Oh, tesori miei… sentite, vi racconto come a volte la vita ti strappa via da casa tua, e ti ritrovi tra le braccia di estranei – non per scelta, ma per disperazione.
Una volta credevo anch’io che la famiglia fosse un rifugio. Che il marito ti sostenesse, che la casa fosse calda non solo per i termosifoni, ma anche per l’amore. E invece… è andata così.
C’era questa ragazza, Ginevra, una ragazza laboriosa come un’ape. Lavorava, teneva la casa in ordine, cucinava la cena e pagava le bollette. E il marito, Marcello, passava le giornate sul divano a giocare ai videogiochi. Una volta lavorava, ma poi disse che il capo era un tiranno, i colleghi erano insopportabili, e si licenziò. Prometteva che avrebbe trovato un lavoro migliore in fretta, ma quel “in fretta” durava da sette mesi, lungo come un inverno senza sole.
E poi c’era sua madre, Valeria. Accidenti, quella aveva una lingua più tagliente di un coltello. Qualsiasi cosa cucinasse Ginevra, non andava mai bene: la minestra era troppo salata, la pasta scotta, il sugo insipido. E sempre pronta a coccolare il suo figliolo: “Marcellino, tu non accettare un lavoro qualunque, sei un uomo colto, intelligente!”
E Ginevra si caricava tutto sulle spalle. Lavorava, cucinava, lavava i piatti dopo tutti. Portava pure il caffè e i biscotti in salotto, perché loro non avevano voglia di alzarsi dal divano con la TV accesa.
Quante volte gli aveva chiesto di cercare almeno un lavoretto temporaneo? Lui rispondeva: “Non mi distrarre con sciocchezze, sto cercando un lavoro serio.” E la madre approvava: “Non stressarlo, è già sotto pressione.”
Credete che qualcuno l’abbia mai ascoltata? Macché! Avevano la loro verità: se lei lavorava, voleva dire che bastava. E se era stanca morta? “Sono dettagli.”
Anch’io ho vissuto così… Ricordo come mi caricavo di tutto, e in cambio? Nulla. All’inizio pensi: “Forse cambierà.” Poi: “Resisto per la famiglia.” Ma alla fine capisci: resisti per chi non ti apprezza.
Dicono che sia colpa mia se ora sono in una casa di riposo. Forse è vero. Perché non sono scappata prima, quando avevo ancora le forze, quando avrei potuto dire “basta.” Ho resistito finché non mi sono consumata del tutto.
E così anche Ginevra ha preso la sua valigia… e se n’è andata. Non so dove, ma so perché. Perché era stanca di fare la cuoca, la donna delle pulizie, la cassiera, e anche “quella che non va mai bene” per chi la sfruttava.
Ecco, tesori miei… prendetevi cura di voi. Perché se non lo fate voi, nessuno lo farà al posto vostro.