La Signora del Terzo Piano: una storia di solitudine e un piccolo miracolo
Vedete, bambini, ormai sono qui in questa casa di riposo, e a volte ripenso a com’era la vita un tempo. Nel mio palazzo c’era una signora anziana… quella del terzo piano. Oh, come la evitavano tutti! E nessuno sapeva davvero come si chiamasse — né il nome, né il cognome. E, a dirla tutta, a nessuno importava.
Era piccola, grigia, con degli occhiali spessi tenuti insieme da cerotti sporchi. Camminava lentamente, trascinando i piedi in vecchie scarpe consumate. Portava sempre una borsa di tela logora, e dietro di lei correva un cagnolino — minuscolo, ma che abbaiava forte come un cane da guardia. Abbaiava a chiunque si avvicinasse alla sua porta, e di visitatori ce n’erano molti, perché i vicini non sopportavano tre cose.
Primo: la televisione. Ronzava dalla mattina alla sera, sempre al massimo volume. Secondo: gli scarafaggi, che uscivano dal suo appartamento e invadevano tutto il palazzo. E terzo: quell’odore stantio e sgradevole che non se ne andava mai, impregnando anche l’ascensore e le scale.
E tutto questo esasperava la gente. Arrivavano, si lamentavano, chiedevano: “Quando finirà questa situazione?” Ma la signora li guardava con i suoi occhietti strizzati, sorrideva come una bambina e diceva:
— Presto, presto…
E per un po’ tutto sembrava calmarsi. Ma non per lungo, perché presto ricominciava.
Sapete come si chiamava? Lucia Esposito. Aveva quasi ottantacinque anni. L’anno prima si era ammalata gravemente — un raffreddore così forte che rischiò di perdere l’udito. Voleva un apparecchio acustico, ma i soldi non bastavano, e la lista d’attesa era lunga. La pensione era misera — doveva pagare le bollette, comprare le medicine, e poi c’era anche Fuffi, il suo piccolo sole.
Quel cagnolino era il suo vero amico! Era arrivato molti anni prima, quando suo marito era morto e i figli e i parenti… beh, non c’era più nessuno. Lucia lo trovò in un giorno di pioggia, tremante e sporco vicino a un cassonetto. Voleva ignorarlo, lei stessa stentava a camminare, ma lui la seguì. E così rimase con lei, diventando il suo mondo.
Quell’appartamento… sembrava uscito da una favola di streghe: sporco, puzzolente, con scarafaggi ovunque. Ma Lucia, forse, non li notava o faceva finta di nulla. E i vicini si arresero — una battaglia persa in partenza.
Poi arrivò Giulia, una nuova inquilina, divorziata, con un bambino. All’inizio ignorò l’odore e gli scarafaggi, ma una sera, vedendone due correre sul tavolo della cucina, rabbrividì. E decise di agire.
La vicina del secondo piano le raccontò di Lucia Esposito. Di quella storia tra televisione, scarafaggi e puzza. Giulia si commosse, perché capiva cosa significasse essere soli. Decise di aiutarla.
E così iniziò una nuova vita: Giulia e suo figlio Matteo andavano da Lucia, la aiutavano, le portavano la spesa, giocavano con Fuffi. La signora era felice di non essere più sola, e Giulia e Matteo trovarono un’altra famiglia.
Col tempo, la puzza svanì, gli scarafaggi sparirono e la televisione si fece più discreta. Ma iniziarono le chiacchiere — dicevano che Giulia voleva l’appartamento per sé. A lei però non importava: l’importante era portare un po’ di calore a Lucia.
Passò quasi un anno. Un giorno, Lucia Esposito se ne andò in silenzio, come forse aveva sempre desiderato. Fuffi rimase con Giulia e Matteo — ora erano una vera famiglia.
Ecco, bambini, la vita a volte è dura e ingiusta. Ma anche nella solitudine, tra chi è stato dimenticato, può nascere un piccolo miracolo — quando qualcuno arriva e regala un po’ di calore e cura. Questa è la vera felicità.