L’importante è restare insieme

Finalmente, Marco e Beatrice avevano comprato il loro appartamento. Dopo anni passati tra affitti e traslochi, con la figlia Sofia ormai vicina ai cinque anni, il sogno si era avverato.

«Marco, sono così felice», sussurrò Beatrice quella prima mattina nella loro casa, stringendosi a lui. «Dormo nel nostro appartamento, è pura felicità!»

«Anch’io sono contento», rispose lui, più pacato. La sua calma era un contrappeso perfetto al carattere esuberante di Beatrice, e forse era proprio questo equilibrio a tenere insieme il loro matrimonio. Oltre all’amore, ovviamente.

«Sì, certo», aggiunse Marco, «ma ora ci aspetta la parte divertente: il restauro. Questo posto ha bisogno di un bel lavoro…»

«Lo so», ammise Beatrice. «Ma ce la faremo! L’unico problema è che abbiamo speso tutto per l’acquisto. I miei genitori ci hanno già aiutato… forse dovremmo fare un prestito?»

«Esatto! Un prestito per il restauro, e poi saremo liberi. Potremo anche permetterci una vacanza», sognò lui, mentre lei annuiva entusiasta.

L’appartamento non era piccolo: tre stanze e una cucina spaziosa, proprio come la desiderava Beatrice. E Sofia avrebbe finalmente avuto una cameretta tutta sua, dove sistemare i suoi giocattoli e le bambole.

Ma i piani di Beatrice per l’arredamento si scontravano con la realtà: porte scomode, tubi fuori posto, ogni dettaglio sembrava remare contro.

«Marco, sai quanto costa un interior designer?» chiese un giorno.

«Troppo», rispose lui. «Quelli bravi chiedono cifre da capogiro. Non possiamo permettercelo.»

Passarono la serata a scegliere i colori per le pareti, optando per un bel beige caldo. Il sabato seguente avrebbero fatto acquisti al negozio di bricolage.

Ma il venerdì, Marco tornò dal lavoro raggiante: «Ho parlato con i colleghi, e Luca mi ha consigliato una designer, bravissima! Ha lavorato per il nostro capo. Se la paghiamo un po’ meno del solito… tipo 10.000 euro.»

«COSA?!» esclamò Beatrice. «10.000 euro solo per dirci dove mettere i mobili?»

«Sentimi— avremo una casa perfetta, con uno stile unico! Se vogliamo vivere nel lusso, dobbiamo investire», la calmò lui.

Alla fine, cedettero. Arrivò la designer, Anna, che guardò l’appartamento con aria critica. «Piccolino, qui non c’è molto spazio…»

«Io però ho già delle idee», intervenne timida Beatrice, indicando dove voleva un armadio.

«No, no, qui niente armadi. Troppo ingombrante», tagliò corto Anna. Propose poi di sostituire il parquet con piastrelle e metallo. «Molto più chic!»

Beatrice sentiva che la sua casetta stava diventando aliena. «Anna vuole fare una rivoluzione», bisbigliò a Marco.

«Ma è una professionista, fidati.»

Il conflitto esplose quando Anna insistette per un grigio-blu acciaio. «È di moda, stile techno!»

«Assolutamente no!» ribatté Beatrice, furiosa. «Voglio una casa accogliente, non un ospedale!»

Litigarono così forte che per tre giorni non si parlarono. I muratori, confusi tra le loro indicazioni contrastanti, fermarono i lavori.

Alla fine, Beatrice cedette. «Domani si pittura di beige», annunciò.

«Ma dovrebbe essere grigio-blu…» replicò Marco.

«Fa’ pure come vuoi», disse lei, tremando. «Io e Sofia andiamo dai miei. Tu resta qui con il tuo blu metallizzato e la tua designer!»

Marco, spaventato, la fermò. «Dai, non divorziamo per una pittura! Si dice che durante i lavori, l’importante è restare sposati…»

«Sono seria. Se ti piace quel freddo orrore, goditelo pure.»

Lui si arrese. «Va bene, facciamo come vuoi tu. L’importante è che tu sia felice.»

Licenziarono Anna e Beatrice riprese il controllo. Alla fine, guardando il risultato, sorrise. «In fondo, ringrazio quella designer. Mi ha fatto capire esattamente cosa volevo.»

Erano tutti sollevati. Perché un restauro, si sa, costa più in nervi che in euro. Le emozioni volano, la testa scoppia… ma almeno, alla fine, la famiglia era ancora unita.

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