La suocera sussurrava dietro le spalle.
“Ma che stai dicendo, Marina Fiorella?!” La voce di Ludovica Bianchi tremava dindignazione. “Come puoi spargere certe voci su mia nuora?”
“E cosa ho detto?” fece finta di stupirsi la vicina, aggiustandosi gli occhiali. “Non ho detto nulla di male, ho solo fatto notare che la tua Antonella è un po strana ultimamente. Forse è molto stanca, o forse…”
“Forse cosa?” Ludovica si avvicinò alla staccionata. “Parla chiaro!”
“Non so… abbassa la voce, ma in modo che si sentisse anche nellaltra corte. “E se fosse… incinta? E lo nascondesse? Fa strano, sono tre anni che è sposata e ancora niente bambini…”
Antonella si bloccò dietro il cancelletto, stringendo il sacchetto del pane. Tornava dal supermercato e aveva sentito per caso quella conversazione, ma ora non riusciva a muoversi. Il cuore le batteva così forte che le sembrava lo sentissero tutti.
“Marina, ma che sciocchezze dici!” la suocera scosse la mano. “Sono giovani, hanno la carriera da costruire. Antonella lavora in banca, ha un ruolo importante. Non è il momento per i bambini.”
“Sì, la carriera…” fece la vicina con tono sospettoso. “Ma io la vedo uscire la mattina. Pallida, con le occhiaie. E va al supermercato più spesso di prima. Ieri lho vista davanti alla farmacia, fissava qualcosa in vetrina a lungo…”
Antonella sentì un brivido lungo la schiena. Era vero, era stata alla farmacia a guardare i test di gravidanza, ma non aveva avuto il coraggio di comprarne uno. La paura la paralizzava da due settimanepaura dellignoto, di parlarne con suo marito, che la vita potesse cambiare per sempre.
“Basta inventare storie!” sbottò Ludovica. “Antonella è una brava ragazza, lavoratrice. Se ci fosse qualcosa, me lo direbbe. Abbiamo un buon rapporto.”
“Un buon rapporto…” ripeté Marina con tono ambiguo. “Ma sai che chiama sua madre ogni sera? Parlano a lungo, ma non appena arriva Davide, riattacca subito?”
Antonella chiuse gli occhi. Sì, chiamava sua madre ogni giorno, soprattutto ultimamente. Ma non per nascondere qualcosa alla suocerasemplicemente perché sua madre la capiva meglio. Con lei poteva parlare del lavoro, delle paure, del bisogno di stare a volte un po sola.
“E cosa cè di male?” replicò Ludovica. “Ama parlare con sua madre, è normale.”
“Certo, normale…” concordò la vicina, ma la voce era piena di malizia. “Ma Teresa mi ha detto di averla vista alla fermata dellautobus mentre tornava dal lavoro. Piangeva, pare. Si asciugava gli occhi con un fazzoletto.”
Antonella ricordò quel giorno. Sì, aveva pianto sullautobus, ma non per problemi in famiglia. Era stato un giorno pesante al lavoroavevano licenziato una sua collega, unamica di anni. E il capo aveva accennato a ulteriori tagli. La paura di perdere il posto, soprattutto ora che lei e Davide stavano risparmiando per una casa, la opprimeva sempre di più.
“Senti, Marina,” la voce di Ludovica si fece dura. “Dove vuoi arrivare? Parla chiaro.”
“Nulla di particolare,” rispose in fretta la vicina. “Mi sembra solo che abbia dei problemi. Forse al lavoro? O…” abbassò ancora la voce, “con Davide non va tutto bene?”
“Con mio figlio va tutto benissimo!” esplose Ludovica. “Si amano, è evidente!”
“Evidente, evidente…” borbottò Marina. “Ma hai notato che Davide torna più tardi ultimamente? E si veste più elegante… ha comprato una camicia nuova, si mette il profumo…”
Antonella serrò i pugni. Davide sì, faceva più tardi, ma cera un grosso progetto in ufficio, e lui le raccontava tutto. La camicia glielaveva regalata lei per il compleanno. E il profumo lo aveva scelto leivoleva solo fargli un piacere.
“Marina,” disse Ludovica con calma, ma ferma. “Ti chiedo di non spargere più voci sulla mia famiglia. Se hai fatti concreti, parlane. Altrimenti, tieni per te le tue fantasie.”
“Ma che modi sono!” si offese la vicina. “Mi preoccupo per quella ragazza! Si vede che qualcosa non va. Forse ha bisogno di aiuto?”
“Se ne avrà bisogno, lo chiederà,” tagliò corto la suocera. “I tuoi pettegolezzi non servono a nessuno.”
Antonella sentì il cancelletto cigolareLudovica rientrava in casa. Marina rimase ancora un po a borbottare, poi sparì.
La ragazza entrò in cortile solo dopo qualche minuto, sicura che nessuno la vedesse. Le mani le tremavano mentre apriva la porta. Nellingresso la attendeva Ludovicaalta, severa, con i capelli grigi raccolti in una crocchia.
“Antonella, dove sei stata?” chiese, fissandola. “Sei pallida.”
“Ero al supermercato,” mostrò il pane. “Ludovica, posso parlare con voi?”
“Certo, vieni in cucina. Vuoi un tè?”
Si sedettero al tavolo. Antonella girò la tazza tra le mani, incerta da dove cominciare. La suocera aspettò paziente.
“Ludovica, ho sentito per caso… la conversazione con Marina…”
“Ah, capisco,” annuì la suocera. “E cosa hai sentito?”
“Parlava di me. Diceva che mi comporto in modo strano, che forse sono incinta, o che io e Davide abbiamo problemi…”
Ludovica posò la tazza e la guardò negli occhi.
“E cè del vero in queste chiacchiere?”
Antonella alzò lo sguardo.
“Se fossi incinta, ve lo direi. Davvero. Non sono il tipo che nasconde certe cose.”
“E problemi con Davide?”
“Nessun problema. Ci amiamo come sempre. Solo…” esitò. “Al lavoro è difficile. Hanno iniziato i licenziamenti, e ho paura di perdere il posto. E noi stiamo risparmiando per la casa, se rimango senza lavoro…”
“Perché non me lhai detto prima?” chiese dolcemente Ludovica.
“Non volevo preoccuparvi. Pensavo di risolvere da sola.”
La suocera si alzò, le mise una mano sulla spalla.
“Piccola, siamo una famiglia. Se hai problemi, sono problemi di tutti. Davide lo sa?”
“Lo sa. Mi sostiene, dice che troveremo una soluzione. Ma vedo che è preoccupato. Anche lui è sotto pressione col progetto.”
“Vedi? E Marina ha già trovato il modo di insinuare,” sbuffò Ludovica. “Lei trasforma una mosca in un elefante.”
“Ludovica, ma parla così di tutti?”
“Purtroppo, sì. Si intromette sempre. Di solito la ignoro, ma oggi mi ha toccato, perché parlava di te.”
Antonella sentì gli occhi umidi.
“Mi ha fatto così male sentire quelle cose… come se avessi fatto chissà cosa…”
“Antonella,” disse la suocera con dolcezza. “Non hai fatto nulla di male. Sei una brava moglie per mio figlio e una brava nuora per me. I pettegoli… troveranno sempre qualcosa da criticare. Non dar loro peso.”
“Ma forse non è solo lei a pensarlo…”
“E che ci importa?” ribatté Ludovica. “Non viviamo per i vicini. Sentimi, forse dovremmo parlarne con Davide. Deve sapere cosa si dice.”
“No,