Ecco la storia adattata alla cultura italiana:
Allora, sai, quando Federico è tornato dall’esercito, era ancora più in forma di quando era partito. Era il più giovane di una famiglia numerosa, con quattro fratelli, e sembrava aver preso il meglio da tutti: alto quasi due metri, con spalle larghe, capelli biondi e occhi azzurri che guardavano il mondo con gentilezza. Sempre pronto ad aiutare e, diciamocelo, la forza non gli mancava di certo.
Erano passati tre giorni dal suo ritorno al paesino di Monteverde, aveva rivisto parenti e amici, quando un pomeriggio, tornando dal negozio, vide Beatrice. Rimase senza parole davanti a quella ragazza bellissima, anche se non troppo alta.
“Mamma mia, che bellezze abbiamo qui in paese!” le disse subito, sorridendo. “Mi sono perso qualcosa, o sono cresciute nuove ragazze mentre ero via?”
“Ciao, bella, non mi sembra di averti vista prima,” le chiese, “di chi sei figlia?”
“Ciao, sono figlia di mia madre e mio padre,” rispose ridendo. “Certo che non mi riconosci, non sono di qui.”
“Federico, mi chiamo Federico. E tu?”
“Beatrice, Beatrice Rossini. Sono maestra delle elementari, sono qui da un anno.”
“Ah, capisco. Io sono appena tornato dall’esercito.”
Stettero lì a chiacchierare come se si conoscessero da sempre. I paesani già li guardavano, immagino pensando che fossero già promessi. In un paese piccolo, queste cose si sanno in fretta… E Federico e Beatrice si piacquero così tanto che non volevano separarsi.
Quella sera, Federico non riusciva a smettere di pensare a Beatrice.
“Mamma, sai dove abita quella nuova maestra, Beatrice?”
La madre lo guardò sorpresa.
“Le hanno dato la casetta della nonna di Andreina, quella che è morta anni fa. È ancora solida, e lei ci si è sistemata. Perché, ti piace? L’hai già notata?”
“L’ho notata e mi ha lasciato senza parole,” disse Federico, e si preparò per uscire.
Da lì, cominciarono a frequentarsi, a parlare, e poi Federico le chiese di sposarlo. Lei accettò, e fecero un matrimonio che fece parlare tutto il paese. Alcune ragazze si offendevano:
“Perché ha sposato una forestiera? Qui ci sono tante belle ragazze!”
Ma col tempo si abituarono e l’accettarono, soprattutto perché Beatrice era amata dai bambini e rispettata dai genitori. Federico andò a vivere con lei, visto che a casa dei suoi genitori c’era già un fratello con la famiglia e non c’era spazio. Lui era bravo con le mani, sapeva fare di tutto e aveva anche una bella forza.
“Bea, faccio un’ala nuova alla casa, così avremo più spazio, soprattutto quando arriveranno i bambini,” le disse un giorno, e lei lo sostenne.
In pochi anni, Federico costruì una casa che faceva invidia a tutto il paese. Robusta come lui. Beatrice era felice. Vivevano sereni, ma c’era una cosa che li rattristava: non avevano figli. Lei adorava i bambini, dedicava tutto sé stessa ai suoi alunni, ma non riusciva a rimanere incinta.
“Perché non riesco a dare un figlio a Federico?” pensava spesso. “E se mi lasciasse per questo? Lui li vuole tanto, e la casa è pronta.”
Anche lui ci pensava: “Sarà colpa mia? E se Beatrice mi lasciasse?”
Pensavano entrambi, ma non fecero mai controlli. Forse avevano paura della risposta, o forse speravano ancora. Passarono gli anni. Beatrice aveva trent’anni, lui due in più. Un giorno, vide in tv un servizio sui bambini in adozione e le venne un’idea.
“Potremmo prendere un bambino dall’orfanotrofio. Avremmo un figlio.” Voleva un maschietto. Ma come l’avrebbe presa Federico?
Ci pensò a lungo, poi una sera a cena gli disse:
“Fede, che ne dici di adottare un bambino?” e lo guardò negli occhi.
Lui quasi si strozzò, tossì, poi rispose:
“Bea, mi hai letto nel pensiero. Ci pensavo da tempo, ma non sapevo come proportelo. Speravo che avresti capito.”
“Dio, Fede, sono così felice!” gli si buttò addosso abbracciandolo.
Dopo aver preso informazioni, andarono all’orfanotrofio in città. Era vicino all’ospedale, circondato da un alto muro. Entrarono nello studio della direttrice, che si chiamava Laura.
“Buongiorno, dottoressa Laura,” dissero educatamente.
“Buongiorno, accomodatevi. Immagino avremo una lunga chiacchierata.”
Laura spiegò tutto nei dettagli, fece domande su di loro, sui documenti necessari. Voleva capire chi erano. Poi propose:
“Venite, vi faccio conoscere i bambini.”
Non erano tantissimi. A Beatrice piacque subito un bimbo di sette anni, Luca, che assomigliava un po’ a Federico, robusto e con gli occhi azzurri. Anche lui lo notò subito. Laura, vedendo dove guardavano, sussurrò:
“Luca ha un fratellino più piccolo, Matteo. Non possiamo separarli.” E indicò un bimbo di tre anni.
Beatrice sentì subito che quei bambini erano già parte di loro. Guardò Federico, che sorrideva appena, ma lei capì. Tornati in ufficio, Laura chiese:
“Dai vostri sguardi, immagino vorreste prendere entrambi i fratelli?”
“Sì,” risposero all’unisono.
“Sono contenta, ma sapete che i bambini, come le piante, hanno bisogno di cure, amore, pazienza. Sono un impegno enorme. Ma a chi lo dico,” sorrise, “tu sei una maestra, lo sai bene.”
“Sì, lo so,” disse Beatrice. “E ora, vedendo questi bambini, capisco ancora di più che un bambino abbandonato vive senza amore, come una pianta senz’acqua.”
Dopo i documenti e le pratiche, Luca e Matteo finalmente arrivarono a casa. Erano felici. Luca andava in prima elementare, e dopo il weekend camminò orgoglioso accanto a “mamma” verso scuola. Non ci fu bisogno di spiegare come chiamarli: il fratello maggiore disse subito a Matteo:
“Loro sono la nostra mamma e il nostro papà,” e il piccolo cominciò a saltellare ripetendo: “Mamma e papà!”
Federico li guardava commosso, con gli occhi lucidi, e Beatrice pensò:
“Fede sarà un padre meraviglioso. Si vede quanto li ama.”
Il tempo volò. I bambini si affezionarono, e loro li amarono con tutto il cuore. Quando Matteo andò in prima elementare, quella estate andarono al mare in treno.
“Mamma, il treno è fantastico!” esclamò Matteo. “Si vede tutto dal finestrino! Non ho mai visto il mare. È grande?”
“Grandissimo,” rispose Beatrice, guardando Luca, più tranquillo ma con lo stesso luccichio negli occhi.
Tornarono abbronzati, felici, pieni di ricordi.
A scuola andavano bene: Luca prendeva discreti voti, Matteo era bravissimo. Non davano problemi. Luca sapeva di essere adottato, ma li amava come veri genitori.
Un giorno, quando Matteo era in terza elementare, Beatrice li sentì parlare:
“Luca, Michele ha detto che mamma e papà non sono i nostri veri genitori. Che siamo stati adottati. È vero?”
“Sì,” rispose Luca. “Ma sono meglio dei veri. Ricordatelo.”
Beatrice scoppiò a piangere di nascosto. Poi lo raccontò a Federico, che si emozionò anche lui.
“Vedi che bei figli abbiamo? Li stiamo crescendo bene.”
I ragazzi stavano sempre con Federico, che insegnava loro tutto: a lavorare, a pescare.
Un