La casa è ormai piena

Non cera più spazio in casa

Tornando da sua figlia, Viola si fermò al supermercato per fare la spesa. Stava raggiungendo il passaggio pedonale quando vide Anna, invecchiata e curva. Allinizio pensò di essersi sbagliata, ma osservandola meglio, capì che era proprio lei.

“Anna,” chiamò la donna che camminava con passo pesante e strascicato. Le passò subito per la mente:

“Non sembra in gran forma”

Anna sollevò lo sguardo e sorrise, un sorriso stanco, sfinito.

“Viola, ciao tesoro, ti ho riconosciuta subito, anche se non ci vediamo da tantissimo.”

Un tempo avevano lavorato insieme, erano amiche, anche se cerano cinque anni di differenza. Quando Viola andò in pensione, Anna era già pensionata ma continuava a lavorare.

“Oh, non vedo lora di smettere, non lavorerò un giorno di più,” diceva Viola, e la collega la guardava con invidia.

“Per te è facile, io invece non so quanto ancora dovrò tirare avanti. Aiuto i figli, pago i mutui.”

Dopo che Viola lasciò il lavoro, non si rividero più.

“Anna, sono passati secoli! Che piacere rivederti,” disse Viola, raggiante.

“Sì, il tempo vola. Io ne ho già settanta, sai? Sto tornando dalla farmacia. Abito qui vicino, adesso.”

“Vicino? Ma come?” si stupì Viola, sapendo che Anna aveva sempre vissuto in una casa indipendente. “Hai venduto la casa?”

“Vivo con mia sorella in un bilocale. E abbiamo anche portato qui nostra madre dal paesino, ha novantadue anni, ci occupiamo di lei. Certo, nella mia vecchia casa stavo meglio, ma” si interruppe. “Non mi abituerò mai a questo appartamento. È soffocante, respirare in questa scatola di cemento è difficile. Ho sempre vissuto in una casa di legno.”

“E allora perché non ci sei rimasta?” Si sedettero su una panchina, nessuna delle due aveva fretta.

Viola e Anna erano state amiche, si facevano visita spesso. Anna era sempre stata una donna sorridente e gentile. La sua risata aperta attirava le persone come una calamita. E che brava massaia! La casa era sempre ordinata, la tavola piena di delizie: pomodori, cetrioli, erbe aromatiche, frutti del suo orto. Era unospite meravigliosa, quando ancora aveva il marito. Ma il matrimonio non era stato felice: lui beveva e litigava, anche se non visse a lungo. Anna rimase sola con due figli, ma non si perse danimo. Sì, era dura crescere un maschio e una femmina da sola, ma almeno cera pace. Prima, viveva come su un vulcano, aspettando il marito ogni sera e chiedendosi in che stato sarebbe tornato.

Passarono gli anni. I figli crebbero. Il primo a sposarsi fu il maschio, che affittava un appartamento con la moglie. Ma quando lei rimase incinta, si trasferirono da Anna.

“Mamma, resteremo da te. E poi ci aiuterai con il bambino,” annunciò il figlio, senza chiedere.

“Va bene, figliolo, se avete deciso così,” rispose la madre.

Le dava un po fastidio che non avesse chiesto il suo parere, ma non oppose resistenza. Anche la figlia viveva ancora con lei, e cera spazio per tutti. Le cose si complicarono con la nascita del nipote. Il bambino piangeva spesso di notte, nessuno dormiva più. Anna andava al lavoro con il mal di testa, ma che fare? Un bambino è un bambino.

Aiutava con il nipotino, lo portava a passeggio nei weekend per dare un po di respiro alla nuora. A volte il figlio e la moglie partivano per il weekend, lasciando il piccolo alla nonna.

“Ma perché non lo portano con loro?” chiedeva Viola, quando Anna le raccontava delle sue giornate.

“Vogliono riposarsi, andare al bar o in gita con gli amici, alla sauna in campagna insomma, sono stanchi.”

“E tu no? Lavori tutta la settimana, anche tu vorresti riposarti,” obiettava lamica.

Il tempo passò. Un giorno, la figlia le comunicò:

“Mamma, mi sposo. Preparati per il matrimonio. Dovrai pagare tu tutto, però.”

Anna si stupì, ma la figlia spiegò che il fidanzato non aveva parentiuna bugia, in realtà: lui veniva da un altro paese, la madre era unalcolizzata e il padre sconosciuto.

“Capisco e se facessimo senza matrimonio?” propose Anna.

“Che dici, mamma? Mio fratello ha avuto il suo matrimonio, tu hai pagato, e io invece no? Anchio voglio il vestito bianco,” ribatté la figlia, offesa.

“Dovrò chiedere un prestito,” disse Anna. “Non ho abbastanza soldi.”

“Va bene, lo chiederò io, ma mi aiuterai a pagarlo. E poi vivremo qui con te. Non possiamo permetterci sia laffitto che le rate.”

Anna capì che avrebbe dovuto stringersi. Ma che fare? I figli sono figli, e lei doveva aiutarli. Al figlio e alla nuora la prospettiva non piaceva, ma non volevano nemmeno andarsene. Con la madre era comodo, cera sempre aiuto per il bambino.

Il matrimonio si celebrò in un ristorante vicino, non molti invitati, ma tutto in regola: labito bianco, lo sposo in completo. Il genero sembrava una brava persona, educato e tranquillo. Cominciarono a vivere tutti insieme, in stanze separateper fortuna la casa era grande. Anna era un po preoccupata:

“E se iniziano a litigare?” Ma tutto sembrava tranquillo.

Un giorno, il figlio le disse:

“Mamma, voglio fare unestensione alla casa, con un ingresso separato per la mia famiglia. Mi devi aiutare. Prenderò un mutuo, tu mi darai una mano con le rate. Poi costruiremo anche un secondo piano. Ne ho parlato con mia sorella, è daccordo. Tanto lei e suo marito non hanno intenzione di andarsene. E poi avranno presto un figlio anche loro. Che ne dici, mamma? Mi aiuti?”

Anna fu colta di sorpresa, come sempre. Lui decideva, poi la informava.

“Daccordo, ti aiuterò,” rispose, anche se pensava: “Quanto dovrò ancora lavorare per pagare questi debiti?”

Passò del tempo, e il figlio fece come aveva detto. Non subito, certo. Ci vollero tre anni per completare lampliamento e costruire il secondo piano. Ora lingresso della sua famiglia era dallaltro lato della casa. Al piano terra avevano una cucina spaziosa e un soggiorno. Al secondo piano si saliva con una bella scalinata. Lui e la moglie avevano due figli, ognuno con la sua camera.

Il figlio e la nuora erano felici, ma non invitavano mai Anna da loro. Lei spesso pensava:

“Ho aiutato a pagare il mutuo, almeno un grazie? Non mi fanno nemmeno entrare. I bambini me li mandano, e basta.”

Anna era in pensione, ma continuava a lavorare. Poi la figlia le propose:

“Mamma, vogliamo ristrutturare la nostra parte della casa. Perché loro sì e noi no? Ma sai che non abbiamo soldi, i bambini vanno già a scuola. Prenderemo un mutuo, aiutaci a pagarlo, da soli non ce la facciamo. Dobbiamo sistemare la casa, soprattutto il secondo piano. Voglio che sia come quello di mio fratello.”

“Figlia mia, io pensavo di smettere finalmente di lavorare,” rispose Anna. “Sono in pensione, eppure mi trascino ancora in ufficio. Per fortuna con tuo fratello abbiamo finito di pagare.”

“Ecco, lo sapevo! Per lui tutto, per me niente!”

“Va bene, fig

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