Alessia oggi attendeva impaziente la fine della giornata lavorativa, sognando il momento in cui sarebbe uscita dall’ufficio e avrebbe trovato il suo amato marito ad aspettarla per andare insieme al loro bar preferito. Proprio in quel locale si erano conosciuti cinque anni prima, nello stesso giorno.
Uscì velocissima dall’ufficio e lo vide accanto alla macchina, con un sorriso:
«Ciao, Matteo», gli si strinse addosso, e lui le diede un bacio sulla guancia.
«Ciao, amore. Andiamo al nostro bar?», le chiese, o forse lo disse già deciso, e lei rise felice annuendo. Sperava in un regalo da lui.
Dopo un po’ seduti al bar, senza che lui le avesse ancora dato nulla, Matteo propose:
«Su, torniamo a casa. Il regalo ti aspetta lì», le disse con un sorriso enigmatico.
«Davvero? Cosa mi hai preso? Perché non me l’hai portato qui?», domandò sorpresa.
«Lo vedrai presto e capirai tutto», rispose lui con aria misteriosa.
Arrivati a casa, scesero dalla macchina. Matteo si avvicinò a un’auto parcheggiata, schiacciò il telecomando e la aprì.
«Ecco, amore mio. Questo è il tuo regalo. Goditela».
Alessia rimase senza parole. Di tutto si sarebbe aspettata, ma non una macchina. Gli si gettò al collo subito:
«Matteo, grazie! Te l’ho sempre detto, sei il marito migliore del mondo. Ti amo tantissimo».
Lo adorava già prima, perché ogni suo gesto dimostrava amore. Lui lavorava tanto, a volte senza giorni liberi, per comprarle regali e mettere da parte i soldi per una casa. Sognavano una villa in campagna. Solo dopo avrebbero potuto pensare a un figlio. Per ora vivevano nell’appartamento di tre stanze che Alessia aveva ereditato.
«Amore, ora questa macchina è tua. So quanto la desideravi».
A casa festeggiarono i loro cinque anni insieme e il nuovo acquisto, visto che al bar non avevano potuto bere vino, con Matteo al volante.
Il giorno dopo, Alessia arrivò in ufficio con la scintillante auto rossa. Entrò raggiante, e le colleghe la aspettavano già, curiose di sapere cosa le avesse regalato il marito per l’anniversario. Naturalmente, tutte la congratularono.
«Il mio Matteo mi ha regalato questa macchina. Mi capisce al volo», chiuse gli occhi per un attimo. «Ragazze, non avete idea di quanto sia speciale. Pensate, in cinque anni non abbiamo mai litigato seriamente».
«Complimenti per questo regalo favoloso», dissero le colleghe.
Qualcuna era sinceramente felice per lei, ma altre avrebbero voluto strapparla a pezzi. Tra queste c’era Ginevra, un’ex compagna di scuola di Matteo, che le portava rancore da sempre. Era innamorata di lui fin dai tempi del liceo. Ora, guardando Alessia, pensava:
«Perché a certe persone va sempre tutto bene? Pazienza, la farò saltare. Guarda come è felice e soddisfatta», ma in faccia le sorrideva.
Alessia, ingenua, non capiva che la felicità va custodita e non ostentata. Non nascondeva nulla alle colleghe, credendo che la considerassero una di loro. Non immaginava che qualcuna, accecata dall’invidia, sarebbe arrivata a tessere una trama per rubarle tutto, anche calpestando chi le stava intorno.
Quasi a fine giornata, Matteo la chiamò per dirle che aveva un lavoretto urgente e sarebbe tornato tardi. Lei sospirò. Pazienza, stava lavorando per il loro futuro.
Salutando le colleghe, uscì dall’ufficio e si avvicinò alla sua auto.
«Allora, bellissima, torniamo a casa», disse con affetto alla sua «bambina».
Di ritorno, si fermò in un centro commerciale e scelse un orologio da polso per Matteo.
«Sarà il regalo perfetto per lui».
Dopo averlo comprato e fatto incartare, risalì in macchina soddisfatta.
«Adesso tocca a me far felice il mio Matteo. Dare è bello quanto ricevere».
Mentre rallentava vicino a casa per parcheggiare, sentì un colpo sordo. Saltò fuori dall’auto e vide un uomo seduto a terra che si teneva una gamba. Spaventata, chiese:
«Dio mio, l’ho investita? Mi scusi, chiamo subito un’ambulanza. O preferisce che la porti io in ospedale?».
Lui scosse la testa.
«Niente ospedale. Non è grave, sarà solo un livido. Basterà del ghiaccio».
Alessia lo invitò a salire in casa, e lui accettò. Una volta dentro, gli fasciò la gamba, scusandosi in continuazione.
«Non si preoccupi così. Sarei disposto a farmi male ogni giorno pur di vedervi. Mi chiamo Marco, e lei?».
«Alessia…».
Marco la fissava in modo troppo diretto, mettendola a disagio. Dopo un po’, si alzò e lei gli propose un passaggio. Rifiutò. Poi si fermò davanti a una foto di Matteo e Alessia sulla mensola e chiese, sorpreso:
«Lo conosce? Caspita! Ma cosa dico, se siete insieme nella foto. Lasci indovinare… suo fratello?», sorrise. «Certo, fratello, chi altri!».
«Lo conosce davvero?», domandò Alessia, stupita.
«Certo, è il marito di mia sorella. Lavora come un matto, fa lavoretti e viaggi per comprarsi una villa. È sempre fuori casa, ma pazienza, ha un obiettivo».
Alessia si sentì male. Le parole le trafissero il cuore. Non ricordava neanche come Marco se ne fosse andato, ma se n’era accorto che era sconvolta.
«Non può essere vero. È solo un incubo».
Ma aprendo gli occhi, capì che era tutto reale. Come faceva Marco a sapere che Matteo voleva comprare una casa? Non riusciva a crederci:
«Possibile che Matteo abbia una doppia vita? I nostri sogni di una casa e un figlio… li sta vivendo con un’altra?».
Quando Matteo tornò, Alessia fingeva di dormire. Non voleva vederlo, figurarsi parlare. Non era pronta ad affrontare la verità su un’altra donna.
Decise di non dirgli nulla, diventando silenziosa. Al lavoro, le colleghe notavano la sua tristezza ma non chiedevano. Avrebbe parlato quando si fosse sentita pronta.
«Dov’è Matteo ora? Al lavoro o con quell’altra, la sorella di Marco? O forse quei lavoretti sono la sua seconda famiglia?».
Le sue domande non trovavano risposta, e non aveva nessuno con cui confidarsi. Tranne uno: Marco, l’uomo che aveva investito, che ora appariva ovunque. Davanti all’ufficio, vicino a casa. Ogni volta le sorrideva:
«Non è un caso, Alessia. È destino».
Un giorno, seduti in un bar, lei gli parlò di Matteo.
«Matteo non è mio fratello, è mio marito».
«Tuo marito? Ma che stronzo! Ha due famiglie? Mia sorella è incinta di lui! Parlerò io con lui, da uomo a uomo. Devi divorziare, buttalo fuori di casa!», insistette Marco. «All’inizio non volevo dirtelo per non farti star male. E poi non mi avresti creduto».
Matteo aveva notato il cambiamento in Alessia e voleva parlarle. Anche lei aveva deciso di affrontare la verità.
«E se lo chiamassi? Gli chiedo l’indirizzo di questo lavoro. E poi? Arriverei e troverei l’altraDecise di non chiamarlo, ma quando tornò a casa quella sera, lo trovò in piedi in sala con un mazzo di fiori e un sorriso tremulo, pronto a spiegarle tutto, mentre il cuore batteva forte nella certezza che il loro amore avrebbe superato anche questa prova.