Amore che dura una vita

**Amore lungo una vita**

A quattordici anni, Alba si ritrovò sommersa dalle faccende domestiche, dalla cura della madre malata e dagli studi, che doveva portare avanti con impegno. Sognava di diventare medico.

“Mamma, finirò l’università e ti curerò. Tu guarirai, sei ancora giovane,” diceva alla madre.

Ma in segreto, nella sua stanzetta, piangeva di rabbia e sconforto. Vivevano in tre in una casa nella periferia di Napoli, un posto dove tutti si conoscevano e tutti spettegolavano. Il padre non aveva mai aiutato la madre, né con le faccende né con le parole. Era sempre stato duro, senza una carezza per nessuno. Quando Giulia si ammalò, lui raccolse le sue cose e se ne andò.

Alba non capì subito. Pensò a un viaggio di lavoro, ma quando lui, già sulla porta, le disse: “Me ne vado per sempre. Una vita così non fa per me, con una moglie malata. Io voglio una donna sana. Tu sei grande, te la caverai. I soldi te li manderò,” capì che non scherzava. La porta si chiuse con un colpo secco.

Giulia sorrideva, mentre Alba era sgomenta.

“Mamma, perché sorridi? Come faremo ora?”

“Ce la caveremo, tesoro. Che cosa ci ha mai dato lui? Solo rabbia e cattiveria. Va’ da zio Enzo e digli che l’ho chiamata.”

Alba annuì e corse dal vicino. Aveva notato da tempo che Enzo guardava sua madre in un modo speciale, diverso da come l’aveva mai guardata suo padre. Enzo sorrideva sempre, regalava fiori e cioccolatini a Giulia, quando nessuno li vedeva. E anche Alba riceveva dolci.

Suo padre, invece, non aveva mai regalato niente a nessuno, nemmeno per il compleanno. Giulia si comportava sempre con dignità, anche se le vicine la chiamavano “sfacciata”. Una volta, quando Alba aveva tredici anni, aveva sentito Enzo confessare il suo amore.

“Giulia, sarò sempre qui per te, qualunque cosa accada. Io ti amo.”

E sua madre aveva riso: “Eh, sono sposata e gli sarò fedele, Enzo. Non servono queste parole.”

Alba capiva che Enzo amava sua madre. Ma era discreto, mai invadente. Senza volerlo, confrontava suo padre e zio Enzo, e il confronto non era a favore del primo.

Quando crebbe, chiese a Giulia: “Mamma, perché hai sposato papà e non zio Enzo?”

La madre si arrabbiò e non rispose. Poco dopo, Giulia cadde e si ruppe una gamba in due punti. Sembrava migliorare, ma poi peggiorò. I medici dissero che c’era un’escrescenza sull’osso. Il padre, invece di aiutare, scappò via per sempre.

Alba andò da Enzo, che capì subito che qualcosa non andava.

“Zio Enzo, mamma vuole che tu venga da noi.”

“E tuo padre?”

“Ci ha lasciati. Ieri sera.”

Enzo non fece altre domande. Andò da loro e non se ne andò più. Non si capì bene come, ma sembrava fosse sempre stato lì. Si prese cura di Giulia con dedizione: portò medici, la accompagnò in ospedale, e lei migliorò.

“Alba, studia sodo. Diventerai un grande medico,” la incoraggiava.

A volte Alba lo vedeva cupo, ma in presenza di Giulia sorrideva. Più tardi scoprì che era per le malelingue.

“Ma chi si è mai visto? Un vicino che sta con una malata. Non per niente il marito l’ha lasciata,” bisbigliavano.

Enzo cercava di ignorarle, ma lo ferivano. Intanto Giulia riprendeva a camminare, prima con un bastone, poi senza. Camminava a testa alta, al fianco di Enzo, e non c’era coppia più felice.

“Giulia, non ti riconosco più! Sei fiorita,” diceva la vicina Teresa. “E Enzo non ti toglie gli occhi di dosso. Lascia parlare la gente.”

“Non ci faccio caso,” rispondeva Giulia. “La felicità non si nasconde.”

Ma i pettegolezzi ripresero quando scoprirono che Giulia era incinta.

“Una vecchia che fa figli a quell’età,” sibilavano.

Enzo e Giulia si sposarono e aspettarono la bambina con gioia. Quando nacque Sonia, la loro casa fu piena d’amore.

Alba si laureò in medicina e iniziò a lavorare. I genitori erano felici, Sonia cresceva.

Poi Enzo morì all’improvviso. La sera prima aveva abbracciato Alba e Sonia, stretto forte.

“Se sapeste quanto vi amo. E vostra madre, ovvio.”

La mattina dopo non si svegliò. Giulia cadde in una disperazione infinita.

“Mamma, non sei sola. Ci siamo io e Sonia,” la consolava Alba, temendo che la malattia tornasse.

Dopo un mese, Giulia riprese a sorridere. Ma tre mesi dopo morì anche lei, spezzata dal dolore.

Alba e Sonia rimasero sole. Alba tornò nella loro casa, si occupò della sorellina, andava alle riunioni scolastiche, orgogliosa dei suoi voti.

“Guardate, mamma, papà, come è brava Sonia,” diceva al cielo.

Risparmiò per un monumento funebre. Quando finalmente lo posero, sulle lastre di marmo c’erano Giulia ed Enzo, abbracciati e sorridenti.

Un giorno, mentre erano al cimitero, una donna si avvicinò.

“Li conoscevate?” chiese Alba.

“No. Mia madre è sepolta accanto. Mi piace il vostro monumento. È nuovo?”

“Sì, abbiamo risparmiato tanto. Volevo che la loro storia d’amore fosse ricordata per sempre.”

Alba finalmente si sentì in pace. Aveva fatto ciò che doveva. Sonia si preparava all’università, mentre lei pensava alla sua vita. Un cardiologo, Arturo, le aveva chiesto di sposarla più volte.

“Prima devo assolvere il mio dovere,” gli diceva. “Poi costruiremo il nostro futuro.”

Ora Giulia e Enzo avevano un amore eterno.

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