“Un segreto rivelato il giorno del mio matrimonio: mia moglie ha una figlia!”
“Roberto, non volevo dirtelo oggi, ma… sai che la tua neosposa ha una figlia?” Il mio collega Antonio mi lasciò di sasso mentre guidavo.
“Ma che dici?” Feci finta di non capire.
“Mia moglie, vedendo la tua Beatrice al matrimonio, mi ha sussurrato: Che strano, lo sa lo sposo che la sua fidanzata ha una bimba in orfanotrofio?”
“Roberto, ho quasi strozzato la mia bruschetta. Mia moglie è ginecologa allospedale di Milano. Dice di aver assistito allabbandono di quella piccola. Ricorda Beatrice per quella voglia a forma di cuore sul collo. La bimba si chiama Sofia e ha il cognome di tua moglie. Cinque anni fa, più o meno.” Antonio mi fissava, curioso di vedere la mia reazione.
Rimasi impietrito. Che colpo basso! Decisi di scoprire la verità da solo. Beatrice non era una ragazzina, aveva trentadue anni. Certo, prima di me avrà avuto una vita. Ma abbandonare un figlio? Come si fa a vivere con quel peso?
Grazie al mio lavoro, trovai presto lorfanotrofio di Roma dove viveva Sofia.
“Ecco la nostra piccola Sofia Bianchi,” disse il direttore presentandomi una bambina con gli occhi luminosi. “Dimmi, tesoro, quanti anni hai?”
Non potevo ignorare il suo lieve strabismo. Mi spezzò il cuore. Sentii subito un legame. Dopotutto, era la figlia della donna che amavo. Mia nonna diceva sempre: “Un figlio, anche storto, è sempre un tesoro.”
Sofia si avvicinò coraggiosa: “Ho cinque anni. Sei il mio papà?”
Rimasi senza parole. Come rispondere a una bambina che vede un papà in ogni uomo?
“Sofia, dimmi, ti piacerebbe avere una mamma e un papà?” Domanda stupida, lo so. Ma già volevo stringerla e portarla a casa.
“Sì! Mi porti con te?” Mi fissava, cercando una risposta nei miei occhi.
“Verrò a prenderti, ma più tardi. Mi aspetterai, piccolina?” Sentivo un groppo in gola.
“Aspetterò. Non mentirai?” Fece una faccia seria.
“No, non mentirò.” Le diedi un bacio sulla guancia.
A casa, raccontai tutto a Beatrice.
“Non importa cosa è successo prima di me, ma dobbiamo prendere Sofia. Ladotterò io.”
“E hai pensato a me? La voglio davvero questa bambina? E poi, strabica comè!” Alzò la voce.
“È tua figlia! Farò curare i suoi occhi. Sta tranquilla, è adorabile! Ti innamorerai di lei.” Ero scioccato dalla sua reazione.
Ci vollero mesi per convincerla.
Dovemmo aspettare un anno prima di portare Sofia a casa. Io andavo a trovarla spesso allorfanotrofio. Col tempo, ci legammo profondamente. Beatrice, però, non era entusiasta e cercò perfino di fermare ladozione. Insistetti.
Finalmente, Sofia varcò la soglia di casa nostra. Ogni piccola cosa la riempiva di stupore: la luce elettrica, il frigorifero, persino il bidet! Dopo un anno e mezzo, i medici corressero il suo strabismo senza chirurgia. Ero sollevato.
Sofia diventò il ritratto di Beatrice. Due bellezze illuminavano la mia vita: mia moglie e mia figlia.
Per mesi, Sofia andava in giro con un pacchetto di biscotti, anche di notte. Non riusciva a lasciarli. Aveva paura di restare senza cibo. Beatrice si irritava, io invece mi commuovevo.
Cercai di unire la famiglia, ma… Beatrice non riuscì mai ad amare sua figlia. Amava solo se stessa. Litigavamo sempre per Sofia.
“Perché hai portato questa selvaggina in casa? Non diventerà mai una persona normale!” Urla, scenate, drammi.
Amavo Beatrice, ma mia madre mi aveva avvertito:
“Figlio mio, hai visto mai che ti tradisce? Non costruirai nulla con lei. È una volpe.”
Quando si è innamorati, si è ciechi. Ma quando Sofia si ammalò, tutto cambiò.
Aveva la febbre, piangeva, seguiva Beatrice ovunque tenendo stretta la sua bambola Anna.
Beatrice perse la pazienza:
“Basta piagnucolare! Vai a letto!”
Poi, con un gesto crudele, strappò la bambola a Sofia e la lanciò dalla finestra.
“Mamma, è la mia Anna! Avrà freddo!” Sofia scoppiò in lacrime.
Corsi giù a riprenderla. Lascensore era rotto, scesi di corsa dallottavo piano. La bambola era appesa a un ramo, sembrava piangere. Tornando su, mi sentii invecchiare di dieci anni.
Beatrice era in salone, tranquilla, a leggere una rivista. In quel momento, il mio amore per lei svanì. Capii che era solo una bella scatola vuota.
Divorziammo. Sofia restò con me, Beatrice non oppose resistenza.
Tempo dopo, la incontrai per caso.
“Roberto, per me eri solo una tappa,” disse con sarcasmo.
“I tuoi occhi sono come smeraldi, Beatrice, ma la tua anima è nera come la pece.” Ormai potevo dirlo senza rancore.
Si risposò con un ricco imprenditore.
“Povero lui. Una donna così non dovrebbe mai essere madre,” commentò mia madre.
Sofia allinizio soffrì, cercando invano suo affetto. Ma poi arrivò Chiara, la mia nuova moglie. Con dolcezza infinita, conquistò il cuore di Sofia e di nostro figlio Matteo.
Beatrice aveva rinunciato a sua figlia due volte. Per me, era inconcepibile.