Tutto iniziò con un messaggio sbagliato… e un cuore disperato.
Erano le due di notte, e la cucina di Giulia Rossi sembrava più triste che mai. Una sola lampadina appesa al soffitto proiettava una luce giallastra sul tavolo screpolato, le stoviglie sporche e le pareti scrostate. Fuori, la città dormiva, indifferente. Ma dentro, Leo il suo bambino di appena quattro mesi piangeva senza consolazione.
Giulia era seduta su una sedia di plastica, sfinita. Aveva passato ore a camminare avanti e indietro con Leo tra le braccia, canticchiando canzoncine che ormai non riusciva più a cantare senza che la voce le si spezzasse. Non piangeva per capriccio. Il suo pianto era fame. Era urgenza.
Le restava solo una poppata di latte artificiale.
Lo sapeva. Laveva contato più e più volte. Quellultimo cucchiaio era tutto ciò che aveva per suo figlio… e venerdì, il giorno della paga, era ancora lontano.
Aveva provato di tutto. Lavorava doppi turni come cameriera in un ristorante che a malapena le permetteva di pagare laffitto. Aveva impegnato la fede nuziale, venduto la televisione, persino raccolto lattine quando poteva. I suoi genitori, in pensione, riuscivano a malapena a tirare avanti. Le sue amiche… chi avrebbe voluto farsi carico di una madre single e al verde?
Giulia sospirò, sconfitta. Prese il suo vecchio cellulare e aprì il conto bancario.
Saldo disponibile: 0,50 euro.
Sentì il petto stringersi. Lo sapeva, ma vederlo nero su bianco faceva male lo stesso.
Scorse la schermata e rivide quel messaggio tra le bozze. Lo aveva scritto giorni prima, dopo aver visto un post su internet che offriva aiuto alle madri in difficoltà. Aveva scritto con la speranza di ricevere una risposta. Ma nessuno aveva risposto. Solo messaggi vuoti, promesse mai mantenute.
Serrò le labbra, ingoiò il nodo in gola e rilesse il testo:
*«Ciao, mi dispiace chiedere, ma ho finito il latte artificiale e non verrò pagata fino alla prossima settimana. Il mio bambino piange e non so cosa fare. Se potessi aiutarmi, te ne sarei eternamente grata. Mi dispiace disturbarti, ma non so a chi altro rivolgermi. Grazie per avermi ascoltato.»*
Quella notte… non le restava più orgoglio.
Con un dito tremante, premette *«invia»*.
E scoppiò in lacrime.
Non si aspettava nulla. Aveva solo bisogno di sfogarsi. Parlare, anche se solo con uno schermo. Non era neanche sicura di aver mandato il messaggio al numero giusto.
Ma poi…
Il cellulare vibrò.
Lampeggiò. Un nuovo messaggio.
*«Ciao, sono Marco De Luca. Mi hai scritto per errore, ma credo che volessi mandare questo a qualcun altro. Però capisco quanto debba essere difficile per te in questo momento. Per favore, non preoccuparti per il latte; mi assicurerò che tu abbia tutto ciò che ti serve.»*
Giulia lo lesse una, due, tre volte.
Marco De Luca?
Quel nome le suonava familiare. Qualcosa… qualcosa in televisione. Un imprenditore? Un politico? Una figura pubblica?
E se fosse una truffa? Aveva sentito di gente che si spacciava per personaggi famosi per ingannare donne vulnerabili. Chiuse gli occhi e si disse: *«Non illuderti, Giulia. Non cascarci.»*
Ma poi…
Un altro messaggio:
*«Posso farti recapitare un pacco domani. Voglio che ti concentri su te stessa e su tuo figlio, Giulia. Non preoccuparti per nulla.»*
E con quelle semplici parole…
La sua anima si spezzò.
Giulia scoppiò di nuovo in lacrime.
Non era una truffa. Non poteva esserlo. Cera qualcosa in quel modo di scrivere, in quella voce tranquilla dallaltra parte del telefono, che non sembrava falsa. Era come se… qualcuno si preoccupasse davvero per lei. Come se qualcuno la vedesse davvero.
E quello essere vista era qualcosa che non provava da anni.
Allimprovviso, il pianto di Leo tornò a riempire il piccolo appartamento.
Giulia corse da lui e lo prese in braccio. Il suo corpicino tremava, le guance erano bagnate. Ma ora, dentro di lei, cera una piccola scintilla. Una scintilla chiamata speranza.
Mentre lo cullava, il cellulare vibrò di nuovo.
*«Potresti darmi il tuo indirizzo? Solo per assicurarmi che il pacco arrivi direttamente domani. Non preoccuparti, non voglio nulla in cambio.»*
Respirò profondamente. Esitò. E se fosse davvero un pazzo? E se fosse un crudele scherzo?
Ma… e se non lo fosse?
Scrisse lindirizzo del suo modesto appartamento e lo inviò.
Un minuto dopo:
*«Fatto. Un pacco grande con latte, pannolini e qualcosaltro arriverà domattina. Se hai bisogno di altro, dimmelo pure. Sono qui per aiutarti.»*
Giulia si portò una mano alla bocca.
Non lo conosceva. Lui non conosceva lei. Ma per la prima volta da mesi, si sentiva meno sola. Come se qualcuno, là fuori, avesse scelto di tenderle la mano.
Grazie sussurrò, anche se nessuno poteva sentirla.
Il giorno dopo, alle 8:05 del mattino, un corriere bussò alla sua porta.
E quello che Giulia trovò in quella scatola non era solo latte e pannolini…
Era linizio di qualcosa di molto, molto più grande.