Mamma, a cui non devo nulla

Elena e Michele si preparavano per il matrimonio. Il giorno prima della festa, la madre della sposa, Anna Maria, venne a conoscere la futura suocera. Lincontro avvenne a casa della madre di Michele, Lidia Bianchi. Parlarono dei dettagli del matrimonio e pranzarono insieme. La mattina dopo, Anna Maria si preparò per tornare a casa. Elena uscì per accompagnarla.

“Allora, cosa ne pensi di Michele?” chiese alla madre.

“È un bravo ragazzo,” sorrise, ma sospirò pesantemente.

“Mamma, cosa cè?” si stupì Elena.

“Figlia, stai attenta con sua madre. Non la conosci ancora bene.”

Quelle parole trovarono presto un senso.

Quando Elena scoprì che la suocera voleva andare a vivere con loro, lo disse chiaramente al marito:

“Dovrai scegliere: io o tua madre.”

“Non ho intenzione di scegliere nessuno,” rispose Michele con calma. “Restiamo così come siamo, e mia madre risolverà i suoi problemi da sola.”

“Vuoi dire che non la lascerai trasferire da noi?”

“Glielho già detto.”

“E come ha reagito?”

“Si è arrabbiata. Mi ha chiamato ingrato e ha detto che me ne pentirò.”

“Era prevedibile”

Lidia Bianchi andò in pensione prestoaveva lavorato per anni come hostess di volo.

“Basta. Ho lavorato abbastanza,” decise, ricevendo una pensione generosa, sicuramente più alta di quella della maggior parte.

Ma capì presto che quei soldi non bastavano per il suo stile di vita. La soluzione venne da sé: far pagare tutto al figlio.

“Ti ho cresciuto, ti ho dato uneducazione. Ora tocca a te fare il tuo dovere di figlio,” gli disse quando Michele aveva appena ventitré anni. “Dal prossimo mese, pagherai laffitto e la spesa.”

“Daccordo,” rispose lui. “Ma se mi occupo io della casa, tu non ti intrometti nella mia vita.”

Lei fu daccordoe, devo dire, non lo disturbò. La vita del figlio non le interessava granché. Michele era stato cresciuto soprattutto dai nonni, mentre lei sistemava la sua vita, senza successo.

Passarono gli anni. Il figlio crebbe e si trasferì da lei alle superiori. Per cinque anni pagò laffitto e la mantenne. Lei godeva la vita, spendendo la pensione solo per sé.

Quando Lidia compì cinquantanni, Michele portò a casa la moglie.

“Che curata siete!” disse Elena, imbarazzata, al primo incontro con la suocera. “Non sembrate affatto una pensionata.”

Scoprendo che i giovani avrebbero vissuto con lei, Lidia fu felice: “Oh, benissimo,” disse, pensando: “Ora non dovrò nemmeno cucinare.”

Elena credette fosse sincera, ma Michele le spiegò:

“A mia madre è mancato il coraggio di cacciarci. Negli ultimi cinque anni ho pagato tutto io.”

La visita di Anna Maria dissipò presto anche le già fragili illusioni:

“Figlia, stai attenta. Questa donna vive solo per sé. Vi dimenticherà quando le sarete dimpiccio. Limportante è che tu ti tenga stretta a tuo marito. Mi è piaciuto lui. Ma con sua madre non avete avuto fortuna.”

Passarono sei mesi. Lidia Bianchi si innamorò. Un uomo di nome Andrea cominciò a farsi vedere sempre più spesso. E poi

“Avete due settimane per trasferirvi. Vendo lappartamento. Mi trasferisco a Firenze.”

“Parli sul serio?” chiese Michele, sbalordito.

“Cosa? Ho il diritto. Lappartamento è mio. Me lhanno regalato i miei genitori.”

“E ci butti fuori?”

“Sì. È tutto legale.”

Michele indossò in silenzio la giacca e uscì. Quella sera, lui ed Elena già impacchettavano le cose. Si trasferirono da un collega che cercava affittuari. Dopo un mese, Lidia vendette la casa e partì con Andrea per Firenze.

Qualche giorno dopo, Michele provò a chiederle dei soldi in prestito:

“No, certo. Ho altre spese previste,” rispose fredda la madre.

“Be, buona fortuna,” disse lui.

“Anche a te,” sorrise lei. Non lo abbracciò nemmeno per salutarlo.

Passò un anno. Lidia chiamò: si era lasciata con Andrea, lui le aveva tolto tutti i soldi ed era sparito. Lei era rimasta sola, senza casa. Tornò e annunciò subito:

“Vivrò con voi.”

“No. Prendi i soldi rimasti, chiedi un mutuo.”

“Un mutuo? Alla mia età? Con la pensione?”

“Trovati un lavoro. Dovrai arrangiarti, come tutti.”

“Quindi non mi aiuti?”

“Non ti devo nulla, mamma.”

Lei esplose:

“Sei ingrato! Ti ho cresciuto!”

“Io sto solo seguendo il tuo esempio,” rispose il figlio con calma.

Lidia visse da amiche finché ebbe soldi. Poi, rifiuto dopo rifiuto. E tornò di nuovo dal figlio.

“Mamma, non sei malata né vecchia. Trovati un lavoro. Affitta almeno una camera. Cerca.”

“Non ti dispiace per me?”

“No. Mi ricordi quella libellula che cantò tutta lestate.”

Più tardi, Lidia si sistemò non con un lavoro, ma con un nuovo matrimonio. Con il primo arrivato. Ma almeno aveva una casa.

Ma questa è già tutta unaltra storia.

La lezione? Chi semina vento raccoglie tempesta.

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