A malincuore, parto con mio figlio per far visita a mia madre.

Con riluttanza, partii con mio figlio per andare a trovare mia madre. Il cuore mi si stringeva allidea di lasciare la nostra casa, eppure preparai le valigie e mi avviai con mio figlio, Tommaso, verso labitazione di mia madre, Elisabetta Rossi. Tutto perché il giorno prima, mentre passeggiavo con Tommaso, mio marito, Marco, aveva deciso di essere ospitalissimo ospitando sua cugina Giulia, suo marito Andrea, e i loro due bambini, Sofia e Matteo, nella nostra camera. Senza neanche chiedermi il permesso! Si era limitato a dire: Tu e Tommaso potete stare da tua madre, cè spazio. Ero ancora sconvolta da tanta sfrontatezza. Era casa nostra, la nostra camera, e toccava a me fare le valigie per lasciare il posto a degli estranei? No, questa volta era troppo.

Tutto cominciò al mio ritorno dalla passeggiata con Tommaso. Stanco, si lamentava, e io sognavo di metterlo a dormire per godermi un tè in pace. Ma appena varcai la porta, il caos regnava. Giulia e Andrea si erano già sistemati nella nostra stanza. I loro bambini correvano ovunque, spargendo giocattoli, mentre le mie cosei miei libri, i miei cosmetici, persino il computererano accatastate in un angolo come se non contassi più. Rimasi immobile, senza parole: Ma che sta succedendo? Marco, impassibile, rispose: Giulia e la sua famiglia avevano bisogno di un posto. Ho pensato che potevate andare da tua madre. Lì starete meglio.

Mi mancò il respiro dalla rabbia. Prima di tutto, era casa nostra! Lavevamo comprata insieme, scegliendo ogni mobile con cura. E ora dovevo sparire perché i suoi parenti volevano godersi Roma? E poi, perché non me laveva chiesto? Forse avrei accettato, ma dopo averne parlato. Invece, era stato un ordine. Giulia, dal canto suo, non si era neanche scusata. Si era limitata a sorridere: Su, Lucia, non ti preoccupare, resteremo solo due settimane! Due settimane? Non volevo che toccassero le mie cose neanche per un giorno!

Andrea, invece, stava zitto come un pesce. Spaparanzato sul nostro divano, sorseggiava il caffè nella mia tazza preferita, annuendo alle parole di Giulia. I loro figli? Un disastro. Sofia, di sei anni, aveva rovesciato il succo sul nostro tappeto, mentre Matteo, di quattro, aveva trasformato larmadio in un nascondiglio. Provai a far notare che non era un albergo, ma Giulia alzò le spalle: Sono bambini, cosa vuoi? Certo. E toccava a me rimettere a posto.

Cercai di parlare con Marco da sola. Gli dissi quanto il suo mancato rispetto mi ferisse, spiegai che Tommaso aveva bisogno di stabilità. Portarlo da mia madre, dove avrebbe dormito su un lettino, non era una soluzione. Marco sospirò: Lucia, non esagerare. Sono famiglia, dobbiamo aiutarli. Famiglia? E noi, allora? Stavo per scoppiare in lacrime. Ma strinsi i denti e preparai le valigie. Se credeva che mi sarei sottomessa, si sbagliava.

Mia madre, Elisabetta, andò su tutte le furie quando seppe la notizia: Marco si crede il padrone di casa? Vieni qui, tesoro, cè posto per te e Tommaso. Quanto a tuo marito, avrà da renderne conto! Era pronta a venire a cacciare via quegli intrusi. Ma io rifiutai lo scandalo. Volevo solo un po di tranquillità per riflettere.

Mentre mettevo via i giocattoli di Tommaso, lui mi guardò con i suoi occhioni: Mamma, restiamo tanto dalla nonna? Lo strinsi a me: Non tanto, cucciolo. Solo finché papà capirà. Ma in fondo al cuore, sapevo: sarei tornata solo quando casa nostra fosse tornata nostra. E Marco avrebbe dovuto scegliere: la sua ospitalità o la sua famiglia.

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