Un Padre per Scelta

Oggi voglio raccontare la mia storia. Fin da piccola sapevo che la mamma mi aveva portato “sotto il grembiule”. Me lo avevano detto le signore del quartiere, quelle che sembravano vivere sulla panchina davanti al palazzo.

Immaginavo la mia mamma, la fragile e piccola Lucia, che camminava con me nascosta sotto il vestito della festa. “È perché non hai un papà!” mi spiegò Marina, la ragazzina che viveva nellappartamento sopra al nostro. “Sei una figlia senza padre!”

“E allora?” risposi. “Io ho i nonni! Tu no!”

“Che ridere! I nonni non contano! Una donna ha bisogno di un uomo! Senza uomo, non è completa! Lo dice sempre la mia mamma!”

Quella sera, come sempre, mi sedetti accanto a mamma sul divano. Era la nostra abitudine: la sera parlavamo, lei lavorava a maglia o cuciva, io facevo braccialetti con le perline o disegnavo.

“Mamma, è davvero necessario avere un papà?” chiesi, mentre dal piano di sopra iniziava il solito “spettacolo”, come lo chiamava la nonna Paolina. Lo organizzava il padre di Marina, lo zio Alessandro. Se urlava solo lui, voleva dire che aveva bevuto. Se invece litigavano tutti, era sobrio e questo lo rendeva ancora più arrabbiato.

“Se viviamo bene senza, allora non è indispensabile,” rispose mamma accarezzandomi i capelli.

“Ma Marina dice che una donna senza uomo non è completa…”

“Tesoro, ognuno si consola come può. Noi stiamo male insieme?”

“No,” dissi scuotendo la testa. In effetti, vivevamo bene. Mamma era contabile in unazienda importante, guadagnava abbastanza. Ogni weekend uscivamo: al bar, al cinema, a teatro. Destate andavamo al mare, e a Capodanno in campagna dalla zia Giulia, amica di mamma, che aveva tre figli e un marito che costruiva per loro grandi scivoli di neve.

Intanto lo “spettacolo” al piano di sopra si faceva più rumoroso. Bestemmie, urla si sentivano in tutto il condominio. Dopo mezzora, mamma andò in ingresso. Sapevamo come sarebbe finita. La porta si aprì di colpo ed entrarono di corsa la zia Caterina e Marina.

“Chiudi! Chiudi!” gridò la zia, ma mamma aveva già capito. Qualcuno picchiava alla porta.

“Lucia! APRIMI! Dove è quella *****? Le rompo le gambe!”

“Se non te ne vai, chiamo la polizia,” rispose mamma calma. Lo aveva già fatto altre volte, e il vicino sapeva che non scherzava.

“No, Lucia!” piagnucolò Caterina. “Lo metteranno in prigione!”

“Finalmente!” Mamma andò in cucina a preparare il tè.

“Ma come farai senza un uomo?” insistette Caterina. Il suo vestito era strappato, i capelli arruffati, un livido le si formava sotto locchio.

“Non sono sola. Ho mia figlia. E non ho lividi. E non devo scappare dai vicini.”

“E di che ti vanti? Tua figlia cresce senza padre! E poi, se ti picchia, è perché ti ama! Noi litighiamo oggi, domani lui mi amerà ancora! Tu invece dormirai sola in un letto freddo!”

Mamma scosse la testa. Era sempre la stessa storia.

Quando iniziai la prima elementare, arrivò lo zio Luca. Era basso, ma robusto. Parlava poco, era serio. Allinizio ebbi paura che mamma si dimenticasse di me Marina mi aveva “illuminata”.

“Credi davvero che ti voglia bene? Non sei figlia sua! Agli uomini non piacciono i figli degli altri! Appena tua mamma avrà un altro bambino, ti butteranno fuori o ti manderanno in orfanotrofio!”

Ma lo zio Luca, contrariamente alle previsioni di Marina, si comportò benissimo. Lavorava come ingegnere nella stessa azienda di mamma. Aveva una macchina grande e bella, e ora ci portava ovunque.

Giocava con me, mi comprava vestiti e bambole, mi difendeva dai bulli e la sera stava con noi sul divano, guardandoci mentre lavoravamo.

Quando mamma e lui si sposarono, con una piccola festa in trattoria, lui mi sorrise e disse: “Puoi chiamarmi papà.” E io lo feci, felice.

Ma quando la zia Caterina lo scoprì, rise male. “Che papà! È il tuo patrigno! Tua madre ha un marito, ma tu non hai un padre!”

Caterina odiava Luca. Da quando lui si era trasferito da noi, non poteva più scappare a casa nostra.

“Vattene a casa tua, o vai in albergo! Qui non sei al sicuro!” le disse lui una sera.

“Ma chi ti credi di essere? Chiamo mio marito! Vedrai!”

“Eccolo lì,” rispose Luca, indicando Alessandro che barcollava verso di loro. Luomo cercò di aggredirlo, ma Luca lo bloccò con un braccio, facendolo cadere.

“Assassino!” urlò Caterina. “Ti faccio arrestare!”

“Fall

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