Vittorio, perdonami,” disse lei con una voce diversa, calma ma stranamente nuova. “Non potevo fare altrimenti.

“Vittorio, perdonami,” disse lei, e la sua voce era diversacalma, ma quasi nuova. “Non potevo fare altrimenti.”

“Ma è impossibile! Hai perso la testa, Ginevra!” Vittorio sbatté un mazzo di chiavi sul tavolo, che tintinnarono contro un vaso di ceramica pieno di biscotti. “Luisa non si sarebbe mai comportata così! Avrebbe sicuramente chiamato!”

“Ma è quello che ti sto dicendo!” Ginevra Rossi si alzò dal divano, e il foulard le scivolò dai capelli grigi. “Ieri sera è uscita per comprare le tue medicine per la pressione, e basta! Sparita nel nulla! Non ho dormito tutta la notte, ho chiamato gli ospedali, ho denunciato la scomparsa alla polizia!”

Vittorio cadde pesantemente nella sua poltrona preferita, passandosi le mani sul viso. La cognata era sempre stata nervosa, ma adesso sembrava davvero malmessaocchi rossi per la notte insonne, le mani che tremavano.

“Ginevra, calmati. Magari è andata da unamica? Ricordi il mese scorso, quando il nipote di Zita si è ammalato e Luisa è rimasta con lei tutta la notte?”

“Ho già chiamato tutti!” singhiozzò Ginevra. “Zita, Nina del piano di sopra, Lara del lavoro Nessuno lha vista! Vittorio, lei non scompare mai senza avvisare!”

Era vero. Luisa, la sorella di Vittorio, viveva una vita ordinata e prevedibile. Alle sette, colazione. Poi il lavoro allambulatorio pediatrico, dove faceva linfermiera da ventanni. La sera, la spesa, la cena, la televisione. Il weekend, pulizie, lavatrici, e a volte un caffè da Ginevra per spettegolare sui vicini.

“E in farmacia hai chiesto?” Vittorio si alzò, avvicinandosi alla finestra. Nel cortile, dei bambini giocavano, e per qualche motivo gli sembrò sbagliato. Come potevano ridere, mentre Luisa era scomparsa?

“Certo che ho chiesto! La farmacista, Carla, dice di averla vista verso le otto di sera. Luisa ha preso le tue pillole e qualcosa per la tosse. Poi” Ginevra allargò le mani, impotente. “Poi nessuno lha più vista.”

Vittorio rimase in silenzio, cercando di ricordare la sera prima. Aveva cenato da solo, perché Luisa aveva detto che sarebbe andata in farmacia. Si era messa il cappotto blu, quello comprato lanno prima in saldo, aveva preso la borsa e le chiavi.

“Torno subito, Vittò,” aveva detto dallingresso. “Guarda che la minestra non attacchi.”

Quelle erano state le sue ultime parole in quellappartamento.

Vittorio aveva aspettato fino alle nove, poi alle dieci. Aveva spento lui la minestra, mangiato la cena fredda, guardato il telegiornale. Verso le dieci e mezza si era preoccupato sul serio, ma si era detto che forse Luisa si era fermata a chiacchierare da qualche conoscente. Raramente, ma capitava.

La mattina dopo, una telefonata di Ginevra lo aveva svegliato.

“Vittorio, Luisa ha dormito da te?” aveva chiesto, agitata.

“Come da me? Vive a casa sua!”

“Ma non è tornata! Il letto è intatto, la borsa con i documenti è al suo posto. Pensavo che forse fosse passata da te tardi e fosse rimasta a dormire”

Fu allora che Vittorio capì che era successo qualcosa di grave.

“Senti, Ginevra e se avesse conosciuto qualcuno?” suggerì, incerto. “Luisa ha solo quarantasette anni, è ancora giovane.”

Ginevra sbuffò:

“Ma per favore! Tua sorella, da quando ha divorziato da Gianni, non sopporta neanche lodore degli uomini. Quante volte le ho dettovai a ballare al circolo, trova qualcuno di perbene. Ma lei sempre la stessa scusa: lavoro, stanchezza, non ho tempo.”

“Ma la gente non sparisce così, senza motivo!” Vittorio sentì lansia salirgli al petto. “Qualcosa deve essere successo.”

“Appunto!” Ginevra gli afferrò la manica. “E se lhanno aggredita? Se le hanno rubato la borsa? Ti ricordi il mese scorso, quando hanno scippato Maria del terzo piano?”

“Allora lavrebbero portata in ospedale o in questura. Hai detto di aver chiamato ovunque.”

“Ho chiamato, sì! E sai cosa mi hanno detto? Che un adulto ha il diritto di andarsene dove vuole! Che possiamo denunciare una scomparsa solo dopo tre giorni! Tre giorni, Vittorio! E se invece”

Ginevra non finì la frase, ma Vittorio capì. Entrambi stavano pensando al peggio.

Bussarono alla porta. Ginevra corse ad aprire, un lampo di speranza sul viso.

“Luisa?” gridò, tirando la serratura.

Sulla soglia cera la vicina del primo piano, zia Clara, con una borsa della spesa in mano.

“Ginevra, che succede? Ieri notte ti ho sentita piangere e ora le voci”

“Luisa è scomparsa,” rispose secca Ginevra. “Ieri sera è uscita e non è più tornata.”

Zia Clara trasalì, posò la borsa a terra.

“Santo cielo! Io lho vista ieri! Verso le sette e mezza, scendevo le scale e lei saliva. Abbiamo fatto due chiacchiere, mi ha detto che andava in farmacia.”

“E basta? Nientaltro?”

“No, niente di strano. Solo” zia Clara aggrottò la fronte, cercando di ricordare. “Solo che sembrava diversa. Non triste, non felice, ma come come se avesse preso una decisione importante. Capisci? Quellaria che hanno le persone quando hanno deciso qualcosa di grosso.”

Vittorio e Ginevra si scambiarono unocchiata. Cosa poteva aver deciso Luisa? Non era mai stata impulsiva, ponderava ogni scelta.

“Forse problemi al lavoro?” suggerì zia Clara. “Ho sentito che allambulatorio potrebbero licenziare qualcuno.”

“No,” scosse la testa Ginevra. “Luisa lavora lì da ventanni, sarebbe lultima a essere licenziata. Anzi, proprio laltro giorno mi diceva che hanno assunto una nuova infermiera, una ragazza giovane, e che lei la stava formando.”

Vittorio ricordò che la sorella aveva parlato di quella ragazzaLaura, appena uscita dalla scuola per infermieri.

“È intelligente,” aveva detto Luisa, “ma vuole tutto e subitocarriera, matrimonio, figli. Io le dico di rallentare, che la vita è lunga.”

Ora quelle parole suonavano amare.

Zia Clara se ne andò, promettendo di chiedere in giro. Vittorio e Ginevra rimasero soli.

“Andiamo a casa sua,” propose lui. “Potremmo trovare qualche indizio, numeri di telefono”

“Ho già rivoltato tutto!” Ginevra alzò le mani. “Niente appunti, niente di strano. Tutto al suo posto, come sempre.”

Ma Vittorio insistette. Lappartamento di Luisa era nel palazzo accanto, al quarto piano. Ginevra aprì con le sue chiavisi scambiavano i doppioni da anni.

La casa era silenziosa, ordinata. Nellingresso, le scarpe allineate. Sul divano, una coperta piegata. Sul davanzale, le violette che Luisa curava con amore.

“Vedi?” Ginevra indicò la scrivania. “Te lho detto. Tutto

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Vittorio, perdonami,” disse lei con una voce diversa, calma ma stranamente nuova. “Non potevo fare altrimenti.