Era un tempo passato, ormai lontano, quando mia suocera mi versò addosso un secchio dacqua per svegliarmi, senza immaginare come sarebbero andate le cose.
Sono passati due anni dal matrimonio con mio marito, e fin dallinizio, mia suocera non ha mai accettato la mia presenza. Credeva che suo figlio meritasse una donna migliore di me, e faceva di tutto per allontanarci.
Allinizio, cercavo di ignorare i suoi commenti, ma con il tempo, le sue critiche divennero più frequenti e pungenti. Non importava quanto mi sforzassi, per lei non era mai abbastanza.
Mio marito sapeva tutto, ma continuava a dirmi che sarebbe passato, che sua madre alla fine mi avrebbe accettata, e che in fondo aveva un buon cuore.
Una mattina, entrò nella mia camera e mi rovesciò addosso un secchio dacqua gelata, gridando: «Alzati, pigrona!» Mi svegliai di soprassalto, completamente inzuppata e sconvolta.
Quando le chiesi il perché di quel gesto, rispose con tono autoritario: «Nella mia casa, nessuno dorme fino a mezzogiorno! Qui ci si alza allalba!»
Guardai lorologio: erano le sei e mezzo di una domenica. Non potei trattenermi. Con voce tremante di rabbia, dissi: «Ho diritto a riposarmi! È il mio unico giorno libero.»
Lei non cercò neanche di capire. Mi fissò con unespressione dura e replicò: «Quale diritto? Finché vivi sotto il mio tetto, scordatelo! Qui comando io!»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Aveva superato ogni limite, e questa volta sapevo che era arrivato il momento di agire
Vi racconto tutto questo e vorrei sapere cosa ne pensate nei commenti. Credete che mia suocera avesse il diritto di trattarmi così?
Il resto della storia lo trovate nel link nel primo commento.
Quando raccontai tutto a mio marito, ero al limite, ma determinata.
Gli spiegai quanto fosse umiliante il comportamento di sua madre e come mi facesse sentire.
Dissi che non potevo più tollerare di essere trattata così, soprattutto da chi avrebbe dovuto essere una figura materna, non una tiranna.
Non gli chiesi di scegliere tra me e lei, ma di prendere una posizione chiara.
Avevo bisogno del suo sostegno, che stabilisse i confini con sua madre.
Lui rimase in silenzio a lungo.
Poi, finalmente, mi guardò negli occhi e disse: «Hai ragione. Siamo io e te, prima di tutto. Dobbiamo andarcene e vivere la nostra vita.»
Scegliemmo di partire insieme, lontani dallinfluenza tossica di sua madre.