Una piccola bambina si presenta da sola all’asta dei cani poliziotto — quello che è successo dopo ha commosso tutti fino alle lacrime

Ricordo ancora quella piccola figura solitaria che entrò nellasta dei cani poliziotto. Allinizio, nessuno le prestò attenzioneuna bambina con le scarpe da ginnastica consumate e una scatoletta di latta stretta tra le mani. Non disse una parola, eppure non ne ebbe bisogno.
Alessia era lì per qualcuno che per lei rappresentava lultimo legame con la madreun cane di nome Arturo, che un tempo aveva lavorato nella polizia accanto a sua madre, scomparsa troppo presto. Dopo quella perdita, Alessia aveva smesso completamente di parlare.
La sala era piena di adulti con assegni pronti, disposti a offrire qualsiasi cifra per i cani. Quando arrivò il turno di Arturo e le offerte raggiunsero i tremila euro, improvvisamente la bambina fece un passo avanti e alzò la sua scatoletta.
“Ho sessantatré euro e diciassette centesimi,” sussurrò, quasi inudibile.
Qualcuno sogghignò, altri scrollarono le spalle con aria di sufficienza.
E poi accadde qualcosa di inaspettato.
Arturo abbaiòuna volta sola, forte e chiaro. Un silenzio improvviso cadde sulla sala. Poi, si liberò dal guinzaglio delladdestratore e corse dritto verso Alessia.
Tutti trattennero il respiro. Persino il banditore tacque. Quello che seguì fece venire le lacrime agli occhi a chiunque fosse presente.
Arturo si avvicinò alla bambina, poggiò il muso sul suo grembo e rimase immobile. Non abbaiò più, non saltòstette semplicemente lì, come se obbedisse a un comando mai pronunciato. Alessia posò una mano sulla sua testa. Nessuna parola. Solo quel gesto.
Il banditore si tolse gli occhiali, fece una pausa e poi annunciò: “Sembra che abbiamo un vincitore.”
Nessuno protestò. Nemmeno quelli pronti a pagare il triplo si fecero avanti. Avevano capito: quella non era una transazione. Era un ritorno a casa.
Gli organizzatori presero la scatola con i soldi, ma più tardi restituirono tuttolasciando discretamente una busta al canile.
Gli agenti di polizia aiutarono con le formalità, e Arturo divenne ufficialmente il cane di Alessia. Un addestratore si offrì di visitarli regolarmente, per assicurarsi che tutto andasse bene e per aiutare la bambina con le cure necessarie.
Vivevano con la nonna di Alessia, alla periferia di Firenze, in una casetta modesta. Arturo dormiva ai piedi del letto della bambina, la accompagnava a scuola e ogni mattina la svegliava accucciandosi accanto a lei.
Alessia non ricominciò a parlare subito. Prima vennero le singole parole, poi le frasi. A volte si svegliava di notte per gli incubi, ma ora cera qualcuno che si limitava a stare lì, respirando nello stesso ritmo.
La vita non diventò una fiaba. Rimase normalecon le difficoltà, i compiti, le bollette da pagare. Ma in quella vita cera qualcuno su cui contare. Arturo non era un miracolo. Era semplicemente arrivato dove doveva essere.
A volte, basta questo.

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