede» gli dicevano.

Lui annuiva, senza dirgli che aveva capito tutto.

Una sera, fingendo di dormire, sentì l’educatrice parlare con il medico.

«Se c’è anche solo una possibilità, salvatelo. È un ragazzo speciale. Portiamo tutti i documenti necessari…»

«Lo capisco, ma non dipende da me. Vorrei poterlo aiutare» sospirò il medico senza speranza.

Davide chiuse gli occhi, pensando: «Spero solo che non faccia troppo male…».

Il suo unico amico, Riccardo, più grande di un anno, lo visitava spesso. Piangeva, ma era Davide a consolarlo:

«Non preoccuparti, Ricky. Lì forse c’è un’altra vita. Ci rivedremo, un giorno».

Davide rifletteva come un adulto, incapace di illudersi.

«So che la mia vita pende da un filo. Che presto non vedrò più la pioggia leggera, il sole brillante, non sentirò più la neve scricchiolare sotto i piedi».

Non credeva nei miracoli. Quando il medico entrò un’ultima volta, guardandolo finalmente negli occhi, disse semplicemente:

«Preparati, Davide. Operazione tra poco. Speriamo bene».

Davide rimase immobile. Non sperava più in nulla. Non sapeva che, nell’ufficio accanto, i genitori di Matteo vivevano il loro inferno.

Elena urlava, disperata:

«Mai! Mai permetterò che prendano il cuore di mio figlio!».

Luca taceva, combattuto. Ma il medico insisteva:

«Non possiamo salvare Matteo. Ma possiamo donare la vita a un altro bambino. Il tempo stringe. Decidete».

Finalmente Luca alzò lo sguardo, spento:

«Sia fatto. Che il cuore di mio figlio batta in un altro ragazzo».

Elena crollò, senza parole. Le diedero un sedativo.

In sala operatoria, Davide chiuse gli occhi. Non aveva paura. Pensava solo che presto avrebbe rivisto i suoi genitori, morti in un incidente anni prima. Non gli avevano detto del trapianto. Non ci credeva neppure.

E poi, si risvegliò. Il medico era sopra di lui, finalmente con uno sguardo franco.

«Bene, sei sveglio. Ora andrà tutto bene».

Davide capì che qualcosa era diverso. Forse… era successo davvero?

I genitori di Matteo aspettavano fuori. Nella mente sapevano che il loro figlio se n’era andato, ma nel cuore speravano che il suo cuore vivesse ancora in un altro.

Il medico uscì e si avvicinò:

«L’operazione è riuscita. Grazie. Il cuore di vostro figlio batte nel petto di Davide».

Elena scoppiò di nuovo in lacrime. Luca annuì, senza voce.

Passò del tempo. Davide si riprendeva. Conobbe Luca ed Elena, che ora lo visitavano ogni giorno. Quando fu dimesso, lo accolsero a casa loro.

Una sera, Luca gli disse:

«Davide, abbiamo deciso di adottarti. Se vuoi».

Davide rimase senza parole. Non voleva tornare all’istituto.

«Sì…» mormorò.

Non sapeva che per Elena era stata una decisione straziante. All’inizio si era rifiutata. Ma il cuore di Matteo che batteva in lui l’aveva convinta. Litigarono, piansero, infine cedettero.

Davide si sentiva in colpa. Vedere Elena osservarlo, come se cercasse in lui un pezzo di Matteo, era un dolore muto.

La prima sera a casa, Luca lo portò nella stanza di Matteo.

«Ora è tua».

Davide vide un tablet sul comodino e lo guardò incerto.

«Puoi prenderlo» disse Luca, uscendo.

Ma Elena irruppe poco dopo:

«Ti hanno insegnato a prendere le cose senza permesso?».

Davide si bloccò. Il cuore gli batteva forte.

«Scusi… mi ha detto lui…».

Luca rientrò mentre Elena strappava il tablet dalle sue mani.

«Elena, gliel’ho permesso io!».

Lei scoppiò in lacrime e fuggì. Luca la seguì, cercando di calmarla.

«Non puoi trattarlo così. È ancora convalescente!».

«E io? Io posso soffrire?».

Davide sentì un vuoto nello stomaco. Forse sarebbe stato meglio tornare all’istituto.

I giorni passarono. Elena continuava a paragonarlo a Matteo.

«Matteo faceva così… Matteo era più bravo…».

Davide la chiamava «lei», mai «mamma». Luca cercava di mediare.

«Dagli tempo, Davide. È difficile per lei».

Ma una volta Elena non ce la fece più.

«Basta! Non lo sopporto! Non è lui!».

Prese le sue cose e partì per casa della madre.

Quella sera, Davide vide Luca affranto.

«Riportatemi all’istituto» sussurrò. «Senza di me vi riconcilierete».

Luca lo fissò, e nei suoi occhi riconobbe la stessa bontà di Matteo. Lo abbracciò.

«Non importa. Siamo uomini, noi. Ce la faremo».

Vissero così, in pace. Cucinavano insieme, parlavano la sera. Ma entrambi sentivano la mancanza di Elena.

Un giorno, Luca disse:

«Domani è il compleanno di Elena».

Davide lo guardò, e qualcosa scattò dentro di lui. Lo abbracciò forte.

«Papà… domani riportiamo la mamma a casa».

Luca pianse. Non sapeva neppure perché: forse per quel «papà», o per quelle parole impreviste.

Il giorno dopo, bussarono alla porta della madre di ElenaQuando Elena aprì la porta e vide Davide con un mazzo di fiori e Luca dietro di lui, gli occhi le si riempirono di lacrime mentre il ragazzo le sussurrava: “Mamma, torna a casa, ti prego”, e in quel momento capì che il cuore di Matteo aveva trovato il modo di ricongiungerli tutti, per sempre.

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