“Non mangerò questa robaccia,” disse la suocera guardando il piatto con disgusto.
“Che cos’è?” chiese Eleonora arricciando il naso, come se avessero servito un secchio di spazzatura.
“Minestrone,” spiegò con un sorriso la nuora, Luciana. Scoperchiò una zuppiera di ceramica e versò un brodo caldo e colorato. “È una gioia cucinare con le verdure del mio orto.”
“Non vedo differenza,” commentò la suocera sprezzante. “Però è vero che lavorare nellorto richiede molta fatica!”
“Senza dubbio,” rise Luciana. “Ma quando è una passione, è sempre piacevole.”
“Tu parli della ‘tua’ passione, non di un obbligo,” sbuffò Eleonora, stringendo le labbra. “Per chi hai cucinato tutto questo?”
“Per noi. Non è tanto. Basta per due pasti.”
“Non mangerò questa pappetta,” replicò la suocera, agitando le mani e indietreggiando. “Questo contenuto è incomprensibile!” Eleonora finse un conato e si coprì la bocca, distogliendo lo sguardo.
Luciana alzò gli occhi al cielo e sospirò.
Aveva conosciuto Matteo, il figlio di Eleonora, un anno e mezzo prima. Il loro colpo di fulmine fu così forte che si sposarono un mese dopo, senza una cerimonia sfarzosa.
Con i soldi risparmiati, investirono nel loro sogno: una casa in campagna, che arredavano poco a poco con amore.
In tutto quel tempo, Luciana aveva visto Eleonora solo quattro volte. Altrettante volte Matteo. Tre di queste, era stata lei a convincere il marito a far visita alla madre per le feste.
Eleonora aveva sempre considerato quel matrimonio una follia. Ma non poteva controllare il figlio, ormai adulto e indipendente, così aspettava quella che considerava una fine naturale.
Ma la fine tardava ad arrivare, e questo la irritava.
Non capiva cosa Matteo avesse trovato in quella “ragazza così ordinaria,” e si chiedeva come Luciana lo avesse sedotto.
Lui era un bel giovane, sempre circondato da donne più degne e affascinanti.
Inoltre, Eleonora era una cittadina convinta, e aveva cresciuto il figlio nello stesso modo. Listinto materno le diceva che Matteo si era già stancato di quella vita campagnola, e che bastava una piccola spinta per tornare alla normalità.
Dopo unesperienza così amara, era sicura che avrebbe trovato una compagna più adatta, con cui avrebbe avuto un rapporto autentico.
Ma doveva sbrigarsi, prima che lastuta Luciana intrappolasse suo figlio con un bambino!
Eleonora aveva un piano: chiamò la nuora per farsi invitare, dato che non era stata convitata alla festa della casa.
Luciana le ricordò di averla invitata due volte al telefono, ma Eleonora aveva sempre rifiutato, dicendo di essere occupata. Eleonora scrollò via le scuse e insisté per far visita al figlio.
Due giorni dopo, era in un salone luminoso, incapace di nascondere il disgusto.
Suo figlio, come lei e suo marito defunto, odiava le minestre! In famiglia si mangiavano solo piatti ben riconoscibili.
Come aveva permesso a sua moglie di prendere il controllo?
Forse era una strega?
Un brivido di angoscia la attraversò. Scartò subito lidea che Luciana lo trattenesse con le sue doti a letto.
Trucchi e Luciana? Impossibile!
Doveva essere magia nera!
Altrimenti, come spiegare che suo figlio mangiasse quella schifezza?
Eleonora lanciò unocchiata carica dodio alla nuora.
Fingeva di essere una santa, mentre “avvelenava” lentamente suo marito.
“Cosha di incomprensibile?” disse Luciana, ignorando la recita della suocera, versando unaltra ciotola di minestrone. “È semplice. Cavolo, cipolle, carote e barbabietole, ricetta di mia nonna. Manca la patata, ma la prossima volta ce la metto. Poi erbe fresche dellorto e un po di panna!”
“Be, mangiatela voi!” sbottò la suocera agitando le mani.
“Le farebbe bene alla sua età! Le fibre regolano lintestino. E quando la flora è sana, lo è anche chi la possiede!”
Eleonora arrossì per laudacia ma non replicò.
“E perché costringi Matteo a mangiare questa roba?”
Luciana batté le palpebre, perplessa.
“Mi sembra che gli piaccia.”
“E cosa può fare un uomo se non cè altro?”
“Cucinarsi ciò che preferisce? Ordinare da asporto? Andare da una vicina? O dalla mamma?” enumerò Luciana sorridendo.
Allultima proposta, Eleonora arrossì ancora.
“Non essere sarcastica! Potresti almeno chiedermi cosa gli piace, per educazione.”
“Eleonora, glielho chiesto direttamente. È grande, sa parlare. Dice che gli piace tutto.”
“Ti mente! Non si vede? Allinizio non voleva rattristarti. Ora si costringe!”
“Ah!” fece Luciana con una smorfia. “Il minestrone è pronto, non lo butteremo. Si sforzerà. Anche voi lo farete?”
“Cosa?!” la suocera spalancò gli occhi.
“No? Peccato. Sono sicura che vostro figlio apprezzerebbe la vostra solidarietà.”
“Tu”
“Luciana! Siamo tornati!” risuonò la voce allegra di Matteo nel corridoio.
Un batuffolo bianco entrò correndo in salone, abbaiando.
“Aaaah!” gridò Eleonora, spaventata, nascondendosi dietro Luciana.
“Non si preoccupi, è Lilla. Non morde. È molto educata,” la rassicurò Luciana, alzando una mano. La cagnolina smise di agitarsi e si sedette. “Brava, sei fantastica.”
“Perché fate entrare i cani dei vicini?” sussurrò Eleonora sconvolta.
“Dei vicini? È nostra. E sta in casa perché è domestica. Vive con noi.”
“In casa?! Ma è antigienico! E Matteo non ama i cani!”
“No, mamma, tu non ami i cani. Buongiorno,” disse Matteo entrando. “Sei arrivata in tempo per pranzo.”
“Ciao, figlio mio!” Eleonora rimase ferma, aspettando un bacio sulla guancia, ma Matteo si limitò a un abbraccio veloce, mentre a Luciana diede un bacio sulle labbra.
“Allora, pranziamo?” annusò laria con un sorriso.
“Volentieri, Matteo, ma non cè nulla.”
“Cosa intendi con ‘nulla’?”
“Avete preparato cibo per maiali. E poi, non mi avevi detto che ne avevate. Che puzza devessere, peggio del traffico in città.”
Matteo la fissò perplesso, poi guardò Luciana e infine la tavola.
I muscoli del collo si tesero e il suo sguardo tornò su Eleonora, persa ogni traccia di leggerezza.
“Francamente, avevo dimenticato queste manie,” disse Matteo, amaro.
“Quali manie, figlio mio? Sono i nostri gusti, i nostri principi! Non ti sei mai lamentato!”
“Io? Da bambino, avevo paura della tua ira. Crescendo, non volevo peggiorare le cose.”
“Di cosa stai parlando?!” strillò Eleonora, scatenando altri abbai di Lilla. “Zitta!” minacciò la suocera, agitando un pugno verso la cagna. “Lei ha le sue preferenze,” ringhiò verso Luciana, “ma perchéMatteo chiuse con calma la porta, mentre Eleonora, seduta sul taxi, continuava a fissare il telefono con occhi pieni di rabbia e frustrazione, decisa a trovare un modo per riavere suo figlio.