Al secondo anno di università, Luca si innamorò di una bionda e graziosa ragazza di nome Ginevra, che studiava nel gruppo parallelo. Il suo delicato rossore sulle guance e lo sguardo caldo dei suoi grandi occhi grigi lo turbavano. Durante una festa studentesca, finalmente si conobbero meglio, e lui la invitò a ballare.
“Balli davvero bene,” le fece il complimento, mentre lei rideva di gusto.
“Ma che c’è di difficile? Basta muoversi con un po’ di vivacità,” rispose sorridendo, continuando a ballare con gioia.
Quella sera segnò l’inizio della loro storia. La loro relazione appassionata culminò con un matrimonio. Vivevano entrambi nel dormitorio universitario, studenti squattrinati, ma riuscivano comunque a condividere una stanza. Presto, in quella stessa stanza, apparve una culla: Ginevra aspettava un bambino.
“Luca, come faremo a studiare quando nascerà nostro figlio? Una stanza sola… Forse dovrei prendere un anno sabbatico. Peccato, però, così finirai l’università prima di me.”
“Ginevra, non preoccuparti prima del tempo. Quando nascerà, vedremo come gestire la situazione. Non siamo i primi né gli ultimi studenti con un figlio. Guarda Matteo del mio corso, ha due gemelli e non molla gli studi,” replicò il marito.
Arrivò il giorno, e Ginevra diede alla luce un bellissimo bambino, Matteo. Luca e Ginevra erano pieni di gioia: un nuovo membro della famiglia. I primi tempi furono duri, ma fortunatamente Matteo era un bambino tranquillo, che permetteva ai genitori di dormire e non dava troppi problemi.
Alternandosi tra lezioni ed esami, Ginevra riuscì a evitare l’anno sabbatico. Quando Matteo si ammalava, la madre di Ginevra veniva dal paese vicino per aiutare, stando con il bambino e somministrandogli le medicine.
“Ginevra, potremmo portare Matteo da noi in campagna,” propose la madre, ma loro rifiutavano.
“No, mamma, ce la caveremo. Se serve, ti chiameremo.”
Così, Luca e Ginevra si laurearono, e sembrava che le difficoltà avessero rafforzato il loro legame. Ma non fu così. Ginevra ereditò un appartamento dalla nonna, e una volta sistemati lì, con Matteo all’asilo, iniziarono i problemi.
Luca non capiva cosa stesse succedendo. Ginevra era diventata fredda, distante. Era difficile comunicare. Rifletteva:
“Chissà se ci siamo davvero amati o se abbiamo scambiato l’affetto per amore. O forse teniamo insieme la famiglia solo per Matteo. Voglio salvarla, almeno per lui. Ormai, l’unica cosa che ci lega è l’amore per nostro figlio.”
Ginevra, invece, si era innamorata di un altro, al punto da voler lasciare Luca. Ma non poteva portarsi via Matteo: era la sua casa, e il suo nuovo compagno, Marco, non aveva un posto dove vivere. Un giorno gli disse:
“Luca, dobbiamo divorziare. Amo un altro. Per me sei solo il padre di Matteo. Non possiamo continuare così.”
“Non sono pronto per un cambiamento così grande,” rispose lui, sconvolto. “E Matteo? Hai pensato a lui?”
“Ci penso sempre. Credo che sia la cosa migliore.”
“La cosa migliore? Che nostro figlio cresca con un altro uomo invece che con suo padre? Ma che dici, Ginevra?”
“Il bambino sta crescendo e capirà tutto. Fingere di essere una famiglia normale è inutile,” replicò lei con calma.
“Ma noi *siamo* una famiglia normale. Entrambi lo amiamo.”
“Ammettilo, Luca. Ci amavamo, ma ora non è più così. E questo non è normale.”
Luca sapeva che aveva ragione, ma il cuore non accettava. Voleva che Matteo rimanesse con lui, ma sapeva che Ginevra era una brava madre. Rifiutò di firmare i documenti del divorzio:
“Non voglio che Matteo abbia un altro padre.”
“Luca, tu sarai sempre suo padre. Il divorzio è tra noi, non con lui. Non ci si separa dai figli,” ribatté lei.
“Ma non potrò più leggergli le favole la sera, giocare con lui, aiutarlo coi compiti. Che padre è quello a distanza? Se vuoi rifarti una vita, sappi che non ti lascerò Matteo,” gridò, uscendo di casa per calmarsi.
Camminò a lungo per le strade di Firenze, riflettendo:
“Che posso fare? Se andiamo in tribunale, daranno ragione a lei. Ha una buona casa, un lavoro stabile. E poi, posso davvero privare un bambino di sei anni di sua madre?”
Tornò a casa deciso a convincerla a restare insieme, almeno per Matteo. Ma la discussione degenerò.
“Accetto il divorzio solo se Matteo resta con me,” dichiarò.
Ginevra scoppiò: “Mi stai ricattando? Non ti importa di lui, vuoi solo rovinarmi la vita!”
Urlarono, poi caddero in un silenzio pesante. Da allora comunicavano solo attraverso Matteo.
“Chiedi alla mamma dove ho messo il maglione pesante.”
“Di’ a papà che mi venga a prendere oggi, io lavoro fino a tardi.”
Luca vedeva che Matteo era confuso. Ginevra gli aveva spiegato che erano in disaccordo, ma il bambino era diventato chiuso, nervoso.
“Non posso continuare così. Lo sto rovinando,” pensò Luca, recandosi a trovare sua madre.
“Ciao, mamma.”
“Mio Dio, come sei ridotto… Hai perso peso, sei pallido.”
“Sono venuto per un consiglio. So che devo cambiare qualcosa, ma l’idea di lasciare Matteo a un altro uomo mi uccide.”
“Figlio mio, stai pensando più a te stesso che a lui,” sospirò la madre. “Se lo ami davvero, devi lasciarlo andare. Non hai scelta.”
Dopo quel colloquio, Luca si sentì sollevato. Tornò a casa deciso.
“Ginevra, accetto il divorzio, ma voglio vedere Matteo quando voglio, senza ostacoli.”
“Non ho obiezioni,” rispose lei con calma.
Firmarono le carte. Luca affittò un appartamento e cercò di spiegare la situazione a Matteo.
“Piccolo, io e la mamma vivremo separati, ma ti voglio bene e ci vedremo spesso. Verrai da me, andremo al parco, al cinema… Non dimenticare che ti amo.”
“Papà, ho capito. Non ti preoccupare, ma non lascerò la mamma sola. Ci vedremo, però.”
“Bravo, sei un vero uomo.”
Ora Luca vive da solo, mentre Ginevra e Matteo sono con Marco.