Molti anni fa, durante una fredda mattina di marzo, mentre le strade di Milano erano ancora avvolte nella nebbia, il signor Vittorio Conti si dirigeva verso la sua villa sul Lago di Como. Accompagnato dalla sua fidanzata, la raffinata Angelica Fiorentini, dovevano partecipare a una festa organizzata dal suo socio in affari in occasione della Festa della Primavera. Angelica, con il suo solito fiuto per le opportunità, aveva insistito per andare: lì avrebbero incontrato persone di grande influenza, utili per la sua ambiziosa carriera.
Vittorio aveva già preparato il regalo per Angelica: una collana doro, elegantemente incartata e posata sul sedile posteriore della sua Fiat. Prima di ripartire, decise di fermarsi in un supermercato per comprare una bottiglia di grappa e, visto che Angelica amava i dolci, una tavoletta di cioccolato di qualità.
Tra gli scaffali, però, trovò solo poche scelte economichenulla che potesse soddisfare il palato esigente di Angelica. Poi, in un angolo più alto, scorse lultima confezione di cioccolato svizzero, quello che piaceva tanto a lei. Mentre la prendeva, un bambino di circa otto anni gli afferrò la manica.
«Signore, per favore, me la dà questa tavoletta? Voglio regalarla alla mamma per la festa!»
Vittorio lo guardò, sorpreso. «Perché proprio questa? Ce ne sono altre più economiche.»
«La mamma lha vista in televisione. Non lha mai assaggiata, ma la desiderava tanto.»
Per un attimo, Vittorio esitò. Angelica aveva già tutto il lusso che desiderava. Per quel bambino, invece, quel piccolo gesto avrebbe significato il mondo. «Ecco, prendila. Buona festa.»
Il bambino, raggiante, corse alla cassa. Vittorio lo seguì e lo vide svuotare sul bancone monetine da uno e due euro. La cassiera, con unespressione di frustrazione, sbuffò: «Non basta neanche per la metà. Lascia stare e vai via.»
Il bambino implorò, ma la donna minacciò di chiamare la sicurezza. Vittorio intervenne: «Buongiorno, signora. Festeggiamo anche noi, no?» Pagò con la sua carta e, rivolto al bambino, aggiunse: «Tieni i tuoi soldi. Ti serviranno.»
Ma il piccolo non si arrese. «Signore, io volevo fare il regalo alla mamma! Adesso è come se lavesse fatto lei!»
«Come ti chiami?» chiese Vittorio.
«Alessio. Prima risparmiavo per le medicine della mamma, ma la nonna diceva che non sarebbero bastate. Allora ho pensato: almeno un giorno di felicità.»
Vittorio, commosso, lo seguì a casa. Lappartamento era pulito ma freddo, come se mancasse la gioia. Quando la donna apparve, Vittorio rimase senza fiato.
«Irene?»
Era lei. Irene Lombardi, la ragazza conosciuta anni prima a Portofino, durante una vacanza estiva. Allora aveva lunghi capelli biondi e un sorriso che gli aveva rubato il cuore. Ora, pallida e malata, era irriconoscibile.
«Cosè successo?» chiese.
Irene gli raccontò tutto: licenziata ingiustamente da Angelica, ridotta in povertà, ammalatasi dopo aver lavorato sotto la pioggia al mercato. Vittorio, furioso, ordinò subito le medicine necessarie e promise di riportarla in azienda.
Poi, notando una foto sul comodino, capì. «Alessio è mio figlio, vero?»
Irene annuì, gli occhi lucidi. «Non sapevo come dirtelo. Quando ti ho rivisto in ufficio, non mi hai riconosciuta. E Angelica»
Vittorio la strinse a sé. Quella sera, riportò Irene e Alessio a casa sua, lasciando Angelica e i suoi intrighi alle spalle.
Da allora, ogni anno per la Festa della Primavera, compravano la stessa tavoletta di cioccolatoil dolce che aveva fatto rinascere la loro famiglia.