Non è mio figlio

“Non è mio figlio,” dichiarò gelido il milionario, voce che rimbombava nell’atrio di marmo. “Prepara le tue cose e vattene. Entrambi.” Indicò la porta. Sua moglie strinse forte il bambino, occhi colmi di lacrime. Se solo avesse saputo…
La tempesta fuori specchiava quella che infuriava dentro casa. Angelica rimase immobile, nocche bianche dal serrare il piccolo Lorenzo contro il petto. Suo marito, Gregorio Bianchi, magnate miliardario e capo della famiglia Bianchi, la fissava con una rabbia che non aveva mai visto nei dieci anni di matrimonio.
“Gregorio, ti prego,” sussurrò lei, voce tremula. “Non sai cosa stai dicendo.”
“So esattamente cosa dico,” sbottò lui. “Quel bambino… non è mio. Ho fatto il test del DNA la scorsa settimana. I risultati sono chiari.”
L’accusa ferì più di uno schiaffo. Le ginocchia di Angelica cedettero quasi. “Hai fatto un test… senza dirmelo?”
“Dovevo. Non mi somiglia. Non si comporta come me. E non potevo più ignorare le chiacchiere.”
“Chiacchiere? Gregorio, è un neonato! Ed è tuo figlio! Lo giuro su tutto.”
Ma Gregorio aveva già deciso. “Le tue cose saranno portate a casa di tuo padre. Non tornare qui. Mai.”
Angelica rimase un altro istante, sperando fosse solo un suo impulso, uno di quelli che svanivano l’indomani. Ma il gelo nella sua voce non ammetteva dubbi. Si girò e uscì, i tacchi che risuonavano sul marmo mentre un tuono scuoteva la villa.
Angelica era cresciuta in una modesta casa di provincia, entrando in un mondo di privilegi sposando Gregorio. Elegante, discreta, intelligente – tutto ciò che le riviste celebravano e l’alta società invidiava. Ma nulla contava ora.
Mentre la berlina la portava con Lorenzo verso la casetta di campagna del padre, la sua mente correva. Gli era stata fedele. Lo aveva amato, restata al suo fianco quando i mercati crollavano, quando la stampa lo demoliva, persino quando la madre di lui la ripudiava. E ora, veniva cacciata come un’estranea.
Suo padre, Martino Rossi, aprì la porta, occhi sgranati nel vederla.
“Angie? Cosa è successo?”
Ella caddebbe tra le sue braccia. “Dice che Lorenzo non è suo… Ci ha cacciati.”
La mascella di Martino si serrò. “Entra, figlia mia.”
Nei giorni successivi, Angelica si adattò alla nuova realtà. La casa era piccola, la sua vecchia stanza quasi immutata. Lorenzo, ignaro, giocava e balbettava, donandole attimi di pace tra il dolore.
Ma qualcosa la turbava: il test del DNA. Come poteva essere errato?
Disperata per le risposte, andò al laboratorio dove Gregorio aveva effettuato l’esame. Anche lei aveva contatti – e favori da riscuotere. La scoperta le gelò il sangue.
Il test era stato falsificato.
Intanto, Gregorio era solo nella sua villa, tormentato dal silenzio. Si ripeteva di aver fatto la cosa giusta – non poteva crescere il figlio di un altro. Ma il senso di colpa lo rodava. Evitava la stanza di Lorenzo, ma un giorno la curiosità prevalse. Vedendo la culla vuota, il peluche della giraffa e i minuscoli scarpini sullo scaffale, qualcosa in lui si spezzò.
Sua madre, la Contessa Agnese, non aiutava.
“Te l’avevo detto, Gregorio,” disse, sorseggiando il tè. “Quella ragazza dei Rossi non era mai stata all’altezza.”
Ma persino lei si stupì quando Gregorio non rispose.
Passarono i giorni. Poi, una settimana.
E poi arrivò una lettera.
Senza mittente. Solo un foglio e una fotografia.
Le mani di Gregorio tremavano mentre leggeva.
“Gregorio,
Ti sei sbagliato. E di molto.
Volevi le prove? Eccole. Ho trovato i risultati originali. Il test è stato alterato. Ed ecco la foto che ho trovato nello studio di tua madre… Tu sai cosa significa.
— Angelica.”

La verità, come il sole dopo un temporale, alla fine scioglie ogni menzogna, insegnando che la fiducia costruita con amore è più forte di qualunque prova manipolata.

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