**Diario di un marito illuminato**
«Voglio sdraiarmi, stare con i bambini è roba da donne!» dichiarò mio marito chiudendo gli occhi. Ma già due ore dopo, si pentì amaramente di quelle parole.
Immaginate la scena: aspettavo queste vacanze in Grecia come la manna dal cielo. Gli ultimi sei mesi di lavoro erano stati una follia. Tornavo a casa stremata, e iniziava il secondo turno: compiti, cena, diari da controllare.
Fui io a trovare l’hotel, a prenotare i biglietti in offerta, a preparare tre valigie senza dimenticare l’orsacchiotto del nostro figlio di sei anni né il power bank per il tablet di nostra figlia di nove. Ero il cervello dell’operazione “Vacanza in Famiglia”.
Finalmente arrivammo. Mare, sole, i bambini che gridavano di gioia. Sembrava la felicità, il momento di tirare un sospiro di sollievo. Ma mio marito, Roberto, aveva un’idea diversa.
Con l’aria di chi ha vinto una guerra, si stese sul lettino, mise gli occhiali da sole, si immerse nel telefono e cadde in un sonno profondo. La sua unica funzione era girarsi ogni tanto per prendere il sole in modo uniforme.
I bambini, ovviamente, sono pieni di energia. E tutti quei «Mamma, dammi», «Mamma, andiamo», «Mamma, guarda» erano diretti solo a me. Roberto fingeva di non sentire. Insomma, il secondo giorno capii che la mia vacanza si stava trasformando in lavoro, ma con più caldo.
Poi vidi un volantino dello spa: «Due ore di paradiso: impacco al cioccolato e massaggio rilassante». Ragazze, quasi caddi dalla sedia solo all’idea. Sentii già il profumo del cioccolato. Era un segno! Me lo meritavo.
Mi avvicinai a Roberto, che russava dolcemente, e con la voce più suadente dissi: «Robè, puoi stare un po’ con i bambini? Vorrei tanto fare un massaggio. Basta che li tieni d’occhio».
Lui aprì un occhio e disse una frase che mi gelò il sangue:
«Caterina, ma sei seria? I bambini sono affari tuoi! Io sono in vacanza, ho lavorato un anno intero per questo. Voglio solo riposare».
E richiuse gli occhi, facendo capire che la discussione era chiusa.
Offesa? E come! Anch’io avevo lavorato fino allo sfinimento! Ero lì, con un vulcano di rabbia che esplodeva in testa, ma non gridai né dissi nulla. A cosa serviva?
Poi vidi gli animatori, vestiti da pirati, e mi venne un’idea perfetta. Con un sorriso angelico, mi avvicinai a loro: «Salve! Ho una richiesta speciale. Vedete quell’uomo sul lettino? È mio marito. Oggi è il suo onomastico… è un capitano nel cuore, ma troppo timido per ammetterlo».
Mentii senza battere ciglio. Gli animatori si illuminarono. Per convincerli, infilai una banconota a uno di loro. «Sarà fatto!» annunciò, salutandomi come un vero pirata.
Tornai al lettino, soddisfatta, e aspettai lo spettacolo. Pochi minuti dopo, il gruppo di pirati si avvicinò a Roberto, che russava beato. Uno prese il microfono e annunciò: «Attenzione! Abbiamo trovato il nostro capitano: il grande Roberto!»
Che scena! Lui balzò su, confuso, mentre i bambini, Sofia e Luca, urlavano: «Papà è il capitano!» e gli infilavano in testa una bandana. Provò a dire che era un errore, ma ormai era tardi.
Io, intanto, ero già allo spa, avvolta in un accappatoio, e salutai Roberto con un sorriso prima di sparire tra le braccia del relax.
Lui seguì la missione: corse, risolse indovinelli, trovò il tesoro. Tornò stanco, sudato, ma felice, con i bambini che lo guardavano ammirati.
Quella sera, gli chiesi innocente: «Allora, capitano, com’è andata?» Lui borbottò qualcosa. Gli accarezzai i capelli e sussurrai: «Sei il migliore. Guarda come i bambini sono fieri di te».
Lui li osservò, poi mi guardò e sorrise davvero, per la prima volta in giornata. «Ma dai, ho solo giocato un po’».
E nei suoi occhi brillò una luce nuova. Fino alla fine della vacanza, mi aiutò senza che glielo chiedessi. Come se qualcuno gli avesse tolto un peso.
A volte, basta consegnare a un uomo la mappa del tesoro, legargli una bandana in testa e spingerlo dolcemente nella giusta direzione… con amore.