Un pasto che lo ha lasciato senza parole

“Ma qui almeno mangio decentemente, non la tua brodaglia!” sibilò l’uomo davanti al buffet. Ma la mia risposta nel suo piatto lo fece impallidire.

Chi è sposato da tempo sa che gli uomini si dividono in due tipi: quelli che mangiano tutto ciò che prepari e ti ringraziano, e quelli come il mio Adriano. Per lui, ogni mio piatto è un’occasione per criticare.

Trent’anni di matrimonio e ho sentito sempre le stesse cose: “Hai messo troppo sale nella minestra”, “Le patate sono crude”, “La mamma faceva le polpette morbide, le tue sembrano suole di scarpe”. Un vero tesoro, che carattere!

A dirla tutta, avevo cominciato a credere di essere negata in cucina. Ma ci provavo, ragazze, come una pazza! Compravo libri di ricette, guardavo programmi di cucina, preparavo di tutto: dagli sformati al forno all’anatra alle mele per Natale, passando per il ragù che cuocevo per ore. E lui? Sempre quella faccia storta e i paragoni con sua madre, Dio l’abbia in gloria.

Negli ultimi anni si era aggiunto un altro problema. Con quel peso in più, Adriano aveva iniziato ad avere seri problemi di salute: pressione alle stelle, colesterolo fuori controllo.

Il dottore, un vecchietto severo, gli aveva detto chiaro e tondo: “Adriano, un altro attacco e potrebbe essere la fine. Niente fritti, niente grassi, niente sale. Dieta rigida, altrimenti niente.” E chi pensate che si occupasse di fargli rispettare la dieta? Esatto, io.

Cucinavo tutto al vapore, stufavo senza olio, salavo direttamente nel piatto. E lui? Borbottava che lo facevo morire di fame e lo nutrivo “come un coniglio”. Che pazienza ci vuole!

Quando abbiamo prenotato una vacanza in un hotel “all inclusive”, ho tirato un sospiro di sollievo. Finalmente avrei riposato, sia dai fornelli che dalle critiche. Avrebbe mangiato quello che voleva, così avrebbe capito che il cibo del ristorante non è sempre meglio di quello di casa. Ma mi sbagliavo di grosso…

Dal primo giorno, la vacanza si è trasformata in un inferno gastronomico. Appena visto il buffet, Adriano ha perso la testa. Girava tra i piatti come un avvoltoio.

Il suo piatto sembrava un’opera d’arte: risotto al burro, arrosto di maiale, insalata russa, e sopra, una fetta di lasagna al forno.

Io, timidamente, gli ricordavo:
“Adrià, il dottore ha detto… la pressione… ricordi come stavi male il mese scorso?”
Lui mi scrollava via:
“Smettila, donna! Sono in vacanza! Ho pagato, mangio quello che voglio! Finalmente mi godo un pasto decente, senza le tue schifezze dietetiche!”

E così, mentre lui ingozzava rumorosamente di tutto, io stavo lì a sminuzzare un’insalatina, sentendomi più una badante che una moglie. Divertente e tragico insieme.

Passavano i giorni. Lui mangiava, io tacevo. Lui elogiava gli chef, io tacevo. Al telefono con nostro figlio vantava quanto si stesse “rifacendo dopo anni di privazioni”, e io stringevo i denti. Ma una sera, la pazienza è finita.

Cenavamo. Io avevo preso un po’ di verdure e un pezzetto di petto di pollo. Lui, come al solito, si era fatto una montagna di cibo che solo a guardarla mi veniva il mal di pancia.

Mentre si gustava una costata di manzo grassa, ha chiuso gli occhi estasiato e, con la bocca piena, ha detto:
“Questa sì che è roba buona! Saporita, succosa, autentica! Finalmente mangio come si deve, non la tua pappetta insipida!”

Ragazze, ho rischiato di lasciar cadere la forchetta. Trent’anni ai fornelli, attenzioni, diete… e lui la chiama “pappetta insipida”!

Tutta la rabbia repressa è esplosa come un’onda. “Ah sì?” ho pensato. “Vuoi del cibo ‘normale’? Eccoti servito! Te lo ricorderai per sempre.”

La sera dopo sono andata a cena con un sorriso da predatrice. Adriano, ignaro, stava già riempiendo il piatto. Mi sono avvicinata e gli ho detto dolcemente:
“Adrià, amore, siediti e riposati. Stasera ci penso io a te. Sei il mio uomo, devo coccolarti.”

Mi ha guardato stupito, ma si è seduto. Io ho preso il piatto più grande e ho iniziato lo spettacolo.

Tre costolette d’agnello fritte fino a scrocchiare. Una montagna di patatine, insalata russa, carote piccanti, ali di pollo e würstel impanati. E sopra, una generosa dose di ketchup, salsa al formaggio e senape.

Lo chef mi fissava come fossi pazza. Probabilmente pensava che volessi sfamare un esercito.

Io, come Madre Teresa, ho portato quel “capolavoro di grasso” al tavolo e l’ho posato davanti ad Adriano.
“Mangia, tesoro! Tutto il meglio per te. Volevi cibo normale? Eccolo! Buon appetito, amore!”

L’ho detto forte, tutti hanno sentito. Qualcuno ha riso, una signora mi ha fatto un cenno di complicità. Adriano è cambiato in volto: prima pallido, poi rosso. Nei miei occhi ha visto ghiaccio, non affetto. E ha capito: non era una coccola, era una condanna.

“Che… che stai facendo?” ha sussurrato.

“Perché, amore? Non ti piace?” ho risposto zuccherosa. “È ‘cibo normale’, lo hai detto tu. Mangia, ho fatto del mio meglio.”

È rimasto come fulminato. Non poteva fare scenate, ero “premurosa” in pubblico. Mangiare era un suicidio. Era caduto nella trappola.

Per cinque minuti è rimasto in silenzio, poi ha spinto via il piatto. Per il resto della vacanza ha mangiato solo petto di pollo e verdure. E mi guardava con terrore.

Allora, ragazze, che ne pensate? Vi è mai successo qualcosa di simile?

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