Senza via di ritorno

**Diario Personale – Nessun Ritorno**

“Buon compleanno, Eva! Voglio regalarti il tuo sogno,” mi disse Denis con un sorriso, abbracciandomi.

“Come si fa a regalare un sogno? Un sogno è qualcosa che non puoi toccare,” risposi, confusa, mentre uscivamo dall’università.

“Eppure lo farò,” insisté lui, serio. “Torniamo in residenza, lascia gli appunti e cambiati. Andiamo fuori città.”

Scesi dall’autobus alla fermata “Circolo Ippico”, e finalmente capii. Mi avrebbe fatto cavalcare un cavallo. Quante volte gli avevo detto che era il mio più grande desiderio, fin da bambina. Amavo i cavalli, anche se li avevo visti solo allo zoo o nei film.

Non sapevo perché mi piacessero così tanto. A cinque anni, avevo persino chiesto a mio padre:

“Papà, compriamoci un cavallo!”

Lui aveva riso. “E dove lo terremmo? È grande, mangia fieno, ha bisogno di spazio. Viviamo in un bilocale!”

“Sul balcone,” risposi ingenuamente.

Mio padre mi spiegò dove vivono i cavalli, che hanno bisogno di prati e libertà. Mi rattristai per l’idea di imprigionarne uno, e accettai.

“Allora costruisci una stalla sotto il balcone,” dissi.

Quel sogno mi era rimasto nel cuore. Ora, al quarto anno di università, cavalcare mi riempì di gioia.

“Grazie, Denis. Ora so che i sogni si avverano,” gli dissi, felice.

Era primavera. Usciti dal circolo, proposi una passeggiata nel bosco. Era tutto bianco di bucaneve.

“Che meraviglia! Da piccola, li raccoglievo con le amiche,” mi emozionai.

Denis mi portò un mazzo di fiori. “Buon compleanno e buona primavera.”

“Grazie, mi hai fatto il regalo più bello: cavalcare e i bucaneve. Un ritorno all’infanzia.”

Ci amavamo. Prima della laurea, Denis spese tutti i suoi risparmi e la borsa di studio per comprarmi un anello. Mi chiese di sposarlo.

Il matrimonio fu felice. La mia testimone fu Agata, la mia compagna di stanza e migliore amica.

Denis divenne capo reparto in un’azienda. Io lavorai finché non nacque nostro figlio, Niccolò.

Passarono anni. Niccolò iniziò la scuola. Credevo di avere tutto: un marito affettuoso, una casa, Agata che ci visitava ogni weekend.

“Quando ti sposi?” le chiedevo, visto che era ancora sola.

“Non so, ma spero presto,” rispondeva misteriosa.

Poi, un giorno, Denis tornò cupo. “Ti lascio, Eva.”

“Perché?”

“Per un’altra donna. Agata.”

Mi crollò il mondo. Raccolse le sue cose e se ne andò. A Niccolò disse che partiva per lavoro. Io tacqui.

Dieci anni dopo, un sabato, qualcuno suonò insistentemente. Era Agata.

“Cosa vuoi?” le sibilai.

“Portati indietro Denis,” implorò.

“Scherzi? Dopo che me l’hai rubato?”

“Non l’ho mai amato. Volevo ferirti. Tu avevi tutto, io niente.”

“E ora?”

“Si è ridotto a bere, non abbiamo figli. Io… mi sono innamorata davvero. Riprenditelo.”

Risi amaramente. “No. Non voglio un marito di seconda mano. Ho perdonato, ma non dimenticato. E ho un uomo nella mia vita.”

Mentii. Non c’era nessuno, solo Niccolò. Ma sapevo una cosa: non si torna indietro. E non volevo farlo.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 × five =

Senza via di ritorno