Luomo tornò a casa e, senza nemmeno togliersi le scarpe o la giacca, annunciò: “Dobbiamo parlare seriamente.”
Luomo tornò a casa e, senza nemmeno levarsi il cappotto, disse:
“Silvia! Dobbiamo parlare seriamente…”
E subito, in un solo respiro, spalancò quei suoi occhi già grandi, senza un attimo di esitazione:
“Mi sono innamorato!”
“Ecco, pensò Silvia, la crisi di mezza età è arrivata anche da noi. Benvenuto…” Si limitò a guardarlo con unocchiata premurosa, cosa che non faceva da anni (cinque o sei, forse addirittura otto?).
Si dice che prima di morire la vita ti scorra davanti agli occhi, ma per Silvia fu la vita con suo marito a sfilare davanti a lei. Si erano conosciuti in modo banale su internet. Lei si era tolta tre anni, il futuro marito ne aveva aggiunti tre alla sua statura, e così, in modo non troppo complicato, sebbene con fatica, erano riusciti a soddisfare i criteri di ricerca reciproci e… a trovarsi.
Silvia non ricordava più chi avesse scritto per primo, ma sapeva che il messaggio del futuro marito era privo di volgarità, con una lieve autoironia che le era piaciuta molto. A trentatré anni, valutando le sue possibilità nel “mercato degli uomini”, Silvia aveva capito lucidamente la sua posizione e si era convinta che, se non proprio in fondo alla fila, ci fosse quasi, e così decise di non esagerare al primo appuntamento: si vestì con semplicità, indossò occhiali rosa e un intimo alla moda, e nella borsa mise dei biscotti fatti in casa e un libro di Italo Calvino.
Il loro primo incontro andò sorprendentemente bene (ecco cosa significa vestirsi adeguatamente!), e la loro storia damore procedette con entusiasmo e velocità.
Stavano bene insieme, e così, dopo sei mesi di incontri regolari e le continue pressioni dei genitori, che avevano perso la speranza di vedere un nipote in vita loro, il futuro marito si fece coraggio e le chiese di sposarlo. Presentarono presto le rispettive famiglie, la giovane coppia voleva un matrimonio intimo, idea accolta senza esitazione e allunanimità, e, temendo che qualcuno potesse ancora fare obiezioni, scelsero il primo giorno libero possibile per sposarsi.
Vivevano, a Silvia sembrava, bene. In famiglia regnava un clima tropicale con lievi variazioni stagionali, senza scoppi di passione, ma sereno e rispettoso e non era questa la felicità?
Lui, tipico rappresentante del sesso maschile, semplice e coerente, si liberò del suo ingombrante costume da “romantico fallito con il cuore doro” dopo poche settimane dal matrimonio e tornò a essere ciò che era un uomo normale, laborioso e premuroso, in una comoda tuta da casa.
E Silvia, come rappresentante del sesso femminile, si sfilò piano piano il corsetto dellimmagine di “padrona di casa-intellettuale-sexy e invisibile”, ma una gravidanza inaspettata accelerò il processo, e così, dopo un anno, anche lei, con piacere, abbandonò la sua immagine, sospirò libera e si avvolse in un comodo accappatoio.
Il fatto che, nonostante labbandono reciproco delle proprie imm