Ha scelto la famiglia. Ma non la nostra.

Oggi è stato un inferno. Mamma continuava a ripetere la solita tiritera. “Hai scelto una famiglia. Ma non la nostra!” Mi voltai bruscamente dalla finestra, stufo di contare le automobili sotto la pioggia. “Basta così! Quante volte devo spiegartelo?”

“Spiegarmi?” Mamma Maria alzò le mani al cielo. “Che mi avresti spiegato? Che ci lasci per quella sconosciuta con i figli altrui?”

“Non è una sconosciuta! Ginevra è mia moglie!” Serrai i pugni, la voce rotta dalla rabbia. “Quei bambini sono miei figli ora! Capisci? Miei!”

Chiara girava un cucchiaino da tè al tavolo della cucina, lacrime silenziose che cadevano nella tazza fredda. Non piangeva proprio: scendevano da sole, come la pioggia sui vetri.

“Tuo?!” La risata di mamma suonò più agghiacciante di un urlo. “Hai perso il senno! Hai una sorella che cammina a fatica dopo l’incidente! Una madre che ha dato la vita per te! E tu… te ne vai con degli estranei!”

Caddi sul divano, passandomi una mano sul volto. Ero esausto per queste liti, con le tempie che martellavano.

“Mamma, cerca di capire. Sono un uomo di trentadue anni. Ho diritto a una vita mia.”

“Vita tua?” Mamma Maria mi afferrò le mani. “Enrico, tesoro, che vita puoi avere con una divorziata e due bambini non tuoi? Sei giovane, bello, hai un buon lavoro. Troverai una ragazza più adatta, avrai figli tuoi…”

“Non voglio altri figli!” Mi liberai dalle sue mani. “Matteo e Beatrice sono già miei. Ieri Matteo mi ha chiamato papà. Capisci? La prima volta in vita mia!”

Chiara singhiozzò, alzandosi zoppicando. Mi raggiunse piano. “Enrico, e io allora?” La sua voce era un filo spezzato. “Sai che senza te sono persa. Dopo l’incidente, tu sei la mia unica speranza. Mamma è in pensione, non ha soldi. Chi mi aiuterà se non tu?”

Un abbraccio fraterno. La strinsi, accarezzandole i capelli. “Chiara, non muoio mica. Vivrò solo separatamente. Ti aiuterò, certo. Ma ora ho una mia famiglia.”

“La tua famiglia siamo sempre stati noi!” irruppe mamma Maria. “Noi! Quella vera!”

“Ginevra è incinta,” sussurrai.

Silenzio. Solo il ticchettio dell’orologio e la pioggia contro i vetri.

“Cosa hai detto?” Mamma impallidì, cadendo sulla poltrona.

“Aspetta un bambino. Nostro bambino. Capisci ora perché non posso abbandonarla?”

Chiara si scostò, fissandomi a occhi spalancati. “Di quanti mesi?” chiese.

“Solo cinque settimane. Ma i dottori dicono che va tutto bene.”

“Santo cielo…” Mamma si coprì il volto. “Che hai combinato, figlio mio?”

M
Valentina tacque voltandosi verso la pioggia che rigava i vetri, nascondendo le lacrime di amarezza mentre prometteva a se stessa che domani avrebbe scrutato negli occhi di Elena per capire chi davvero stava portandole via il figlio.

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