**Diario di Luca**
Allinizio, pensavo che la mamma fosse solo ingrassata. In modo strano, però. La sua vita si era arrotondata, ma il resto era uguale a prima. Chiederle mi sembrava imbarazzante, e forse si sarebbe offesa. Papà taceva, guardandola con tenerezza, e io feci finta di non notare nulla.
Ma presto la pancia diventò evidente. Una volta, passando davanti alla loro camera, vidi il papà accarezzarle la pancia e sussurrarle qualcosa di dolce. Lei sorridea, soddisfatta. Mi sentii a disagio e scappai via.
«La mamma aspetta un bambino», realizzai allimprovviso. Non tanto sorpreso, quanto scioccato. La mamma era bella, più giovane di molte mamme dei miei compagni, ma una gravidanza alla sua età mi turbava. Pensare che i miei genitori facessero certe cose mi sembrava assurdo.
“Papà, la mamma aspetta un bambino?” chiesi un giorno. Con lui era più facile parlarne.
“Sì. Sogna una femminuccia. Forse è stupido chiedertelo, ma preferiresti un fratellino o una sorellina?”
“Si può avere figli a quelletà?”
“Che vuoi dire? La mamma ha solo trentasei anni, io quarantuno. Non sei contento?”
“Avete chiesto il mio parere?” ribattei sgarbato.
Lui mi fissò serio. “Spero che tu sia abbastanza grande per capirci. Tua madre ha sempre voluto una bambina. Quando sei nato, vivevamo in affitto. Io lavoravo, i soldi bastavano a malapena. Poi è morta la nonna, ci ha lasciato il suo appartamento”
“La ricordi?”
Alzai le spalle.
“Con il tempo, tua madre ha ricominciato a lavorare, le cose sono migliorate. Abbiamo rimandato, dicendo che cera tempo. Poi non è più successo e ora, quando non ci speravamo più”
“Spero che sarà una femmina, come vuole la mamma. Ma cerca di non stressarla, daccordo? Se hai dubbi, parlane con me.”
“Va bene, papà.”
Scoprimmo che sarebbe stata davvero una bambina. In casa iniziarono ad apparire vestitini rosa, minuscoli, da bambola. Una culla. La mamma spesso sembrava assente, come se ascoltasse qualcosa dentro di sé. Io? A me non importava nulla. Avevo altri pensieri: soprattutto Giulia Martini.
“È pericoloso? Partorire alla sua età?” chiesi una volta.
“Il rischio cè sempre. Certo, per lei è più faticoso ora che tredici anni fa. Ma viviamo a Milano, non nella savana. Cè lospedale, i dottori Andrà tutto bene.”
“Quando nascerà?”
“Tra due mesi.”
Ma la mamma partorì un mese prima. Mi svegliai nel cuore della notte per i rumori: gemiti, passi affrettati. Corsi da loro. La mamma sedeva sul letto, piegata in avanti, mentre papà correva su e giù, preparando una borsa.
“Dimentica i documenti!” gridò lei.
“La ambulanza dovè?” ansimò papà.
Quando arrivarono, nessuno mi degnò di uno sguardo. Tornai vestito giusto in tempo per vederli uscire. La mama, in vestaglia.
“Pulisci un po qui” disse papà prima di andarsene.
Quando tornò, stavo preparandomi per la scuola.
“È nata?”
“Non ancora. Non mi hanno fatto entrare.”
A scuola, arrivai in ritardo.
“Rossi, finalmente!” disse il prof di matematica.
“La mamma è andata in ospedale.”
“Ah, sta per partorire!” urlò un compagno, provocando risate.
Papà chiamò durante lultima ora.
“Posso uscire?” chiesi alla prof ditaliano.
“Seriamente? Mancano venti minuti.”
“Ma sua madre è in ospedale!” intervenne un altro.
“Va, allora.”
“Allora, papà?”
“Una femmina! Tre chili e cento grammi!”
Tornando in classe, annunciai: “Tutto bene, è una femmina.”
“Rossi diventerà una babysitter!” rise qualcuno.
Giulia mi raggiunse alluscita, camminando al mio fianco.
“Quanti anni ha tua madre?”
“Trentasei.”
“Che bello, una sorellina. Io sono figlia unica”
Per la prima volta, sentii che forse ero felice anchio.
Tre giorni dopo, portammo la mamma a casa.
“Che bellezza!” disse papà, fissando la piccola.
A me sembrava solo una prugna rugosa: faccia rossa, bocca a cuoricino. Poi, la neonata urlò, diventando ancora più scarlatta